Il barbiere di Siviglia – Grand Théâtre, Monte-Carlo
Arriva all’Opéra di Monte-Carlo Il barbiere di Siviglia firmato Villazón e già visto in occasione del Festival di Pentecoste di Salisburgo nel 2022.
François Truffauf sosteneva che “Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell’infanzia”. Cosa accade allora quando il mondo del cinema incontra quello dell’opera in una sorta di gigantesca e divertente esplosione di generi? Probabilmente un grande gioco come quello che ha provato a fare Rolando Villazón regista di questo Barbiere di Siviglia.
La scena (a cura di Harald B. Thor) si apre in un set cinematografico, qui un tuttofare (il bravissimo Arturo Brachetti) fantastica sulla diva del momento: l’attrice di film in bianco e nero alias Cecilia Bartoli. Sulle note dell’ ouverture si assiste alla proiezione di spezzoni dei suoi ultimi film: uno a tema pirati, uno con una suora come protagonista, poi Cleopatra, Giovanna d’Arco e, addirittura, un film di impronta verista. Insomma, lo avrete capito, la grande ironia ed il sorriso sono il fulcro di questo Barbiere. Un continuo gioco, dove pezzi di film passano dallo schermo alla realtà e viceversa e dove la protagonista assoluta, con tutta la sua ironia e voglia di sorridere, resta Cecilia Bartoli. La regia sa essere sempre curatissima e attenta in ogni minimo passaggio, e non è così scontato dato che in scena accade veramente tanto. Bella la trovata di rinchiudere Rosina in una grande gabbia per uccelli, da cui comunque scappa di continuo, rimando anche ad un certo stereotipo del teatro barocco ben conosciuto dai seguaci della cantante.
Tutto funziona perfettamente: riuscitissimi e spassosi i filmati a cura di Rocafilm, perfetta la presenza in scena (quasi per tutto il tempo) del fantastico e ben noto Arturo Brachetti, al suo debutto nel mondo dell’opera, che sa alternare numeri di trasformismo a spassose gag. I rimandi al mondo del cinema e ai suoi tanti generi si susseguono lungo i due atti. Forse uno dei più riusciti e godibili, che vogliamo segnalare, resta il Nosferatu-Don Basilio del bravissimo Ildar Abdrazakov nel suo costume ispirato al film di Friedrich Wilhelm Murna. Tanto divertimento insomma, un Barbiere che fa ridere il pubblico come da tempo non si sentiva. Il sacrificio di un po’ di attenzione filologica è ripagato da un sano e generale divertimento. Lo spettacolo è accompagnato dalle luci, sempre perfette, di Stefan Bolliger, dai costumi, ricchissimi di citazioni per i cinefili di Brigitte Reiffenstuel, e dalle simpatiche e buffe coreografie di Ramses Sigl. Un allestimento ricco, che quasi sconfina nell’ horror vacui, una produzione notevole, anche alla seconda visione, la cui unica pecca resta forse il fatto di eccedere in alcuni punti con il fine del divertimento mentre si perde un po’ la centralità della musica di Rossini, che resta comunque splendidamente incastonata in questo “frastuono” teatrale e filmico.
Eccellente il versante musicale dello spettacolo, tra i migliori oggi possibili.
Cecilia Bartoli porta Rosina sul palcoscenico della Salle Garnier ad oltre trent’anni di distanza dal suo debutto sulle scene monegasche, avvenuto proprio con questo grande personaggio rossiniano.
Il mezzosoprano romano offre, anche in questa occasione, una prova vocalmente formidabile. Un vero e proprio compendio di canto e stile rossiniano sorretto da una tecnica infallibile che consente di inanellare colorature, trilli, volatine ed agilità con una naturalezza e facilità difficilmente eguagliabili. La vocalità della Bartoli, con il suo colore ambrato e il timbro di puro velluto, si mostra ideale per la scrittura rossiniana; la linea musicale si dispiega morbida e compatta a tutte le altezze, ogni singolo passaggio è affrontato con assoluta precisione, ogni nota accarezzata delicatamente. Alla grandezza dell’esecutrice corrisponde, poi, una interprete di statura ancora superiore. Ogni suono viene emesso con un preciso intento espressivo e si fa parte di un disegno unitario complessivo meditato sin nel più piccolo dettaglio. La cura del fraseggio, le sfumature dell’accento, lo studio del gesto scenico, si intrecciano alla bellezza del canto e fanno dell’artista una vera e unica diva.
Al suo fianco una compagnia di canto affiatata e formata, in gran parte, da specialisti del repertorio rossiniano.
A partire dal Figaro di Nicola Alaimo, dalla vocalità possente e ben proiettata nel registro superiore, cui si unisce una notevole preparazione tecnica che gli consente di dominare con una certa facilità tanto il canto di coloratura quanto quello più spiegato. Notevolissimo, inoltre, l’interprete grazie alla freschezza e perizia del fraseggio. Che dire poi della presenza scenica? Spassosissimo ed empatico in ogni suo gesto, sin dal suo ingresso sul palco mentre volteggia leggiadro su di un monopattino. A tal proposito, evidenziamo come una scivolata accidentale appena prima del duetto con Rosina in primo atto, venga risolta da Alaimo e dalla Bartoli con una naturalezza tale da far sembrare l’accaduto frutto di una gag concordata. Bravissimi e grandissimi.
Note positive per Edgardo Rocha che, con una linea dal suadente colore chiaro e dal timbro solare, dà vita alle intemperanze amorose del Conte di Almaviva. Dotato di buona musicalità, supera con cura le innumerevoli insidie della parte tanto nelle pagine più estatiche, impreziosite dalla pregevole capacità di porgere la frase, quanto in quelle dove la scrittura si fa più fitta e frastagliata. Guascone e spavaldo l’interprete sulla scena, a proprio agio negli innumerevoli movimenti a lui richiesti senza accusare alcun segnale di stanchezza. Una nota di colore: giunto alla cabaletta dell’aria di secondo atto, “Cessa di più resistere”, l’esecuzione di questo brano si trasforma in un duetto tra Rocha e la Bartoli. La statura degli interpreti presenti rende l’occasione particolarmente ghiotta per il melomane che alberga in ognuno di noi (e che gioisce ancora di più quando la parte finale viene addirittura bissata a furor di popolo), anche se, filologicamente, appare una licenza poco fedele al volere dell’autore.
Alessandro Corbelli è uno splendido Don Bartolo. Il baritono, grazie alla consolidata esperienza maturata nel corso degli anni, è considerato, senza ombra di dubbio, interprete di riferimento per questo ruolo. La scrittura rossiniana viene scandagliata con cura e precisione, oltre che con la più totale aderenza stilistica. I sillabati sono affrontati con sicurezza, i recitativi un capolavoro di espressività. Inappuntabile, inoltre, la presenza scenica, sempre composta e naturalmente comunicativa.
Giganteggia, poi, Ildar Abdrazakov nei panni di un mefistofelico Don Basilio. Il basso è in possesso di una vocalità impressionante per volume e ricchezza di armonici. Con il caratteristico timbro vellutato sembra pennellare ogni frase musicale rifulgendo grazie ad una emissione solenne e sempre omogenea. L’esecuzione della celeberrima “Calunnia” in primo atto è semplicemente perfetta sotto il profilo vocale, così come impagabile sotto quello interpretativo, in forza di un fraseggio che si carica di grande ironia e di una verve attoriale di travolgente simpatia.
Il soprano Rebeca Olvera si ritaglia un buon successo personale con la propria spumeggiante interpretazione di Berta. La voce colpisce per il colore chiaro e per la facilità con cui sale nel registro acuto dove suona cristallina. L’esecuzione dell’aria “il vecchiotto cerca moglie”, complice anche uno splendido accompagnamento orchestrale, viene risolta con una spiccata verve attoriale, oltre che con una pregevole disinvoltura vocale.
Incisivo e ben a fuoco, vocalmente ed interpretativamente, il Fiorello di José Coca Loza. Molto bravo l’Ambrogio di Paolo Marchini. Completa la compagnia il granitico Ufficiale di Przemyslaw Baranek.
Notevole, per brillantezza ed intensità, il Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo diretto con maestria da Stefano Visconti.
Resta da riferire, infine, della splendida concertazione del Maestro Gianluca Capuano, frutto di una analisi approfondita e meditata della partitura. Il direttore, in simbiosi perfetta con i complessi de Les Musiciens du Prince-Monaco, compagine di strumenti storicamente informati con la quale Capuano collabora stabilmente, compie una operazione di “ritorno alle origini” dal capolavoro rossiniano. Non un semplice tentativo di “barocchizzazione” della partitura, ma una sorta di ripulitura della stessa da una certa stratificazione dovuta alla tradizione. Questa lettura, frutto di una lunga preparazione, mette in evidenza dinamiche sonore in parte nuove, rispetto a quelle cui siamo abituati. Sonorità che, unendosi tra loro in una molteplicità di combinazioni, a volte anche contrastanti, restituiscono tutta la brillantezza e la spensieratezza di questo capolavoro buffo. Dall’orchestra percepiamo una amalgama e un impasto timbrico superlativi in un equilibrio perfetto tra buca e palcoscenico. Eccellente, inoltre, è la scelta dei tempi, ora briosi, ora rallentati, ma sempre ideali per le diverse sequenze che compongono la vicenda. Assistiamo, attraverso il lavoro di Capuano, ad un esempio di sapiente filologia, che lascia spazio, soprattutto nei recitativi a qualche licenza, ben rappresentata dalle divertite citazioni da altri repertori (su tutti Strauss, Wagner e persino Nino Rota). In tal senso diviene fondamentale l’intesa con Andrea del Bianco, Maestro al forte piano, bravissimo nel donare ai recitativi accompagnati il giusto eclettismo esecutivo e, ad un contempo, quella fluidità che ne assicuri la loro integrazione senza soluzione di continuità rispetto alle pagine orchestrali.
Trionfo e standing ovation finale con ripetute chiamate in proscenio per l’intera compagnia che, oltre a concedere il bis della stretta conclusiva dell’opera, lancia stelle filanti e non perde occasione di scattarsi dei selfie con alle proprie spalle una sala adorante.
Si conclude così la prima stagione di Cecilia Bartoli in qualità di direttore artistico del Grand Théâtre de Monte-Carlo: un susseguirsi di grandi successi di pubblico e di critica che hanno premiato una programmazione di fatto impeccabile. E se è vero il detto che chi ben comincia è a metà dell’opera, si attende con curiosità l’annuncio, a giugno, della prossima stagione!
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Melodramma buffo in due atti
Libretto di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva Edgardo Rocha
Don Bartolo Alessandro Corbelli
Rosina Cecilia Bartoli
Figaro Nicola Alaimo
Don Basilio Ildar Abdrazakov
Berta Rebeca Olvera
Fiorello José Coca Loza
Ambrogio Paolo Marchini
Un ufficiale Przemyslaw Baranek
Con la partecipazione straordinaria di Arturo Brachetti nella parte di Arnoldo
Les Musiciens du Prince – Monaco Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo
Direttore Gianluca Capuano
Direttore del coro Stefano Visconti
Regia Rolando Villazón
Scene Harald B. Thor
Costumi Brigitte Reiffenstuel
Luci Stefan Bolliger
Coreografia Ramses Sigl
Video Rocafilm
Foto: OMC Marco Borrelli