Don Giovanni – Teatro del Maggio, Firenze
“L’Ouverture di Don Giovanni è piena di vigore come l’idea di Dio, fremente nel suo piacere, urlante nei desideri, lentamente serena nella sua dignità imponente”: così scriveva Søren Kierkergaard nel saggio dedicato al capolavoro mozartiano e la citazione è una di quelle, appassionate e penetranti, proiettate in apertura del Don Giovanni che ha inaugurato il cartellone lirico dell’85° Maggio Musicale Fiorentino. Prende quindi l’avvio un festival profondamente segnato dal recente commissariamento e dai tagli di bilancio, con una drastica riduzione del programma. Tant’è che per quest’opera era stato inizialmente previsto un nuovo allestimento, a cui però si è dovuto rinunciare, optando per la produzione realizzata nel 2017 da Giorgio Ferrara in occasione della 60° edizione del Festival di Spoleto. La regia, ripresa da Stefania Grazioli, si dimostra nel complesso assai fedele al libretto e alla partitura e ci introduce in questo mito dell’età moderna senza sovrastrutture o aggiunte fuorvianti, pur collocando l’intera vicenda in un contesto sepolcrale. I vari quadri disegnati da Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo si richiamano esplicitamente al cimitero monumentale di Staglieno a Genova e realizzano una cornice funerea marmorea e solenne, di gusto neoclassico ma che sa intercettare le atmosfere preromantiche dell’opera. Le scenografie riescono tuttavia poco accattivanti e hanno un che di polveroso, come del resto i costumi di Maurizio Galante, di fattura tradizionale ed elegante, preziosi se osservati da vicino ma che sul palco risaltano assai poco (inutilmente ridicolo Don Ottavio vestito da principe azzurro con parrucca). Da parte loro, le luci di Fiammetta Baldiserri, pur essendo ovviamente per lo più bluastre e notturne, ma con sprazzi giallo bruniti e contrasti decisi, conferiscono alla scena un certo movimento.
I personaggi ci vengono presentati come morti che si ridestano per raccontare la loro storia, ombre velate che passano dalla morte alla vita, seguendo la successione delle sezioni dell’ouverture, e dalla vita alla morte, ciclicamente, in una sorta di eterno ritorno oltremondano. L’operazione è suggestiva ed è ispirata alla visione del filosofo danese di una grande danza macabra con un Don Giovanni che è in fondo triste e insoddisfatto, prigioniero della sua coazione a ripetere e ad accumulare conquiste. Il filosofo tuttavia insiste molto sull’elemento vitalistico e sulla celebrazione di un’energia pura ed inarrestabile; tensione che manca in generale a questa regia, se non fosse per l’esuberanza di Luca Micheletti e Markus Werba, che, in perfetta sintonia, tratteggiano brillantemente la coppia di padrone e servitore. Thanatos dunque prevale su Eros e la dimensione di morte non viene adeguatamente controbilanciata da una pur effimera pulsione creatrice.
“Ascoltate come si butta nella ricchezza della vita, come si schiaccia contro il suo muro inamovibile” “Ascoltate la sua fuga sperduta. Nel suo precipitarsi, sorpassa se stesso, sempre più veloce, sempre irresistibile” Con buona pace di Kierkergaard, anche nella musica di quest’edizione non abbiamo riscontrato quello slancio vitale e quella componente entusiastica a cui accennano le citazioni. La direzione di Zubin Metha è infatti di grande equilibrio e compostezza, ma è priva di una netta e marcata intenzionalità espressiva, con scarsi accenti e senza particolari sottolineature, assai lontana quindi dalle magnifiche e recentissime esecuzioni di Mahler e di Carmen. I tempi sono moderatamente sostenuti, pur con alcuni rallentamenti che infiacchiscono la narrazione; il suono dell’’orchestra è sempre morbido e definito, ben amalgamato tra gli archi ed i legni, mentre gli interventi del coro diretto da Lorenzo Fratini portano luce e calore. Gli accordi iniziali riescono poco incisivi ed eccessivamente prolungati, seguiti da intensi tremolii degli archi ma da un secondo tema non troppo energico. Più saldo l’accompagnamento delle arie, con qualche scollamento sulla prima di Don Ottavio e un sostegno troppo debole a “Mi tradì quell’alma ingrata”. Costruito con preziose sonorità il terzetto delle maschere e delineata con rigore la complessa architettura del sovrapporsi delle danze durante la festa. Di maggiore vigore il finale intermedio d’atto e il quadro della cena, quest’ultimo con masse più turgide e scolpite, anche se il momento manca di tragica solennità e di vertigine metafisica.
Luca Micheletti è un Don Giovanni camaleontico che trabocca di vitalità. L’emissione è costante e sicura e il fraseggio alquanto articolato, ricchissimo di accenti e variazioni d’intensità. La spavalderia del personaggio si vena talora di turbamento, non soltanto nella scena della dannazione ma anche nell’uccisione del Commendatore, e l’umana fragilità intacca così anche colui che vorrebbe porsi al di sopra del bene e del male. E’ morbido e seducente nel duetto con Zerlina e di travolgente energia nell’aria e negli scambi della festa. Imita con grande maestria lo stile di Leporello durante il travestimento ed è fortemente incisivo in “Metà di voi qua vadano”. Davvero splendido nella serenata per tecnica ed espressività, con fiati lunghissimi ed una linea flessuosa. Anima infine con febbrile drammaticità il quadro della cena, sbalzando con forza le battute conclusive.
Perfetto alter ego del protagonista è Markus Werba al suo debutto come Leporello. Soltanto l’attacco risulta un po’ a scatti mentre poi il canto è sempre assai legato e rotondo. L’aria del catalogo è resa in una forma smagliante, con pienezza vocale ed ottimo controllo. In ogni dialogo è ordinato e trasparente, dinamico e solare al ballo e nei panni del padrone, duttile e inquieto al cimitero e all’arrivo del Commendatore.
Al suo debutto fiorentino Anastasia Bartoli nel ruolo di Donna Elvira. Voce potente ed omogenea, di notevole agilità, interpreta “A chi mi dice mai” dando soprattutto risalto alla donna abbandonata che sospira d’amore piuttosto che alla furia che cerca vendetta. Esprime maggiore irruenza nei recitativi che seguono ed è dolce e dolente nel terzetto all’inizio del secondo atto. In “Mi tradì quell’alma ingrata” ha una dizione maggiormente scandita ed uno stile più appassionato, per essere poi assai convincente come innamorata tradita ma capace di perdono.
Nobile e sofferente la Donna Anna di Jessica Pratt, che sa coniugare virtuosismo e drammaticità. Struggente fin da “Il padre mio dov’è”, dà forma ad un momento di fiera passionalità in “Or sai che l’onore”, pur con qualche vocalizzo poco aggraziato, e raffigura con dolcezza il tormento del personaggio nel rondò “Non mi dir bell’idol mio”.
Ruzil Gatin delinea un Don Ottavio il cui spessore, nonostante il costume, emerge con il progredire dell’opera. Pur con qualche diseguaglianza, riesce alquanto espressivo nei recitativi ed interpreta con correttezza “Della sua pace”. Il meglio di sé ce lo offre però nell’ardua “Il mio tesoro intanto”, esibendo per intero una vocalità ampia e modulata.
Raffinata la Zerlina di Benedetta Torre, con ogni intervento di cristallina bellezza. Incantevole nel duetto con Don Giovanni e piena di erotismo nelle due arie con Masetto. Il personaggio tuttavia manca un po’ di spontaneità e l’interpretazione non eguaglia per grazia e naturalezza la Susanna dello scorso anno e la recente finta semplice.
Eduardo Martinez è un Masetto fresco e irruento, con un fraseggio scolpito e una dinamica brillante. Stizzita e molto vivace la sua aria “Ho capito signorsì!”.
Di notevole forza il Commendatore di Adriano Gramigni, ieratico e solido, con voce robusta e gesto elegante.
Colpisce la parsimonia degli applausi a scena aperta, soprattutto in rapporto alla celebrità dei singoli numeri. Forse lo spettacolo, per quanto apprezzato, non ha pienamente coinvolto. Alla fine comunque ovazioni per tutti, tripudio per Micheletti, Werba e Metha.
DON GIOVANNI
Dramma giocoso in due atti K. 527 di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Maestro concertatore e direttore Zubin Mehta
Regia Giorgio Ferrara
Ripresa da Stefania Grazioli
Scene Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
Costumi Maurizio Galante
Luci Fiammetta Baldiserri
Don Giovanni, giovane cavaliere estremamente licenzioso Luca Micheletti
Il Commendatore Adriano Gramigni
Donna Anna, sua figlia Jessica Pratt
Don Ottavio Ruzil Gatin
Donna Elvira, dama di Burgos, abbandonata da Don Giovanni Anastasia Bartoli
Leporello, servo di Don Giovanni Markus Werba
Masetto Eduardo Martinez
Zerlina, contadina Benedetta Torre
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Foto: © Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino