Ariadne auf Naxos
Ormai per tradizione Alexander Pereira, sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino, interpreta il ruolo parlato del Maggiordomo in Ariadne auf Naxos di Richard Strauss nei teatri che dirige. Martedì scorso, oltre ad onorare questa consuetudine, prima dell’apertura del sipario, già in costume di scena, ha comunicato le note variazioni nel cast, chiedendo di sostenere con tanta energia Sara Blanch, chiamata soltanto il giorno prima a sostituire Jessica Pratt. Il soprano inglese è infatti risultato positivo al Covid, probabilmente come Anna Doris Capitelli sostituita anch’essa in extremis da Eleonora Filipponi. Il sovrintendente ha lasciato quindi intendere la sua preoccupazione di riuscire ad effettuare tutte le recite. Va subito detto che entrambe le cantanti se la sono cavata egregiamente, in particolare la Blanch che di energia e di bravura ha dimostrato di averne da vendere. Nonostante le avversità e le nubi all’orizzonte, la prima è stata per ricchezza ed unità una grande festa del teatro nell’appropriatissima cornice della Pergola.
Fin dall’inizio, Pereira è presentato come un deus ex machina, maggiordomo di un conte paralitico, libero amministratore della casa. E’ ironico e tagliente, con una recitazione vivace e minuziosa, piena di inflessioni e sottolineature. La regia di Matthias Hartmann con le scene di Volker Hintermeier colloca l’azione nella contemporaneità di un salotto opulento, forse di un magnate americano, dove si ostentano come trofei opere d’arte di Fontana, Giacometti, Pomodoro. L’ambiente fa da quinta teatrale per poi diventare il palcoscenico della Oper, senza stacco tra la prima e seconda parte, teatro nel teatro; il NO luminoso, probabile allusione alla riluttanza al cambiamento, si completa in NAXOS e pare l’insegna di un locale. Dispiace che la scritta con altra paccottiglia non si siano dissolti nel finale, dove l’attenzione è indirizzata al cielo stellato che anche Zerbinetta contempla. Di grande inventiva e umorismo, i costumi di Adriana Braga Peretzki rendono la compagnia sgangherata e proteiforme. Adeguate le luci di Valerio Tiberi, nell’alternanza di caldo nel comico e freddo nel tragico, senza marcate evidenze. Tutto nel complesso funziona ed è in buon accordo con la musica; tuttavia, proprio in rapporto a quest’ultima, non avrebbe guastato qualche riferimento al settecento viennese e alla commedia dell’arte. Inoltre, pur comprendendo la scelta dei sopratitoli in italiano-inglese, rincresce l’assenza dell’originale tedesco, soprattutto perché Strauss ha seguito minuziosamente il libretto nella composizione.
Domina la scena nel Prologo Michèle Losier che interpreta un Compositore nevrotico ed esaltato. Voce leggermente brunita, non particolarmente voluminosa ma omogenea, fraseggia con fluidità ed affronta con fermezza i passaggi più impervi. Frenetica ed euforica negli scambi, è delicata ed intensa nel duetto con Zerbinetta. Conclude la prima parte con uno slancio appassionato e virtuosisticamente modulato, in un’apertura fulgida e toccante, vero inno alla purezza ideale della musica.
Figura di spicco è il Maestro di musica di Markus Werba. Voce calda e pastosa, duttile nell’emissione e dal fraseggio rotondo, è disinvolto nei recitativi ed ampio nelle parti più ariose. Delinea con vividezza il personaggio di mediazione tra ragioni dell’arte e necessità del compromesso.
Il Maestro di ballo è Antonio Garés, coreografo eccentrico e camaleontico. Corretto e spigliato, intona con brio e senso del ritmo l’arietta in stile di gavotta e sa adattarsi con perizia ad ogni aspetto della scrittura, benché il suono non sia particolarmente esteso e consistente. Efficace il Lacchè di Amin Ahangaran, basso sicuro e corposo, sorta di body guard; Matteo Guerzé è un Parrucchiere appropriato e melodico e Davide Piva un Ufficiale farsesco e musicale.
Punta di diamante di questa produzione è Krassimira Stoyanova. La troviamo nel Vorspiel come una Primadonna dal fraseggio articolato ed elegante, vanesia ed altezzosa nella sua presunta superiorità artistica, per poi essere il centro della Oper, che catalizza progressivamente su di sé tutta l’azione fino a diventare il luogo stesso della metamorfosi. Dolce nel timbro e pura nella linea di canto, è abilissima in tutta la gamma, specialmente in acuto, e modula con dovizia, con una tenuta costante delle note e dei filati. E’ funerea ma comunque ironica nel lamento iniziale, aulica e tragica nell’aria con il corno della Pastorale, fino al duetto con Bacco dov’è suadente e luminosa, senza cedimenti, in un crescendo d’intensità interpretativa.
Il Bacco di AJ Glueckert è nobile e delicato anche quando grottesco ed ingenuo. Voce morbida e gradevole, gestisce con padronanza ogni passaggio. Convince nel suo smarrimento e nella ricerca di identità; manca tuttavia del vigore da heldentenor che il ruolo richiederebbe.
Ben riusciti gli interventi delle Ninfe: armonica la Najade di Maria Nazarova, scura ed intensa la Dryade di Eleonora Filipponi , leggiadra la Echo di Liubov Medvedeva. Più felice l’accordo nel secondo terzetto, dove di grande fascino è l’esecuzione della ninna nanna da Shubert.
Altra eccellenza di questo allestimento è Sara Blanch. La sua è una Zerbinetta fresca e vitale, che si muove con naturalezza e civetteria, sempre giocosa e a tratti dolcemente romantica. Voce limpida e agilissima in un’impostazione alquanto strutturata, è brillante nel fraseggio e sicura negli ardui vocalizzi. Nella grande aria di coloratura “Grossmächtige Prinzessin” strappa meritatamente l’unico applauso a scena aperta ad un pubblico assai rispettoso del flusso continuo della musica.
Timbro caldo e proiezione compatta Liviu Holender nel ruolo Arlecchino. Dinamico e solare, canta l’aria “Lieben, Hassen” in modo assi melodico e gioviale. Bravo con Zerbinetta e le altre maschere. Daniel Schliewa è un Brighella intonato e travolgente, Jacoub Eisa è Truffaldino, omogeneo e musicale, Luca Bernard è Scaramuccio, chiaro e ben centrato. Cabarettistici e gioiosi i loro pezzi d’insieme, specialmente il quartetto, quasi una danza.
Daniele Gatti, benché esperto di Strauss, dirige per la prima volta l’Ariadne alla testa dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino: un organico di poco più di trenta elementi che realizza sapientemente un’amplissima varietà di forme, ora ensemble da camera barocco o liederistico, ora grande sinfonia o poema wagneriano. L’attacco è ritmico e vivace, nella resa trasparente di una musica che si fa via più complessa; suggestiva anche la breve introduzione alla seconda parte, ricchissima di sfumature. La direzione di Gatti crea una tessitura raffinatissima, multiforme e policroma, nel continuo mutarsi dei tempi e degli stili; elegante anche nelle parti concitate, particolarmente accurata nell’impiego dei legni, delle percussioni e del corno, sempre presente nel sostegno ai cantanti. Sublime nel finale, dove comico e tragico sono assorbiti in un’ascesa estatica e trasfigurante, Verwandlug e Verklärung.
Applausi per tutti, con qualche debole contestazione al regista, e certamente quest’Ariadne ha riempito di felicità il salone della Pergola.
ARIADNE AUF NAXOS
Opera in un atto con Prologo
Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss
Der Haushofmeister Alexander Pereira
Der Musiklehrer Markus Werba
Der Komponist Michéle Losier
Der Tenor/Bacchus AJ Glueckert
Ein Offizier Davide Piva
Ein Tanzmeister Antonio Garés
Ein Perückenmacher Matteo Guerzè
Ein Lakai Amin Ahangaran
Zerbinetta Sara Blanch
Primadonna/Ariadne Krassimira Stoyanova
Harlekin Liviu Holender
Scaramuccio Luca Bernard
Truffaldin Jacoub Eisa
Brighella Daniel Schliewa
Najade Maria Nazarova
Dryade Eleonora Filipponi
Echo Liubov Medvedeva
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Regia Matthias Hartmann
Scene Volker Hintermeier
Costumi Adriana Braga Peretzki
Luci Valerio Tiberi
Foto: Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino