Il contributo essenziale di Giuseppe Verdi al balletto
Non se ne parla mai come si dovrebbe, ma la musica di Giuseppe Verdi ha fornito un contributo essenziale al balletto: sono cinque le opere del compositore emiliano che meritano di essere approfondire per comprendere quanto le sue note abbiano influito sulla evoluzione delle coreografie in questione, vale a dire Jérusalem, Macbeth, I Vespri Siciliani, Aida e Otello. È proprio in questi melodrammi, infatti, che si possono apprezzare dei ballabili di pregevole fattura, ancora oggi molto graditi dai ballerini di tutto il mondo.
Questa “passione” di Verdi per il balletto si può far risalire alla prima esperienza del bussetano con l’Opéra, il tempio dell’opera lirica di Parigi: nel 1847, nel periodo in cui sta preparando i Masnadieri per Londra, giunge anche la proposta francese per la prima rappresentazione in territorio transalpino.
Verdi è allettato e non rifiuta certamente, ma sa bene quale “giungla intricata” sia l’Opéra e non azzarda nessuna opera nuova, puntando sul rifacimento in lingua francese dei Lombardi alla Prima Crociata (1843). Si tratta appunto di Jérusalem, un lavoro che deve rispettare le rigide regole del teatro in questione; tra le altre, figurano i ballabili, pezzi che sono praticamente obbligati e con cui Verdi si cimenta in maniera importante. Il debutto parigino non riserva grandi soddisfazioni, la serata del 26 novembre del 1847 è un debutto che può definirsi senza infamia e senza lode, ma un solco nella storia del balletto è stato tracciato. Nell’atto III si trovano una serie di danze molto esotiche, utili per descrivere i giardini dell’harem, con un gusto molto raffinato per le soluzioni a effetto, anche se in questo caso piuttosto discontinue.
Le stesse occasioni si ebbero con altre trasposizioni in francese dei suoi capolavori, ovvero Le Trouvére-Il Trovatore e Violetta-La Traviata. La scelta dello spartito ricade sempre sul terzo atto e non è certo un caso: in effetti, a quel punto dello spettacolo i membri del Jockey Club locale si rifugiavano all’Opéra per ammirare e applaudire le loro ballerine predilette. Anche nei Vespri Siciliani c’è una presenza importante, ovvero quella delle cosiddette quattro stagioni, mentre per Aida e Otello bisogna fare un discorso a parte.
Nel caso dell’Otello, infatti, i ballabili sono tra i più belli in assoluto, anche se spesso vengono trascurati e invece meriterebbero una maggiore attenzione. Una citazione d’obbligo la meritano la canzone araba, con la sua invocazione ad Allah, la canzone greca e l’allegro vivace. Per quel che concerne l’Aida, poi, si trovano delle danze sparse qua e là, schiavi egizi, ancelle e mori che allietano gli spettatori: forse la pecca potrebbe essere che queste melodie non formano un balletto autonomo, ma la valenza rimane sempre la stessa.
Un balletto su cui vale la pena soffermarsi è quello del Macbeth: nella versione originale dell’opera, quella rappresentata a Firenze nel 1847 non c’era alcun tipo di ballabile, ma lo spartito rimaneggiato venne messo a disposizione ancora una volta dell’Opéra ben diciotto anni dopo e in questo caso è presente, come voleva la tradizione, una danza splendida. Si tratta di una decina di minuti da sogno, in cui Verdi riesce a fondere molti sentimenti e atmosfere, con gli ottoni che esemplificano in modo perfetto la perentorietà e la drammaticità del popolo scozzese oppresso, come anche il suo anelito e il suo sogno di libertà.
Il “cigno di Busseto” è dunque riuscito a dimostrare tutto il proprio estro e una versatilità non comuni: la fantasia che ha contraddistinto le creazioni dei suoi capolavori si è messa in luce perfettamente nella danza, probabilmente l’unico rammarico è che non abbia lasciato dei balletti completi, ma bisogna ricordare che il suo intento era quello di amalgamare il genere all’interno del contesto operistico. Di sicuro non si è ai livelli raggiunti da Čajkovskij, ma il prezioso contributo di Verdi merita di essere ricordato; se le sue opere hanno avuto e avranno ancora uno straordinario successo sarà anche grazie a queste danze.