Rubriche 2021

Il temperamento basco di Julian Gayarre

Julian Gayarre è rimasto celebre per la sua voce al pari di Tamagno e Caruso, ma in ordine di data viene prima di questi due, dunque è più che normale che la sua fama li abbia preceduti. Di lui si diceva che non avesse lo stesso timbro di Checco Marconi, visto che, come quasi tutti i cantanti spagnoli, lo aveva leggermente velato e gutturale, oltre a un attacco delle note acute giudicato come meno spontaneo e impetuoso di altri “colleghi”. Ma la voce di Gayarre appariva ben più maschia delle altre grazie al suo colore e quel velo citato in precedenza non era affatto un difetto, anzi aggiungeva alle note pronunciate quel tocco di dolcezza che riusciva a commuovere tutti. Ma chi era esattamente Julian Gayarre?

Il suo nome completo era Sebastian Julian Gayarre Garjon ed era nato in un piccolo paese basco, Roncal. Julian, nato il 9 gennaio del 1844, era il terzo figlio di Mariano e Maria Ramona Garjon, una coppia di modesta estrazione sociale, tanto è vero che all’età di tredici anni il futuro tenore fu costretto ad abbandonare la scuola per lavorare come pastore. Due anni dopo fu spedito dal padre a Pamplona per un impiego in un negozio. È qui che ha il suo primo contatto con la musica, la passione che gli costò proprio il lavoro, dato che venne licenziato per aver lasciato il negozio per seguire una banda che stava suonando nella strada vicina. Queste umili origini le raccontava spesso anche una volta divenuto famoso.

I primi studi furono effettuati insieme al maestro Hilarion Eslava presso il Conservatorio di Madrid, ma la vera e propria educazione artistica fu quella perfezionata a Milano, visto che già a ventitré anni, nel 1867, fu in grado di debuttare a Varese nell’Elisir d’amore. Da quel momento in poi cominciò la sua gloria. In effetti, si trattava dell’inizio di un giro, sempre acclamato, in molte città italiane, come ad esempio Treviso, Parma, Cremona e Milano, fino a quando non fu chiamato in Russia e furoreggiò sia a Mosca che a Pietroburgo. Dopo un breve ritorno in Italia, fu anche per tre anni in Sudamerica, passando di trionfo in trionfo. Come accade spesso per cantanti lirici così famosi, gli aneddoti non mancano.

In particolare, molti erano concordi sul fatto che il suo Spirto gentil de La Favorita di Donizetti non avesse uguali. Come raccontato da Edoardo Boutet, giornalista e impresario teatrale suo contemporaneo, una sera, a Napoli, passeggiavano insieme e finirono nei quartieri più malfamati, tanto da trovarsi di fronte a un gruppo di prostitute. Ebbene, Gayarre non esitò a cantare questa romanza e quando ebbe finito si accorse che tutte quelle donne, apparentemente senza sentimenti, stavano piangendo. C’è comunque da precisare che il tenore spagnolo si compiaceva forse un po’ troppo di questa romanza, la quale gli consentiva di dimostrare quanto i suoi polmoni fossero resistenti: questo prolungamento oltre il dovere e il buon gusto delle note, non andava spesso a suo vantaggio. Secondo la “Bibbia teatrale” di un lord inglese, quest’aria durava di solito tra i 4,20 e i 5,10 minuti, mentre Gayarre sfiorava addirittura i sette minuti.

La vita irregolare che condusse fu la causa dei peggioramenti di salute, dato che negli ultimi anni cominciò a dimostrare qualche pecca di troppo. Come ricordò Gemma Bellincioni, nel periodo più critico cantò La Favorita a Lisbona. Alle prove non si sentiva bene e tossiva in maniera penosa. Il pubblico lo accolse però in maniera talmente trionfale che non ebbe il coraggio di tirarsi indietro. Purtroppo, la voce era peggiorata e se nel primo atto ci fu un’accoglienza fredda, nei seguenti aumentò l’insofferenza di chi assisteva alla recita. Soltanto il suo cavallo di battaglia, il già citato Spirto gentil, fu in grado di commuovere e di placare gli animi, dalla rabbia si passò quasi al trionfo.

L’ultima stagione fu quella di Madrid nel 1890. Mentre Gayarre era intento a cantare nell’Africana di Meyerbeer, un brutto scrocco compromise la recita: l’artista fece segno all’orchestra di attaccare di nuovo, ma giunto allo stesso punto tornò nuovamente a scroccare. La serata era già finita e gli spettatori se ne uscirono tristi e silenziosi. Tre giorni dopo, il 2 gennaio del 1890, il tenore basco moriva, una settimana prima di compiere 46 anni. Si chiudeva così la carriera di uno dei tenori più amati in assoluto dell’800, il cui nome è ancora capace di destare le emozioni di un tempo.