La “Vittoria sul sole”, il capolavoro del Futurismo russo
La lunga attesa è terminata è terminata nel 2017 ed è durata più di un secolo: quattro anni fa il Teatro Alighieri di Ravenna ha ospitato la prima rappresentazione italiana della “Vittoria sul sole”, l’opera che è considerata il capolavoro del futurismo russo. Il debutto nel nostro paese è stato possibile grazie alla scelta degli organizzatori della ventottesima edizione del Ravenna Festival e il pubblico romagnolo ha potuto apprezzare un lavoro che ha diviso fin dall’inizio. In effetti, l’opera in due agimenti e sei quadri di Aleksej Krucënych, con prologo di Velimir Chlebnikov e la musica di Michail Vasilyevich Matjušin, ha una storia che merita di essere approfondita.
Oltre ai nomi appena citati, non si può dimenticare quello di Kazimir Malevic, autore delle scene e dei costumi: un poeta, un pittore e un compositore sono i protagonisti della “Vittoria sul sole”, oltre che importanti esponenti dell’avanguardia russa. La vicenda della composizione comincia nel 1913, con queste tre personalità che si incontrano in Finlandia e “partoriscono” insieme un vero e proprio manifesto che sancisce la nascita dell’opera. Proprio al termine di quell’anno, il 3 e il 5 dicembre per la precisione, il Teatro Luna Park di Pietroburgo accolse per la prima volta la “Vittoria sul sole” con grandi ambizioni.
Il lavoro era stato concepito come il primo passo in direzione della fondazione di un teatro futurista russo, in cui il buon senso e i sentimenti non avrebbero potuto trovare spazio. Il pubblico rimase subito diviso: non mancarono gli spettatori entusiasti, ma neanche quelli spaesati e addirittura indignati per il risultato finale. Le innovazioni erano parecchie: in particolare, il sipario non veniva mai sollevato e sullo sfondo era stato allestito il cosiddetto “quadrato nero” di Malevic, il futuro simbolo del Suprematismo. L’opera era caratterizzata da toni assurdi, drammatici e patetici, con il Sole annientato in quanto simbolo della logica terrena, in modo da dare spazio al superamento dei limiti della comprensione umana.
Non ci fu nessuna replica e nemmeno recensioni ufficiali da parte della stampa e dei critici di quel periodo, dunque non è possibile ricostruire con precisione le impressioni esatte, ma l’atmosfera e le aspettative sono facilmente intuibili. Tutto era stato preparato nel minimo dettaglio seguendo alla lettera il manifesto della letteratura futurista di Filippo Tommaso Marinetti, nello specifico la grammatica, la sintassi e il lessico. I discorsi del libretto sono spesso stravolti e il riferimento al movimento artistico e culturale italiano risulta ancora più evidente se si legge uno dei suoi più celebri motti.
Ecco le parole usate da Marinetti in “Uccidiamo il chiaro di luna!”:
È nostra, la vittoria…. […] Tutto il nostro sangue, a fiotti, per ricolorare le aurore ammalate della Terra!… Sì, noi sapremo riscaldarti fra le nostre braccia fumanti, o misero Sole, decrepito e freddoloso, che tremi sulla cima del Gorisankar!..
Nel 1915, dunque a breve distanza dalla prima rappresentazione di Pietroburgo, Malevic venne a sapere di una nuova edizione della “Vittoria del sole” che era pronta per essere pubblicata e chiese l’utilizzo di un suo schizzo del sipario per dare maggiore enfasi al momento della vittoria: il pittore era talmente convinto del suo disegno da ritenerlo fondamentale per la pittura.
A Ravenna è stato dunque possibile tornare indietro nel tempo di un secolo e assaporare un periodo piuttosto fecondo dal punto di vista artistico. Il Festival ha deciso di affidarsi alla ricostruzione dell’opera fatta dal Teatro Stas Namin di Mosca in collaborazione con il Museo Russo di San Pietroburgo nel 2013 per celebrare il secolo di vita del lavoro musicale. Il testo è stato presentato ovviamente in russo con sovratitoli in italiano.
Il Teatro Alighieri che ha fatto da sfondo a questo importante evento è la principale struttura di Ravenna e vanta una tradizione operistica di tutto rispetto: l’inaugurazione ufficiale risale al 1852 con “Roberto il diavolo” di Giacomo Meyerbeer e una serie di importanti rappresentazioni che videro come protagonista il compositore e apprezzato direttore d’orchestra Antonino Palminteri.