“Di tanti palpiti”: capricci e leggende di un’aria immortale
Da quando c’è stata la ripresa nel 1952 in occasione del Maggio Musicale Fiorentino, “Tancredi” è tornato un titolo piuttosto frequente nei cartelloni teatrali di tutta Italia. A partire dagli anni Cinquanta dell’800, infatti, il melodramma eroico di Gioachino Rossini era praticamente scomparso, ma in quel secolo di oblio qualcosa dell’opera era rimasto. Si sta parlando della celebre cabaletta Di tanti palpiti, vero e proprio cavallo di battaglia di tante cantanti, capace di conquistare fin da subito il gusto del pubblico. Proprio quest’aria continua ad essere al centro di un dibattito sulla sua creazione, al punto che l’aneddoto è diventato uno dei più celebri della storia del melodramma. La domanda sorge spontanea allora: come è nata Di tanti palpiti?
Nel XIX secolo iniziò a diffondersi una ricostruzione ben precisa, come testimoniato da questo articolo del 1849:
Chi non conosce l’aria Di tanti palpiti, una delle più deliziose ispirazioni di Rossini? Ma se ne ignora generalmente l’origine anche dai dilettanti. Questo pezzo, il migliore forse del Tancredi, devesi al capriccio esigente d’una prima donna. Due giorni prima della rappresentazione di quest’opera, la Malanotte, cantatrice distinta che dovea sostenere la parte principale, dichiarò che non avrebbe cantato la cavatina composta pel suo entrar in iscena, e che era d’uopo scrivergliene un’altra. Rossini ritornò a casa desolato, credendo impossibile, oppresso dalla fatica com’era, l’inventare alcun che di passabile: ma, spinto dalla necessità, sedette al pianoforte, e in meno d’una mezz’ora compose questo canto divenuto sì popolare in Europa.
Dunque Rossini sarebbe stato convinto da una delle cantanti della prima rappresentazione assoluta del “Tancredi” (il 6 febbraio 1813 alla Fenice di Venezia), il contralto Adelaide Malanotte. L’aneddoto è stato confermato nel corso del tempo e ha aggiunto un pizzico di pepe alla storia di quest’opera, ma le cose non andarono proprio così. Di sicuro l’incontro tra il compositore pesarese e la Malanotte fu fondamentale per la carriera di quest’ultima, un sodalizio artistico molto chiacchierato. La storia dell’aria sostituita venne raccontata inizialmente da Stendhal, melomane attento e minuzioso nel riportare ogni cronaca teatrale.
Secondo lo scrittore francese, Rossini aveva creato un’aria di grande impatto per il debutto del “Tancredi”, una composizione che non trovò però il gradimento del contralto. Adelaide Malanotte avrebbe atteso soltanto l’anti-vigilia della prima rappresentazione per esprimere il suo dissenso nei confronti dell’aria di sortita Dolci d’amor parole. I brani furono eseguiti alternativamente nelle esecuzioni successive, ma Di tanti palpiti avrebbe poi preso il sopravvento. La ricostruzione storica del capriccio della cantante e di Rossini costretto a sostituire la sua musica ha resistito negli anni nonostante qualche parere discorde, almeno fino al 1977.
Soltanto 40 anni fa, infatti, è stato possibile comprendere i fatti con precisione, per la precisione dopo la pubblicazione di “The operas of Rossini: problems of textual criticism in nineteenth-century opera” nel Bollettino del Centro Rossiniano di Studi. Il saggio di Philip Gossett si basa sull’analisi accurata di diversi autografi di Rossini conservati al Museo Teatrale della Scala: ebbene, per lo storico americano quasi certamente Rossini scrisse Di tanti palpiti per prima, con la Malanotte che non fu in grado di intuire la popolarità che avrebbe incontrato in seguito questa cavatina, considerata troppo debole. Ecco perchè il musicista marchigiano puntò su un pezzo maggiormente elaborato, con una nuova scena e una parte per violino.
Il contralto veronese alternò i brani nelle rappresentazioni successive del “Tancredi”, mentre altre cantanti furono conquistate immediatamente dalle note giovanili e appassionate di Di tanti palpiti, cabaletta in cui l’eroe apostrofa la sua amata Amenaide con voce da mezzosoprano invocando la caduta del traditore. La leggenda dei capricci e della sostituzione ha avuto grande presa grazie ai racconti di Stendhal, a cui si può però fare riferimento per capire quale sia stata la reazione degli spettatori dell’epoca nell’ascoltare questa musica. Lo scrittore ricordò l’entusiamo del pubblico veneziano e soprattutto quello dei gondolieri, a conferma di un rapido successo popolare.
La Malanotte fu l’apprezzata interprete di altre opere rossiniane e la sua carriera durò fino al 1821, quando cantò, già malata, a Bologna e a Bergamo. Il suo nome resterà però legato in maniera indissolubile e inevitabilmente alla prima grande opera seria di Rossini, quella che illuse lo stesso Stendhal di aver trovato una nuova Arcadia. Di tanti palpiti ha più di due secoli, ma di certo non li dimostra: ha resistito allo scorrere del tempo, alle leggende e persino al presunto tentativo di Richard Wagner di citare l’aria in maniera parodistica, secondo molti un’accusa velata a Rossini di essere un pericoloso nemico dell’arte germanica.