Manfred op.115 – Teatro dell’Opera, Roma
A soli due giorni dall’ultima replica del dittico Puccini/Bartòk, il Teatro dell’Opera di Roma ha presentato al pubblico una nuova produzione: l’esecuzione dell’opera Manfred op.115, una delle opere più significative del compositore tedesco Robert Schumann. L’opera, basata sull’omonimo poema drammatico di George Byron, rappresenta un esempio preminente di una delle tendenze artistiche del XIX secolo, il Romanticismo, che si distinse per l’esplorazione di temi come la morte, il destino, il tormento dell’anima e la ribellione contro un ordine costituito.
Prima di affrontare nel dettaglio la performance andata in scena il 20 aprile a Roma, è necessario occuparsi brevemente di Robert Schumann e del suo Manfred.
Robert Schumann è stato uno dei maggiori esponenti del romanticismo musicale tedesco del XIX secolo. La sua produzione è stata caratterizzata da una grande sensibilità espressiva, ma anche dal tormento e dall’instabilità psicologica che hanno accompagnato gran parte della sua vita.
Nato a Zwickau nel 1810, Schumann dimostrò fin da giovane un grande interesse per la musica e in particolare per il pianoforte. Studiò a Lipsia, dove ebbe modo di incontrare compositori come Felix Mendelssohn e Franz Liszt, con i quali instaurò rapporti di profonda amicizia e di collaborazione artistica.
Tuttavia, la sua vita non fu facile. Il compositore soffrì di gravi problemi psicologici, che lo portarono a trascorrere lunghi periodi in cliniche psichiatriche. I suoi disturbi mentali si manifestarono già nel 1833, quando iniziò a soffrire di allucinazioni e deliri di persecuzione, arrivando addirittura a tentare il suicidio. Visse momenti felici con la moglie Clara Wieck, una pianista di grande talento che aveva conosciuto durante gli anni di studio, e con i figli nati dal loro matrimonio, ma Robert continuò a essere afflitto dai suoi problemi psicologici tanto che, dopo aver tentato il suicidio per la terza volta, fu ricoverato in un ospedale psichiatrico in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita. Morì nel 1856, all’età di soli 46 anni. Nonostante le difficoltà personali che Schumann dovette affrontare, la sua produzione musicale è stata di grande importanza per la storia della musica. Fu un compositore prolifico e versatile, capace di esprimere emozioni profonde e complesse attraverso la sua musica. La genesi di Manfred è strettamente legata alla turbolenta vita del compositore. La sua opera rappresenta una chiara espressione dei sentimenti che lo affliggevano, quali la solitudine, l’angoscia, la disperazione, la nostalgia per la gioventù passata e l’amore travagliato. La figura di Manfred, l’antieroe creato da George Byron, rappresenta perfettamente l’animo tormentato del compositore. Schumann riuscì infatti a trasmettere attraverso la sua musica la stessa intensità emotiva del personaggio, animato da un profondo senso di solitudine e disperazione. La scrittura musicale rispecchia la sua grande abilità nel fondere le diverse forme musicali, come il recitativo, la sinfonia, l’aria e i passi corali, per creare un’opera di grande complessità e profondità emotiva. La sua musica è caratterizzata da una grande varietà di temi, che vanno dall’intimismo alla grandiosità, dal lirismo alla tragedia, grazie alla continua presenza di parti recitate. Si potrebbe affermare che Manfred op.115 rappresenti una delle opere più significative del periodo romantico, in cui la musica viene utilizzata come mezzo di espressione per le emozioni più profonde dell’animo umano. Schumann, con la sua grande sensibilità e la sua turbolenta vita, è riuscito a creare un’opera di grande impatto emotivo, che ancora oggi riesce a coinvolgere ed emozionare il pubblico.
Manfred è un’opera che si basa su un testo poetico già esistente, come detto, ma che Schumann ha adattato in modo tale da creare una struttura musicale drammaturgica divisa in tre parti, ognuna delle quali rappresenta una fase della storia del protagonista.
Entrando nel vivo della performance al Teatro dell’Opera di Roma, emerge un protagonista d’eccezione, il celebre attore Glauco Mauri, che, nonostante la sua età avanzata di 92 anni, ha debuttato nel ruolo del personaggio principale. A tal proposito, si rende necessario uno sguardo d’insieme sulla figura del protagonista, la cui vita artistica spazia in diversi ambiti dello spettacolo.
Nato a Pesaro nel 1930, Glauco Mauri ha calcato le scene del teatro, televisivo e cinematografico per decenni, emergendo come uno dei nomi più noti ed importanti del panorama artistico italiano. Tra gli anni ’50 e ’60, in particolare, l’attore si è distinto per il suo talento nel teatro e in televisione, diventando un volto familiare per molte generazioni di spettatori. Non solo attore, Mauri ha trovato la sua vocazione anche come doppiatore, grazie soprattutto alle sue grandi doti interpretative. La sua lunga e prestigiosa carriera artistica è stata coronata da numerosi premi e riconoscimenti, che hanno attestato la sua grande maestria e la sua indiscussa bravura scenica. Inoltre, come evidenziato dal programma di sala, la passione di Mauri per il melodramma risale ai suoi anni giovanili ed esiste una stretta relazione tra l’anziano attore e il direttore d’orchestra Michele Mariotti, al suo debutto nella direzione di questa opera, che ha fortemente voluto Mauri accanto a lui per questa occasione. È infatti interessante notare come i due siano giunti insieme sul palco, con il giovane direttore che ha avuto l’accortezza di assistere e accompagnare Mauri, portandolo con delicatezza fino alla poltrona a lui dedicata. Accanto all’attore sedevano i suoi giovani e fidati allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico: Alice Sellan, Francesca Iasi, Edoardo Raiola, Stefano Poeta, Eleonora Bernazza, Riccardo di Cola, che hanno interpretato magistralmente i diversi personaggi del dramma, sostenendo adeguatamente il lavoro del loro maestro.
Con raffinatezza e competenza, la serata presso il Teatro dell’Opera di Roma è stata arricchita dalla superba performance dei quattro solisti vocali che hanno dato prova di eccellenza in ogni passaggio. Di notevole impatto è stata l’interpretazione della contralto Jasmine White, la cui voce dal timbro vellutato e morbido ha conquistato il pubblico con il suo incantevole fascino. Accanto a lei, il basso Roberto Lorenzi, già apprezzato per la sua interpretazione nel ruolo di La Talpa in Il tabarro di Puccini, ha saputo dimostrare ancora una volta il suo talento, unito a una voce possente e profonda. Non meno significativo è stato il Coro, sotto la guida di Ciro Visco, il quale ha dimostrato un’impeccabile organizzazione, una solida competenza musicale e un profondo impegno individuale e collettivo, che hanno permesso di raggiungere momenti di grande pathos drammaturgico.
In ultimo, è doveroso porre l’accento sul notevole contributo fornito dal Maestro Michele Mariotti e dall’Orchestra nell’esecuzione di un’opera complessa come Manfred op.115 di Robert Schumann, avvenuta a soli due giorni dalla conclusione del dittico di cui si è accennato in premessa. Tale impresa artistica ha richiesto, senza dubbio, un’eccezionale preparazione tecnica e concentrazione, nonché una notevole dose di dedizione e di sacrificio da parte dei musicisti coinvolti. L’abilità direttoriale del Maestro Mariotti ha saputo guidare l’orchestra attraverso le intricate modulazioni armoniche e le complesse sfumature dinamiche della partitura, garantendo una perfetta coesione timbrica e una straordinaria espressività. Si è trattato di un’impresa di notevole portata artistica, che testimonia l’alto livello raggiunto dall’ensemble e la profonda dedizione alla musica che lo anima.
Il concerto è stato ripreso trasmesso in diretta radiofonica da Rai Radio 3.
MANFRED op.115
Poema drammatico in tre parti per soli, coro e orchestra
Libretto di Richard Fohl, da George Byron
Musica di Robert Schumann
Direttore Michele Mariotti
Maestro del coro Ciro Visco
Manfred Glauco Mauri
Soprano Mariam Suleiman
Contralto Jasmin White
Tenore Eduardo Niave
Basso Roberto Lorenzi
Astarte Alice Sellan
La maga delle Alpi Francesca Iasi
Il cacciatore di camosci Edoardo Raiola
L’abate di San Maurizio Stefano Poeta
La Parca Eleonora Bernazza
Lo Spirito Riccardo di Cola
I basso Roberto Lorenzi
II basso Leo Paul Chiarot
III basso Spartak Sharikadze
IV basso Alessandro Fabbri
Assistente alla drammaturgia Danilo Capezzani
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Fotografie di Pablo Esparza – Teatro dell’Opera di Roma