L’elisir d’amore (Festival Donizetti 2021)
L’elisir d’amore, la più rappresentata delle opere di Gaetano Donizetti al Festival Opera 2021.
“La città più bella del mondo? Facile, Bergamo”. Così sosteneva Le Corbusier, una città che con la pandemia ha sofferto enormemente ed andava quindi ora celebrata nel migliore dei modi. Quasi scontata allora l’abbinata fra Bergamo e L’elisir d’amore, l’opera più famosa di Gaetano Donizetti che diventa omaggio alla città nell’anno della sua rinascita post covid. Come si può fare questo? L’idea del regista Frederic Wake-Walker è un abbraccio ideale fra gli artisti e la città che si compie con l’uscita dell’opera in strada e l’ingresso della città nel teatro.
Sotto i portici del Sentierone, poco prima della rappresentazione, troviamo una banda che suona i motivi più famosi dell’opera ed un teatro dei burattini che racconta la storia dell’elisir magico. Entrati in teatro, la scena (a cura di Federica Parolini) ci riporta esattamente sotto gli stessi portici appena abbandonati con effetto prospettico sullo splendido e rinnovato teatro Donizetti. Poco prima della rappresentazione, il simpatico e bravo Manuel Ferreira istruisce il pubblico per un gioco canoro che prevede il canto corale all’inizio del secondo atto eseguito dal pubblico tutto e accompagnato dallo sventolare delle bandierine giallo e rosso, distribuite dalle maschere al pubblico. Insomma una festa: “Urlate, saltate, menate gazzarra. Rompete la sbarra del muto dover; Da ville e da borghi, da valli e pendici, Plaudete a i felici di oggi e di ier.”, come scriveva Carducci, ma in questo contesto un giustificato e rumoroso ritorno alla vita per Bergamo che passa attraverso il canto corale nel luogo dove al pubblico solitamente si chiede di ascoltare. Una bella trovata registica che lascia positivamente stupiti, tanto da non chiedere nulla di più alle scene essenziali e al limite dello spartano. Lo spettacolo è impreziosito dai burattini del bravissimo Daniele Cortesi, che compaiono nel secondo atto, dai piacevoli costumi anni cinquanta di Daniela Cernigliaro e dalle luci, sempre corrette di Fiammetta Baldiserri.
Entusiasmante il versante musicale che ha riservato piacevoli sorprese.
Il Maestro Riccardo Frizza, già direttore musicale del Festival, opta per un’edizione critica integralissima eseguita con strumenti storici (evocativo in tal senso il nome della compagine orchestrale: Gli originali) accordati con il La a 432 Hz, ovvero circa un semitono sotto alla prassi esecutiva cui siamo abituati. Ecco allora che la partitura, sotto il gesto sicuro del Maestro, sembra sprigionare tonalità pastello, quasi abbozzate, che riescono a sbalzare con grande suggestione quella trasognante malinconia che anima i personaggi e, in particolare il carattere di Nemorino. Anche le parti di maggiore comicità, siamo pur sempre in un’opera buffa, si colorano di raffinata ironia assicurando il sorriso dello spettatore.
Una prestazione encomiabile senza dubbio, quella di Frizza che, attraverso la scelta di ritmi brillanti e tempi ora spediti, ora sospesi, riesce a restituire alla perfezione il carattere spensierato e, ad un contempo, struggente, della partitura donizettiana.
La compagine orchestrale brilla per pulizia e precisione sonora offrendo una prova di assoluto rilievo. Un plauso incondizionato anche alla brava Federica Cipolli, Maestro al fortepiano.
Il cast è dominato da Javier Camarena nel ruolo di Nemorino. Il tenore messicano sigla una prestazione encomiabile grazie ad un timbro solare, caldo e comunicativo ed una linea vocale duttile e morbidissima. Ogni parola, ogni accento, vengono colorate dall’artista con la giusta intenzione e con una impressionante tavolozza di sfumature di fraseggio. Camarena domina la partitura con disinvoltura mostrando una grande aderenza stilistica in tutta la gamma, sempre omogenea e ben appoggiata. Scenicamente irresistibile, tratteggia Nemorino come un tenero innamorato, un ragazzo dal grande cuore che sospira d’amore per la sua bella. L’esecuzione della celebre “Una furtiva lagrima”, grazie ad un ottimo legato e ad uno sbalorditivo controllo del canto sul fiato, risulta uno dei vertici esecutivi della serata.
Una vera rivelazione è la giovanissima Caterina Sala nel ruolo di Adina. La voce è caratterizzata da un suggestivo velluto ambrato, grazie al quale il soprano riesce a creare un personaggio più maturo rispetto alla prassi esecutiva della tradizione. Il soprano risulta molto musicale e mostra una vocalità caratterizzata da buon volume, ben proiettata e salda in acuto, di quelle che “corrono” in sala con grande facilità. Sciolta e disinvolta nel canto di agilità, affronta con impressionante naturalezza lo scoglio dell’aria di finale secondo atto, qui proposta nella versione alternativa rispetto a quella tradizionalmente conosciuta, trionfando senza riserve nella siderale scrittura sopracuta della cabaletta. Scenicamente, inoltre, è un’Adina aggraziata e spigliata, ironica e mai leziosa. Irresistibile l’alchimia scenica e vocale con Camarena durante il duetto di primo atto, dove i due fingono un rocambolesco viaggio prima in auto e poi in vespa.
Convince senza riserve anche il Dulcamara di Roberto Frontali, ruolo nel quale il celebre baritono debutta proprio in questa produzione. La celebre aria di ingresso, intonata dopo aver raggiunto il palco dal fondo della platea, è realizzata con tale precisione vocale e politezza nel fraseggio che basterebbe questo momento per comprendere il suo personaggio: un imbroglione cinico e beffardo il cui scopo è quello di prendersi gioco della credulità degli abitanti del villaggio. Tutta la sua interpretazione è accompagnata da un fraseggio asciutto e scolpito, una linea vocale puntuale e priva di sbavature, un controllo tecnico assoluto e da grande fuoriclasse. Un plauso alla capacità dell’artista che, grazie anche alla capacità di dominare la scena con grande disinvoltura, riesce a tratteggiare il ruolo con raffinatezza e composta ironia senza mai scadere in gag grottesche.
Convince Florian Sempey nel ruolo di Belcore; la linea vocale è caratterizzata da un suadente colore ambrato e si espande limpida e ben tornita nel registro superiore. Il fraseggio variegato ed attento, oltre ad una indiscussa presenza scenica, contribuisce alla caratterizzazione di un sergente affascinante e sornione.
Una menzione speciale merita Anäis Mejías, scenicamente spigliata e vocalmente efficace grazie ad un colore brunito e un mezzo ben proiettato e sicuro.
Di buon livello l’apporto del Coro Donizetti Opera preparato con perizia e precisione dal Maestro Fabio Tartari.
Successo incondizionato al termine per tutti gli interpreti con le punte del trionfo per Camarena e Sala, da parte di un pubblico entusiasta accorso numeroso per questa bella produzione.
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Edizione critica a cura di Alberto Zedda
Adina Caterina Sala
Nemorino Javier Camarena
Belcore Florian Sempey
Dulcamara Roberto Frontali
Giannetta Anaïs Mejías
Maestro delle cerimonie Manuel Ferreira
Orchestra Gli Originali
Coro Donizetti Opera
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Fabio Tartari
Maestro al fortepiano Federica Cipolli
Regia Frederic Wake-Walker
Scene Federica Parolini
Costumi Daniela Cernigliaro
Lighting design Fiammetta Baldiserri
Burattini di Daniele Cortesi
FOTO GIANFRANCO ROTA