Rossiniani e antirossiniani: la polemica giornalistica tra Stendhal e Berton
L’opera lirica fu sicuramente una delle chiavi usate da Stendhal per scoprire, apprezzare e approfondire l’Italia. Nei frequenti soggiorni nel nostro paese, non era difficile incontrare il celebre scrittore francese a teatro, sempre pronto a osservare e giudicare, non un semplice melomane, ma un intellettuale di vasti orizzonti. Fu proprio l’opera a caratterizzare un’accesa polemica giornalistica che coinvolse lo stesso Stendhal ed Henri-Montan Berton, scrittore e compositore. Henri Beyle, questo il vero nome di Stendhal, era tornato a Parigi da Milano negli ultimi mesi del 1821, subito dopo aver assistito ai trionfi di Gioachino Rossini. Beyle decise di legarsi al gruppo dei “dilettanti”, difensori del musicista pesarese.
I fan di Rossini erano soliti far “sentire” la loro voce dalle pagine di un giornale, il Miroir des Spectacles (“Lo specchio degli spettacoli”), all’interno del quale Stendhal iniziò a scrivere una serie di articoli che renderanno sempre più infuocata la querelle. Al contrario, gli appassionati che erano contrari alla musica di Rossini rispondevano da un altro giornale, l’Abeille (“L’ape”). Berton era proprio uno degli anti-rossiniani e si considerava un difensore della tradizione. In particolare, la divisione diventò marcata in seguito alla rappresentazione di “Otello”, rappresentato per la prima volta al Teatro del Fondo di Napoli il 4 dicembre 1816.
Stendhal ha citato una buona parte degli estratti della polemica nella “Vie de Rossini”, permettendo dunque di valutare i punti di vista e le considerazioni. Beyle parlò addirittura del contrasto tra gli estimatori del talento di Rossini e i “partigiani dell’ancien règime”, ma fu davvero così? Sull’Abeille venne pubblicato questo articolo di Berton, datato 4 agosto 1821:
Il Signor Rossini ha immaginazione brillante, ha brio, originalità e grande fecondità; ma sa di non essere sempre puro nè corretto.
Berton riconobbe qualche merito al compositore marchigiano, pur ammettendo che non sarebbe mai stato all’altezza di Mozart.
Inoltre, un’altra critica importante fu quella secondo cui Rossini non sarebbe stato in grado di andare oltre la “musica meccanica”: l’obiettivo dei suoi articoli e opuscoli era quello di dimostrare come non avesse fatto altro che arabeschi in musica, riferendosi a lui in maniera quasi spregiativa come “questo italiano“. Una settimana dopo l’articolo citato sopra, Stendhal replicò dal Miroir con un pezzo molto arguto. Riassunse alcune critiche di Berton, tra cui il fatto che Beyle non firmasse i propri articoli. Lo scrittore francese sa di doversi confrontare con un professore esperto, ma lo accusa di aver dato troppa importanza alla contesa, come se Berton credesse di vivere ancora all’epoca delle dispute sulle partiture di Gluck e Piccinni.
I due si scontrarono anche sulla drammaticità di Rossini: Berton aveva scritto chiaramente che ritenere il pesarese più drammatico di Mozart fosse una bestemmia: Stendhal difese il musicista, spiegando come “Rossini non si accontenta di dire, dimostra quello che dice“. Beyle arrivò ad ammettere che forse l’armonia musicale e lo stile severo e corretto potessero essere trovati altrove, ma queste qualità erano semplicemente degli utili ausiliari dell’effetto drammatico e non la sua essenza. In una seconda risposta dal Miroir raccontò dei successi dell’Otello rossiniano:
Otello continua ad attirare una vera e propria folla; oggi il merito di quest’opera non è più contestato se non da alcuni professori di pianoforte, musicisti anatomisti, per i quali il merito dell’originalità, dello spirito e del brio drammatico svanisce di fronte alla irregolarità di un finale o alle imperfezioni di un quintetto.
Stendhal morì nel 1842, mentre Berton due anni dopo, dunque furono entrambi in grado di ascoltare e valutare con calma tutte le opere di Rossini. Nonostante i toni accesi e perentori, la querelle fu pacifica e all’insegna del rispetto.
Stendhal e Berton continuarono a portare avanti le loro idee senza arretrare di un millimetro: l’opera lirica di quel periodo può essere paragonata al calcio di oggi in Italia, visto che si discuteva apertamente dell’argomento e si creavano sostenitori di un compositore piuttosto che di un altro, al punto che nei teatri le claque determinavano il bilancio finale di una rappresentazione. Stendhal tese la mano a Berton, lasciando ampia libertà agli anti-rossiniani di considerare Mozart il primo dei musicisti, concludendo la polemica con una frase davvero intelligente: “Con questa distinzione, saremo tutti d’accordo“.