Spettacoli

La finta semplice – Teatro Goldoni, Firenze

Il Teatro del Maggio ha messo in scena La finta semplice di Wolfgang Amedeus Mozart, opera di rara esecuzione, soprattutto in Italia, ora per la prima volta a Firenze con la direzione di Theodor Gushlbauer e la regia di Claudia Blersch, nell’appropriata cornice del Teatro Goldoni, elegante e raccolto. Composta da un Mozart poco più che dodicenne e destinata niente di meno che al il teatro di corte, l’opera a Vienna non venne tuttavia rappresentata, nonostante che il padre Leopold fosse riuscito ad imporre il figlio prodigio all’attenzione dell’imperatore e che il lavoro fosse stato commissionato direttamente dal sovrano. E’ probabile che gli artisti e le maestranze abbiano boicottato l’allestimento, forse per una mancanza di fiducia nelle doti del giovanissimo compositore o forse per l’invidia nei confronti del successo di un ragazzino. Il libretto era stato tratto da un testo di Goldoni, rielaborato da Marco Coltellini, il poeta cesareo che aveva sostituito Metastasio, e per quanto oggi possa apparirci drammaturgicamente inconsistente, non differiva poi molto da quelli delle più comuni opere buffe all’italiana. La vicenda narra di due famiglie, l’una italiana e più borghese, l’altra nobile e ungherese, e degli intrecci amorosi e delle smanie di matrimonio che coinvolgono tutti i personaggi, fratelli e servitori.

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Rosalia Cid, Eduardo Martinez Flores, Benedetta Torre

Questa produzione traspone la storia in una quasi contemporaneità, con un telefono pubblico a muro e con una foggia degli abiti che ci riportano indietro di qualche decennio; il tutto però incorniciato dal Settecento con il quale l’azione drammatica intesse un continuo dialogo. E così, fin dal principio, spunta dalla barcaccia il piccolo Wolfgang per contemplare divertito la sua opera e interagire con essa con l’aiuto di tre servitori e del clavicembalista in costumi rococò. Dal secondo atto in abito bianco ancien regime sarà anche Rosina, mentre al suo ingresso, pur vestita in stile moderno, ci si presenta come una viaggiatrice del grand tour. Alcuni dettagli del libretto, marginali se non addirittura insignificanti, vengono intelligentemente assunti dalla regia come spunti per costruire situazioni che tengono insieme e vivacizzano la rappresentazione. Così dall’aria degli amoretti nasce l’andirivieni dei puttini bendati con arco e frecce, mentre l’invito a cena del finale del primo atto è preso a pretesto per creare un notturno in cucina con frutta e prosciutti, citazione parodistica del Bacco del Caravaggio e delle nature morte della pittura barocca. La scenografia e i costumi sono realizzati con cura ed essenzialità dagli studenti del triennio della Nuova Accademia di Belle Arti, coordinati da Margherita Palli, mentre le luci, delicate e cangianti, sono di Andrea Locorotondo. Lo spettacolo è unitario ed armonico e ci racconta l’amore in un modo leggiero e garbato, con effetti di deliziosa comicità, dovuti alla recitazione dei vari interpreti, che differenziano e caratterizzano i personaggi più di quanto non facciano il testo e le note.

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Benedetta Torre

Potremmo dire che La finta semplice è a suo modo una folle journèe in miniatura, per quanto si sia ancora lontani da quella corrispondenza tra suono e parola che troviamo ne “Le Nozze di Figaro” e nel teatro della maturità mozartiana. La musica di Wolfgang bambino reca però già il marchio di fabbrica, solida e luminosa, piena di brio e di invenzioni melodiche. Con una quindicina di elementi dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Theodor Gushlbauer dà forma ad un suono comunque morbido ed amalgamato, con tempi brillanti e momenti di estrema dolcezza. Fin dall’overture ci restituisce l’energia e la misura dello stile galante dell’epoca, con un grande equilibrio tra le varie componenti orchestrali. E’ in buona sintonia con i cantanti e li sostiene nel susseguirsi delle arie e nei tre concertati dei finali, pur con qualche sfasatura in quello del secondo atto.

Davvero eccellente la prova di Benedetta Torre, che cesella la scrittura musicale in forme incantevoli e preziose. Fin dalla sua entrata dalla platea, si impone per forza ed eleganza, con un canto omogeneo ed un ottimo controllo dell’emissione, agilissima, con una linea flessuosa e in una sicura tenuta delle note. E’ di struggente dolcezza nell’aria con oboe obbligato concertante, interpreta con raffinatezza l’aria “Amoretti, che ascosi qui siete” ed è spiritosa in ogni scambio. E questa Rosina di BenedettaTorre, né semplice né finta, semmai di scarso spessore psicologico come gli altri personaggi, diviene comunque, come la Susanna nel giardino dello scorso Festival del Maggio, l’incarnazione di un archetipo, un’icona della grazia femminile.

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Davide Piva, Rosalia Cid, Benedetta Torre, Luca Bernard, Xenia Tziouvaras, Eduardo Martinez Florez, Lorenzo Martelli

Assai valide anche le interpretazioni degli altri cantanti, tutti in vario modo legati all’Accademia del Maggio. A partire da Luca Bernard alle prese con le arie piuttosto impervie del nobile Fracasso, ben eseguite, all’inizio forse con un po’ di emozione e qualche mancanza di agilità. Più sicuro e disinvolto nella seconda parte, dove il canto è terso e vigoroso.

Con un fraseggio scolpito ed articolato, la Giacinta di Xenia Tziouvaras interpreta la sua prima aria con grande espressività ed ironia. A lei è poi affidato l’unico pezzo dal tono drammatico, al terzo atto, reso con bravura nel suo colore brunito e nel gusto haydniano.

Eduardo Martinez Flores è Don Cassandro, con voce calda e consistente, particolarmente salda nel registro centrale. Comico ed irruento realizza in una forma assai felice l’aria con l’imitazione del battito del cuore.

Simpatico e spontaneo il Don Polidoro delineato da Lorenzo Martelli. Con un canto ampio e melodico, rende con efficacia il candore dell’innamorato e la comicità dello scioccone.

Fresca e luminosa Rosalia Cid nel ruolo di Ninetta. Interpreta con naturalezza la furbizia della serva ed è duttile ed accurata in tutti gli interventi.

Sbalzato con rilievo il Simone di Davide Piva. Fin dall’apertura del sipario si dimostra sicuro ed incisivo, con un canto robusto e modulato ed una recitazione esuberante.

Molti e calorosi gli applausi da parte di un pubblico divertito e perfino rasserenato da questo dramma giocoso.

LA FINTA SEMPLICE

Dramma giocoso in tre atti

Libretto originale attribuito a Carlo Goldoni rielaborato da Marco Coltellini

Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Maestro concertatore e direttore Theodor Guschlbauer

Regia Claudia Blersch

Scene e costumi Studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, con la guida di Margherita Palli, Course Advisor Leader dello Stesso Triennio

Luci Andrea Locorotondo

Rosina, baronessa unghera, sorella

di Fracasso, la quale si finge semplice Benedetta Torre

Don Cassandro, ricco terrazzano

cremonese, gentiluomo sciocco ed avaro Eduardo Martinez Flores

Don Polidoro, suo fratello minore, gentiluomo sciocco Lorenzo Martelli

Giacinta, loro sorella Xenia Tziouvaras  

Ninetta, loro cameriera Rosalìa Cid

Fracasso, capitano delle truppe unghere acquartierate sul cremonese e fratello di Rosina Luca Bernard

Simone, suo sergente Davide Piva

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Foto: Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino