Officium Florentinum – Duomo di Firenze
Nel silenzio vespertino il tintinnio di un campanello e dall’oscurità delle navate la musica ci avvolge, correndo dalla terra per le volte fino al cielo della Cupola. E’ così che prende l’avvio Officium Florentinum, il concerto del sassofonista Gavino Murgia e dell’ensemble Cantar lontano diretto da Marco Mencoboni, insolito accostamento nella cornice suggestiva del Duomo di Firenze. L’iniziativa vuole essere un omaggio a Ian Garbarek e all’Hiliard Ensemble che con il progetto Officium del 1994 posero in dialogo, in una modalità pioneristica, la musica antica e il jazz, e che proprio nella Cattedrale fiorentina si esibirono, dieci anni or sono, in una memorabile serata di O flos colende. Questa rassegna, promossa dall’Opera di Santa Maria del Fiore, giunge quest’anno alla sua XXVI edizione e, con la direzione artistica del maestro Gabriele Giacomelli, continua a riproporre e a valorizzare quel peculiare repertorio di musica sacra legato alla storia del Duomo e del Battistero. Attraverso l’esecuzione sia di noti capolavori che di partiture recuperate dagli archivi, si realizza così un affascinate viaggio alla riscoperta delle radici estetiche e spirituali della cultura fiorentina, complesso di valori che pertengono alla sfera del bello e del vero e quindi patrimonio di tutti e di ciascuno, credente o non credente, e indipendentemente dalla fede professata.
Murgia ed i musici di Cantar lontano, ispirandosi appunto al lavoro di Garbarek, riprendono la forma dell’ufficio liturgico e concepiscono in chiave contemporanea un percorso unitario nella polifonia rinascimentale, dove i brani sono raccordati tra loro dalle improvvisazioni del sassofono. Un itinerario dunque tra antico e moderno che conduce ad immergersi progressivamente nell’incanto dell’arte e nella fascinazione del sacro.
In apertura vengono proposti la sequenza “Nuper almos rosae flores” ed il mottetto “Nuper rosarum flores”, composti appositamente da Guillaume Dufay per la consacrazione della Cattedrale avvenuta il 25 marzo 1436, nel giorno della festa dell’Annunciazione e dell’ inizio del calendario fiorentino. All’interno del transetto i movimenti degli interpreti, ora minimi ora processionali, sono accuratamente studiati per potenziare gli effetti di eco, così come mirata è stata la scelta dei pezzi, che, pur nella ricchezza del contrappunto, presentano certe linearità che si confanno particolarmente all’acustica della Cattedrale. Netto ed efficace è il contrasto delle voci vellutate con il sax soprano, di recente fabbricazione, ma che presenta comunque un suono arcaico e plasmato da Murgia in forme dolci e arrotondate. Il musicista sardo si cimenta inoltre anche nel canto gutturale, tipico della tradizione popolare, conferendo a taluni momenti vibrazioni profonde e primordiali. Assai ben amalgamato il gruppo dei cantori, con un’articolazione nitida ed un’emissione morbida, con linee che si sovrappongono con chiarezza e precisione.
Il programma prosegue con “Parce mihi Domini” di Cristobal De Morales con pause che intensificano l’elemento drammatico e la contrita dolcezza del lamento. Riccardo Pisani, con voce calda e solenne, intona il “De profundis”, ancora di De Morales, mentre nel “O salutaris Hostia” di Pierre de La Rue l’Amen rimane sospeso e viene elegantemente ripreso dal sassofono per un virtuosistico passaggio di improvvisazione. Ieratico e trasparente il “Beata viscera” di Perotin scandito dal controtenore Alessandro Carmignani, con una vocalità omogenea ed un legato continuo. Espressivi e melodici Alberto Allegrezza e Gabriele Lombardi, mentre risulta di grande rigore e sostegno la guida di Marco Mencoboni. Dopo il dolentissimo “Quis dabit pacem populo timenti” di Heinrich Isaac, viene proposto un altro brano di Dufay l”Ave maris stella” dove lo strumento diviene una quinta voce, con l’aggiunta del canto gutturale e magnifici contrasti. Tocca infine a Marco da Gagliano con il suo “Benedictus Deus Israel” e, sicut erat in principio, ci viene riproposto il “Parce mihi Domine” con un effetto di suggestiva circolarità. Di grande intensità in questa esecuzione conclusiva l’accento sul “Peccavi”, quasi un palpito sussurrato che unisce il dramma dell’errore alla tenerezza della misericordia.
O flos colende ci ha dunque regalato un’occasione rara e preziosa, dove l’armonia ha infine prevalso sulla diversità dei colori e dei toni e la ricerca di perfezione diviene offerta e preghiera, un’incursione nel mistero, che ci ha sedotto e colmato di stupore.
OFFICIUM FLORENTINUM
Gavino Murgia sax soprano
Cantar Lontano Ensemble
Alessandro Carmignani controtenore
Alberto Allegrezza tenore
Riccardo Pisani tenore
Gabriele Lombardi basso
Marco Mencoboni direttore
Foto: Francesco Agostini, Tiziana Pala