Alla scoperta del “Verdi portoghese”: vita e successi di Angelo Frondoni
La provincia di Parma ha avuto nel corso del XIX secolo un rapporto privilegiato con la musica e, in particolare, l’opera lirica: in questa zona, infatti, è nato e cresciuto Giuseppe Verdi, solo per citare il nome più famoso. Ad appena nove chilometri di distanza dalle Roncole del cigno di Busseto, però, la piccola frazione di Pieveottoville di Zibello ha dato i natali a un compositore di cui si sente parlare poco nel nostro paese, ma che ha avuto una grande fortuna e fama all’estero. Si tratta di Angelo Frondoni, colui che è stato ribattezzato “il Verdi portoghese”. Ripercorrere le tappe della sua vita e carriera ci può aiutare a comprendere i motivi di questo successo in terra lusitana.
Classe 1808, Frondoni nacque da Paolo e Maddalena Marchi, i quali gli consentirono di studiare pianoforte e composizione a Parma e a Milano. L’inizio della sua carriera sembra in tutto simile a quella del già citato Verdi, anche perché i due avevano soltanto cinque anni di differenza. Nel 1833 il venticinquenne musicista emiliano sfruttò la prima possibilità messagli a disposizione in questo senso. Al Teatro alla Scala di Milano venne rappresentato “Il carrozzino da vendere” (su libretto di Calisto Bassi e con l’interpretazione di un basso importante come Giuseppe Frezzolini, il primo Dulcamara).
Il pubblico fu avaro di consensi, mentre il successivo “Un terno al lotto” ebbe maggior fortuna, sempre nella città lombarda, ma al Teatro Carcano (1835). Il nome di Frondoni cominciava dunque ad essere conosciuto, tuttavia la vera svolta della sua vita artistica arrivò grazie a un invito. Il compositore zibellino aveva ricevuto un incarico piuttosto importante, quello di organista a Soragna e in questa veste fu notato da Joaquim Pedro Quintela, conte portoghese di Farrobo, il quale gli propose la direzione del Teatro São Carlos di Lisbona. L’occasione era ghiotta come non mai, nonostante tutti i dubbi relativi a un trasferimento in un paese pressoché sconosciuto.
È a questo punto che comincia il legame strettissimo tra Frondoni e il Portogallo, nazione che lo accoglierà fino alla morte. Perché riuscì a ottenere tanto successo dopo le perplessità suscitate in patria? La direzione teatrale durò cinque anni, per la precisione dal 1838 al 1843, un lustro in cui produsse le musiche per due balletti e un’azione mimica. Per i trionfi veri e propri, invece, bisognerà attendere il 1844, anno della prèmiere di “Os profugos de Parga”, rappresentato al São Carlos: i tre atti di questo dramma lirico su libretto di Cezar Perini conquistarono il pubblico portoghese.
Sempre nel corso di quel fortunato 1844, “O beijo” (Il bacio) furoreggiò al teatro Rua dos Condes di Lisbona, tanto è vero che quest’ultimo gli affidò la direzione musicale senza alcuna esitazione. Si sta parlando di un atto unico, una farsa lirica ispirata dalla tradizione italiana. La consacrazione era ormai cosa certa e Frondoni affrontò con maestria altre importanti direzioni: dal 1850 quella del Teatro Gymnasio (per cui creò “O cappellão do regimento” e “O cerco de Syracusa”) e dal 1868 al 1873 il Teatro da Trinidade (“Barbablu”), senza dimenticare due opere a tema fantastico, a dimostrazione della sua estrema duttilità dal punto di vista degli stili.
Tutti questi titoli sono praticamente sconosciuti dal nostro paese e “snobbati” anche per motivi linguistici. Nel paese iberico, al contrario, le note di Frondoni si possono definire ancora attuali e vengono utilizzate per serate musicali in gran stile, segno che l’impronta lasciata dal compositore è stata più che profonda. Il genere buffo e comico furono i suoi cavalli di battaglia (chiamarlo “Verdi portoghese” è un azzardo), visto che in alcuni casi i suoi titoli sono state parodie di melodrammi celebri in Italia (un esempio è “O andador das almas”, parodia tratta appunto dalla “Lucia di Lammermoor” di Donizetti).
Come già spiegato in precedenza, la morte lo colse nel 1891 a Lisbona, ma prima del capitolo conclusivo della sua vita si cimentò in diverse esperienze. Tra le molte di cui fu protagonista, va ricordata la sua attività letteraria, a dire il vero abbastanza occasionale (si cita spesso il suo poema dedicato al presidente americano Lincoln), oltre ai libelli che lo portarono a polemizzare con altri compositori: in quest’ultimo caso non si può non sottolineare il pamphlet che avversò il “Lohengrin” di Richard Wagner (datato 1883).