Luoghi dimenticati: il Teatro Apollo di Roma
Teatro Tordinona e più recentemente Teatro Pirandello, ma la struttura che sorgeva in questa parte di Roma, a ridosso del Tevere, è meglio nota ai cultori dell’opera lirica con il nome di Teatro Apollo. Purtroppo questo teatro non esiste più dal 1888, è stato demolito e al suo posto è sorta nel 1925 una fontana-stele commemorativa che si può notare percorrendo proprio il Lungotevere Tordinona, con alle spalle lo splendido panorama offerto da Castel Sant’Angelo. Un breve resoconto storico può aiutare a comprendere quali eventi abbiano caratterizzato questo edificio, costruito e abbattuto in ben tre occasioni.
Le prime fondamenta furono quelle del 1670 su espressa volontà della regina Cristina di Svezia: il luogo scelto fu sin da subito questa parte di Roma, vicino agli argini del Tevere. La prima struttura durò fino al 1697, anche se lo scopo del teatro era soprattutto quello di ospitare rappresentazioni in prosa e non l’opera lirica. La seconda vita del teatro durò invece dal 1733 al 1781, con papa Clemente XII che ordinò la ricostruzione completa dello stabile, tanto che si arrivò a quattro palchi appena e a una programmazione sempre più ristretta nel corso dei mesi, nonostante gli spettatori fossero comunque sempre in buon numero. Ma il vero splendore del teatro doveva ancora venire.
La svolta si ha soltanto nel 1795, quando si decide di affidare a nuovi architetti l’edificazione dell’immobile. Il Teatro Apollo nacque ufficialmente in quell’anno, anche se poi vi furono successivamente altri rifacimenti importanti. La proprietà cambiò a ripetizione con il primo “padrone” che fu il principe Francesco Publicola Santacroce. Chiunque entrava al suo interno aveva la possibilità di ammirare lo stile perfettamente neoclassico e la facciata disegnata dal celebre architetto Giuseppe Valadier. Tre grandi porte finestre rettangolari completavano il tutto. La programmazione cambiò radicalmente, passando dalla prosa all’opera, tanto che gli anni successivi furono davvero proficui, grazie in particolare alla direzione degli impresari Alessandro Lanari (colui che passò alla storia come il “Napoleone degli impresari) e Vincenzo Jacovacci.
Come ricorda la stele commemorativa, furono due i momenti di maggior fulgore del Teatro Apollo, entrambi associati a Giuseppe Verdi. Quest’ultimo, infatti, si affidò all’edificio per la prima rappresentazione di due tra le sue principali opere, il Trovatore nel 1853 e Un ballo in maschera nel 1859. Passando da queste parti si avvertono ancora le melodie immortali del Cigno di Busseto: Stride la vampa, Di quella pira, Ma se m’è forza perderti, Eri tu che macchiavi quell’anima e molte altre. D’altronde, Verdi aveva scelto un luogo molto romantico e particolare, quei momenti sono lontani nel tempo, ma si può provare a scattare alcune “fotografie”.
Come quella che raffigura la première del Trovatore, il 18 gennaio del 1853, in una Roma allagata a causa dello straripamento del Tevere e con il pubblico che entra a fatica nel teatro, quello stesso teatro in cui nei giorni precedenti, in occasione delle prove, erano divampate le discussioni tra le due primedonne, Rosina Penco, la quale aveva il ruolo di Leonora, ed Emilia Goggi, la prima Azucena. Ogni rappresentazione finiva in trionfo e i romani non erano soddisfatti se non potevano accompagnare Verdi fino all’hotel alla luce delle torce. Più o meno le stesse scene di sei anni dopo: il 17 febbraio del 1859 Un ballo in maschera riservò al compositore ben venti chiamate alla ribalta, ma anche nelle serate successive vi fu sempre il tutto esaurito e la gente urlava a squarciagola un emblematico “Viva Verdi”, alludendo chiaramente alla causa dell’unificazione italiana sotto l’egida del Piemonte (Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia). Le continue inondazioni del Tevere imposero la demolizione del Teatro Apollo nel 1888, questo edificio non esiste più, ma può sicuramente vantarsi di aver scritto alcune tra le pagine più importanti ed emozionanti dell’opera ottocentesca.