Tannhäuser
La stagione d’Opera della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia si inaugura con Tannhäuser di Richard Wagner, un nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena e l’Operfestspiele Heidenheim.
In Amor sacro e Amor profano, Tiziano Vecellio dipinge, nel 1515, le due facce del più nobile dei sentimenti e, in modo simile cerca di fare con la musica, Richard Wagner, nel 1845, con Tannhäuser. Ma oggi? Che forma assume l’amore? Per il regista dello spettacolo, andato in scena al Valli di Reggio Emilia, Georg Schmiedleitner l’amore è tragico ma anche kitsch poiché, come diceva Gillo Dorfles: “il kitsch è necessario conoscerlo, anche frequentarlo, e perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”. Il sipario si apre su un motel: Venere gestisce una struttura ad ore piena di prostitute, Tannhäuser è un suo cliente e condivide con lei questi deprecabili affari. La scena (a cura di Stefan Brandtmayr) muta poi, nel secondo atto, con pochi tocchi, in un brutto palazzo nobiliare, forse la casa di un boss. Proseguendo compaiono carrelli della spesa e altri elementi disturbanti, e via via prende il sopravvento un senso di distruzione e desolazione. Su questa linea, si va al finale che vede una Elisabeth darsi ad una vita libertina e Wolfram soffocare con le sue mani Tannhäuser e poi suicidarsi. Se il senso complessivo dell’opera è stato totalmente stravolto, abbiamo apprezzato la visione complessiva di questo mondo senza speranza, dove regna il brutto ed il male e la redenzione è negata. Una scelta interessante che compensa l’aspetto visivo dello spettacolo, un po’ povero; bella la scelta di chiudere l’opera con il coro disposto attorno alla sala che assiste, unico testimone pietoso, alla morte di Tannhäuser. In linea con lo spettacolo i costumi di Cornelia Kraske, abiti esagerati e pacchianamente kitsch, sempre corrette le luci di Hartmut Litzinger.
Convincente, pur tra luci ed ombre, anche il versante musicale dello spettacolo.
Il Maestro Marcus Bosch, dal podio, si rende protagonista di una prova maiuscola. Una lettura, la sua, che, attraverso ritmi piuttosto spediti ma drammaturgicamente efficaci, risulta pervasa una costante tensione narrativa. Grande è, poi, l’attenzione verso le infinte sfumature del dramma, pur in un disegno unitario di grande compattezza. L’atto di Venere è dominato da fremente lussuria, quello della tenzone poetica da trascinante aulicità, mentre quello finale arriva dritto all’anima dello spettatore con la sua aurea di profondo e mesto pentimento. Al gesto dinamico e preciso di Bosch risponde ottimamente l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini che, in un repertorio solitamente poco frequentato, riesce a trovare il giusto equilibrio tra volumi e sonorità. Apprezzabile è in tal senso, la prova dei fiati e degli archi, nella loro capacità di dare vita a dinamiche particolarmente suggestive.
Note di merito anche per la prova del Czech Philarmonic Choir Brno, diretto con grande precisione dai Maestri Petr Fiala e Michal Dvořák. Le diverse sezioni dialogano mirabilmente tra loro con gande compattezza e duttilità; un plauso alla esecuzione, dal fondo della platea, della pagina conclusiva della partitura, la cui intensità espressiva, combinata con la grandiosità del segno orchestrale, segna uno dei vertici esecutivi della serata.
Il tenore Corby Welch offre una lettura del personaggio di Tannähauser volutamente sopra le righe, un uomo rude e piuttosto impacciato, sospeso tra la carnale attrazione per Venere e il più puro sentimento d’amore per Elizabeth. Welch si lancia a capofitto in una interpretazione viscerale e a tutto tondo che colpisce per l’intensità espressiva, sempre pertinente al momento drammatico. Ad uno scavo del personaggio tanto efficace non corrisponde, tuttavia, una prova vocale altrettanto entusiasmante. La linea vocale, pur caratterizzata da un bel colore, appare malferma, disomogenea e spesso a rischio di tenuta di intonazione. Il registro acuto è piuttosto fortunoso e, soprattutto in terzo atto, palesa più di una difficoltà nel lungo monologo in cui Tannhäuser racconta a Wolfram del suo pellegrinaggio a Roma.
Birger Radde, Wolfram, brilla, al contrario, per musicalità e controllo tecnico. Il baritono sfoggia un mezzo di gran pregio per morbidezza e duttilità, centri ben torniti ed un registro superiore sicuro e squillante. Il fraseggio, sempre elegante, disegna un personaggio nobile ed aristocratico; la presenza scenica asciutta e longilinea, dona ulteriore credibilità a questo raffinato cantore.
Di gran pregio è, anche, la Elizabeth di Leah Gordon, in possesso di un timbro smaltato e una linea compatta e sicura. In particolare, colpisce il registro acuto, luminoso e ricco di armonici. Una prova vocale encomiabile e senza sbavature, nella quale si coglie, oltre ad un’ottima proprietà stilistica, una certa forza espressiva che contribuisce a disegnare un personaggio appassionato e credibile. Ben rifinita anche la presenza scenica, sempre composta e naturale.
Heike Wessels presta a Venus un mezzo voluminoso e dal bel colore scuro; la linea vocale, tuttavia, non brilla per omogeneità e risulta, talvolta, crescente in acuto. A fronte di una prestazione vocale che difetta di precisione, si deve riconoscere una interpretazione scenica travolgente e di sicuro effetto grazie, tra l’altro, ad una particolare cura dell’accento soprattutto in primo atto.
Convince il Langravio interpretato da Tijl Faveyts, dotato di un mezzo dal bel colore vellutato e ben impostato. L’accorata partecipazione scenica garantisce al personaggio il giusto rilievo.
Ben amalgamati per timbro e colore vocale i quattro partecipanti alla gara canora: Martin Mairinger, Young Kwon, Christian Sturm e Gerrit Illenberger, nei ruoli, rispettivamente di Walther, Biterolf, Heinrich e Reinmar. Anche in questo caso è doveroso sottolineare la perfetta aderenza scenica degli artisti al disegno registico, tale da rendere assai credibili questi personaggi, soprattutto nel desiderio di primeggiare gli uni sugli altri per conquistare il tanto ambito premio.
Molto bene ha fatto Julia Duscher che interpreta il ruolo del Giovane pastore con pregevole musicalità e ragguardevole intonazione.
Puntuale l’intervento dei Quattro paggi, dalle fila del Coro delle Voci Bianche del Teatro Comunale di Mondena.
Vivo successo al termine per quella che sulla carta poteva di certo essere una proposta culturale coraggiosa e non priva di insidie; a giudicare dall’entusiasmo delle chiamate alla ribalta degli artisti possiamo dire che la sfida è stata superata con risultati ben oltre le aspettative!
Tannhäuser
Opera in tre atti su libretto e musica di Richard Wagner
Hermann, Landgraf von Thüringen Tijl Faveyts
Tannhäuser Corby Welch
Wolfram von Eschenbach Birger Radde
Walther von der Vogelweide Martin Mairinger
Biterolf Young Kwon
Heinrich der Schreiber Christian Sturm
Reinmar von Zweter Gerrit Illenberger
Venus Heike Wessels
Elisabeth Leah Gordon
Ein junger Hirt Julia Duscher
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Czech Philharmonic Choir Brno
Direttore Marcus Bosch
Regia Georg Schmiedleitner
Assistente alla regia Georg Simonsky
Scene Stefan Brandtmayr
Costumi Cornelia Kraske
Luci Hartmut Litzinger
Direttore del coro e primo maestroPetr Fiala
Secondo maestro del coroMichael Dvořák
FOTO PER GENTILE CONCESSIONE DEL TEATRO