Faust-Symphonie – Teatro del Maggio, Firenze
Eine Faust-Symphonie di Franz Lizst inaugura a Firenze il Festival di Carnevale dedicato al Faust e a Goethe. Sul podio Marc Albrecht che ci offre una lettura appassionata ed inquieta di questo lavoro, talora con un gusto espressionista che ne pone in evidenzia gli aspetti avanguardistici. L’opera fu concepita da Lizst come un grande affresco sonoro, una forma ibrida tra la sinfonia tematica di Berlioz ed il poema sinfonico; è suddivisa in quattro movimenti, i primi tre, esclusivamente strumentali e concepiti dall’ autore come Charakterbilder, ovvero ritratti psicologici dei tre protagonisti del capolavoro goethiano, Faust, Gretchen (Margherita) e Mephistofeles; il quarto è invece un Chorus mysticus come pannello conclusivo. La prima esecuzione avvenne nel 1857 in una temperie culturale in cui il mito di Faust, da Marlowe a Calderon de la Barca, fino alla cristallizzazione epica di Goethe, si era già affermato nel mondo delle arti e aveva ispirato un certo numero di composizioni musicali, le più varie e diverse, da Shubert a Schuman fino a Berlioz.
Il primo movimento si apre con l’enunciazione dei primi due temi di Faust, quello del rovello interiore e quello dello struggimento, la romantica Sehnsucht, delineati da Albrecht in tutta la loro indeterminatezza tonale, con l’impiego delle dodici note della scala cromatica. Il maestro ricrea un caos sonoro da cui via via si staccano gli altri temi: quello energico e vigoroso dello streben faustiano, poi quello che celebra l’azione ed infine la passione amorosa, vista come pienezza dell’esperienza vitale e con accordi che ci fanno intravedere il Tristano in lontananza. Il movimento procede nell’alternanza ininterrotta di momenti di tensione e di allentamento, con battute d’arresto segnate efficacemente dal grave dei corni e talora anche da oboe, fagotti e contrabbassi, in una fluidità ora più densa ora più rarefatta e sempre caratterizzata dalla morbidezza degli archi e dalla brillantezza degli ottoni. Con piglio nervoso e travolgente, Albrecht delinea un Faust furibondo, che oscilla tra slanci prometeici e cadute depressive, dispiegando la straordinaria inventiva melodica del brano e mostrandoci, con un incedere ben cadenzato, la continua metamorfosi dei cinque temi principali. Incisiva e perturbante la chiusura in una sonorità grave e cupissima, come a sprofondare.
Poco trasparente l’attacco del secondo movimento: dopo che la frase è stata morbidamente scolpita dalla doppia coppia dei fiati, pare che qualcosa si inceppi nella trasmissione della melodia agli archi e si crea così un momento un po’ impreciso e indistinto. Il tema di Margherita si modella poi in tutta la sua dolcezza, pur mancando talora di soavità; si ripresenta di seguito il del tema eroico di Faust e va ad instaurare con il tema iniziale un dialogo reso con precisione ed espressività.
Il terzo movimento ripropone i temi del primo in forma di variazioni: Mefistofele è quindi musicalmente l’alter ego di Faust, il demone è il doppio dell’uomo. La progressione sonora diviene più ritmica e vitalistica, con un impiego più consistente della tavolozza timbrica e continue alterazioni umoristiche. Il grande fugato è costruito con forza, anche qui sorta di epifania rovesciata, manifestazione demoniaca proprio in quella forma polifonica che la tradizione aveva inteso come specchio della perfezione divina. Albrecht conferisce al movimento un carattere concitato, da danza convulsa, apparentemente disordinata. Ricompare poi immutato il tema di Margherita, integro, non corrotto, per poi dileguarsi e riapparire in una cellula che si raccorda alla parte successiva.
Senza soluzione di continuità, si passa quindi al quarto movimento, con una leggera vibrazione del timpano e l’entrata solenne del coro maschile. Coeso e omogeneo, il Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini, con un colore scuro ed un volume robusto, su cui si innesta il canto accorato del tenore Joseph Dahdah, chiaro e rotondo, nitido e luminoso, pur con qualche acuto un tantino schiacciato. “Qui l’Incompiuto/ si realizza, […]/ L’Eterno Femminino/ ci trae verso l’alto”. Suggestiva la conclusione, con i versi di Goethe e suoni via via più trasparenti, mentre quest’inno al Femminile che salva ha nella musica di Lizst qualcosa di dantesco, momento estatico che ci fa volgere avanti verso il Mahler dell’Ottava. E quando sfuma quest’ epilogo in cielo, grande commozione in un pubblico entusiasta che ha molto applaudito.
FRANZ LISZT
Eine Faust–SymphonieR. 425
in tre parti per tenore, coro maschile e orchestra
Faust/Gretchen/Mephistopheles (per tenore e coro)
Direttore Marc Albrecht
Tenore Joseph Dahdah
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del coro Lorenzo Fratini
© Simone Donati – TerraProject – Contrasto
© Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino