Juditha triumphans – Pisa, Teatro Verdi
Il teatro Verdi di Pisa conclude la stagione lirica 2022-2023 con un appuntamento con la musica barocca, alla stregua di quanto accaduto lo scorso anno con il Giulio Cesare di Haendel. Sul podio ancora il maestro Carlo Ipata, ad eseguire stavolta la Juditha triumphans, oratorio di Antonio Vivaldi che, come accade di rado, viene rappresentato in forma scenica. La regia è di Deda Cristina Colonna, le scene e i costumi di Manuela Gasperoni e il cast ed il coro sono interamente al femminile. Del resto, la Juditha fu composta per le “putte di coro” dell’Ospedale della Pietà di Venezia, istituto che si prendeva cura delle bambine abbandonate o prive di genitori. Qui Vivaldi era stato chiamato prima come maestro di strumenti, per insegnare violino e viola all’inglese, e poi come maestro di concerti, con il compito di scrivere appositi lavori per quel particolare complesso vocale e strumentale che si era andato costituendo, grazie al perseguimento di una formazione culturalmente ricca e di una disciplina rigorosa. Le giovani dell’Ospedale della Pietà, oltre che ad essere abili nel canto, erano infatti assai versate nel suonare gli strumenti, anche quelli più inusuali come il claren o il salmoè, e ciò consentì a Vivaldi di sperimentare molteplici soluzioni cromatiche, conferendo alla partitura un carattere peculiare ed affascinante. La composizione si contraddistingue inoltre per la scelta di tessiture medio basse e quindi per una certa uniformità espressiva che risulta di grande efficacia.
Di salda coerenza anche il libretto di Giacomo Cassetti, in un latino trasparente e lineare e, come d’uso, con versi rimati secondo la metrica della lingua italiana. Non è prevista la parte dell’Historicus e pertanto l’azione scorre in una grande varietà di arie, inframmezzate da cospicui recitativi, nei momenti topici perfino accompagnati. L’oratorio ha quindi già nel libretto una vocazione drammatica e prende forma anche musicalmente in una struttura che potremmo dire teatrale. Nella prima parte si presenta tuttavia con tratti monotoni e poco inventivi, per evolvere però nella seconda sezione in un crescendo di tensione emotiva. Piuttosto esplicito inoltre l’intento celebrativo di questo “oratorio sacro militare”, il cui titolo originale è Juditha trumphans devicta Holofernis barbarie: così la biblica Giuditta, che con fede e coraggio sconfigge il barbaro Oloferne, diviene figura della Serenissima che trionfa a Corfù, allontanando la minaccia dei Turchi ed assicurando un periodo di pace.
La direzione di Ipata, alla guida dell’orchestra Asuer Musici, costruisce una tela musicale ampia e screziata, dando particolare risalto ai differenti colori degli strumenti barocchi, dalla viola d’amore a quella da gamba, dalle tiorbe al mandolino fino al salmoè, precursore del clarinetto. La lettura è puntuale, sia nella ricerca di preziose sonorità che nella modulazione del volume orchestrale, mentre il sostegno alle voci si mantiene costante, pur con qualche iniziale scollatura con il coro. Qualche accordo risulta talora un poco sfuocato, ma la dinamica riesce comunque sempre varia e brillante.
Sonia Prina è una Juditha drammatica e sensuale, con una dizione scandita ed un fraseggio rotondo. Con un bel timbro brunito e qualche diseguaglianza, è appassionata nel numero con la viola d’amore ed è addirittura irruenta nell’aria di sdegno “Agitata infidu flatu”, con un ritmo concitato ed agili transizioni dal grave all’acuto. Nell’episodio con il mandolino ci appare poi seducente e malinconica, mentre “In somno profundo” e nell’ampio recitativo esprime con veridicità il conflitto di Giuditta, divisa tra dovere, erotismo e senso della pietas.
Vigoroso e passionale l’Holofernes di Francesca Ascioti, con un’emissione omogenea ed una linea flessuosa. Sbalzata con forza l’aria guerresca iniziale e con dolcezza la successiva “Sedes o cara”; cesellate infine con delicatezza e languore “Nox obscura tenebrosa” e l’intervento conclusivo, pieno di mistero e di sensualità.
Shaked Bar interpreta Vagaus, lo scudiero di Oloferne a cui sono affidate arie di grande fascino e virtuosismo. La voce è moderatamente consistente ma agile e luminosa, come negli accurati vocalizzi del primo atto. Incantevole la magia notturna creata da “Umbrae carae” e carica di disperato furore l’aria di tempesta nel momento della scoperta del corpo del generale.
Elegante e voluminosa l’Abra di Miram Carsana, con una linea morbida e suadente nella sua prima aria. Risulta poi nervosa e trepidante mentre attende Giuditta fuori dalla tenda ed è ritmica e smagliante in “Si fulgida per te”.
Federica Moi è profonda ed espressiva nel ruolo del sacerdote Ozias. Solenne e maestosa nell’aria “O Sydera, o stellae” che apre la seconda parte, è di grande solarità nella scena conclusiva del trionfo.
Il coro Archè diretto da Marco Bargagna entra in scena con un intervento poco definito e privo di slancio, ma dà forma ad un momento di grande suggestione alla fine della prima parte, nell’ampiezza della melodia e nell’incanto della preghiera. Si mostra sempre incisivo nei recitativi accompagnati, per essere infine coeso e potente nella celebrazione di Juditha.
La raffinata varietà di questo oratorio trova nella regia di Deda Colonna una cornice rispettosa e trasparente, che con scene discrete e gesti misurati libera il campo per l’effusione lirica e strumentale. L’idea centrale è quella della tenda, tanto per l’accampamento di Oloferne quanto per la Bethulia degli Ebrei: i tendaggi sottili definiscono gli ambienti e coprono e svelano, in un gioco di dissimulazione che è politica ma anche erotica. I grandi tavoli di legno sono concepiti come elementi modulari che si assemblano e si scompongono, formando piani differenti per l’azione ed instaurando una continuità tra il banchetto ed il talamo. I costumi hanno una foggia regale ed evocano il mondo semitico, di taglio elegante e in un efficace contrasto dei colori. Le luci di Michele Della Mea sono prevalentemente soffuse e come i veli mostrano e nascondono la scena, fino al luminoso trionfo del finale. Di grande intensità il quadro nella tenda di Oloferne, con la realizzazione di un notturno sospeso, dolce e terribile, dove si intrecciano Eros e Tzanatos, ma anche il dubbio e la fede.
Molto applaudita questa originale rivisitazione del repertorio barocco: uno spettacolo davvero corale, ber concertato, di cui il Teatro di Pisa si mostra giustamente orgoglioso.
JUDITHA TRIUMPHANS
Devicta Holofernis Barbarie
oratorio militare sacro in due parti RV 644
libretto di Giacomo Cassetti
dalla Bibbia, Libro di Giuditta
musica di Antonio Vivaldi
personaggi e interpreti
Juditha: Sonia Prina
Abra: Miriam Carsana
Holofernes: Francesca Ascioti
Vagaus: Shakèd Bar
Ozias: Federica Moi
maestro concertatore e direttore: Carlo Ipata
regia: Deda Cristina Colonna
scene e costumi: Manuela Gasperoni
light designer: Michele Della Mea
Orchestra Auser Musici
Coro Archè
maestro del Coro: Marco Bargagna
Foto; J. Diego, Kiwi, Bianchi