Intervista a Rosa Feola
In occasione del suo debutto in Traviata, al Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, intervistiamo Rosa Feola soprano di fama internazionale.
Lei ha partecipato ad una delle ultime rappresentazioni alla Scala di Milano prima del lockdown (Il Turco in Italia) ed ha cantato nella simbolica riapertura dell’attività teatrale post Covid con il Rigoletto al Circo Massimo di Roma, cosa è cambiato nel mondo della lirica in questi mesi?
La riapertura delle attività post Covid di certo non è da paragonarsi ad una situazione “normale” di ripresa. Si è aggiunta una problematica non irrilevante, quella del distanziamento. Ed esprimersi liberamente con questi pensieri è un po’ complicato… tuttavia, la voglia di ritornare in teatro è così grande da farci trovare tante soluzioni alternative!
Con La Traviata al Teatro dell’Opera Giocosa di Savona debutterà nel ruolo di Violetta: ci racconti come sarà il suo personaggio.
Ho sempre pensato a questo personaggio come a una donna vittima di sfortuna. Ora però, con maggiore consapevolezza, rivedo Violetta come una donna …libera, sì, ma anche molto forte e cosciente che l’unica via da prendere, a prescindere dall’amore per Alfredo, sia quella di sacrificare la sua felicità perché la sua condizione la segnerà per sempre nonostante la sua redenzione a dio. “L’uomo implacabile per lei sarà” – e questo pensiero non la lascia mai dall’inizio alla fine dell’opera.
In questa produzione sarà affiancata da Sergio Vitale, suo compagno di vita, che qui interpreta Giorgio Germont, cosa significa lavorare con una persona con cui si ha un importante legame affettivo? Più in generale come si concilia la vita di un artista con il ménage familiare?
Io e Sergio condividiamo una passione che ci ha legato negli anni sempre di piu. Abbiamo imparato insieme a studiare lo spartito, i personaggi, ad affrontare le varie difficoltà sia vocali che interpretative. Lavorare insieme significa consolidare il nostro team!
Tema centrale di Traviata è, tra gli altri, il grande sacrificio d’amore di Violetta: crede che sia ancora possibile nella società in cui viviamo compiere simili gesti in nome di un sentimento?
La società sta cambiando senza dubbio, lo vedo nella generazione dopo la mia, mio fratello per esempio è più piccolo di me di 11 anni. I sentimenti si vivono in modo diverso ma questo non significa che siano meno intensi a parer mio.
In questa produzione, collabora con una grande professionista: Renata Scotto, in questo caso regista, ma anche grande interprete di Violetta, come l’ha aiutata a sviluppare il personaggio?
Premettendo che Renata Scotto, oltre ad essere la mia maestra, è sempre stata a prescindere la mia Diva del cuore, avere la fortuna di osservarla mentre interpreta il personaggio mi ha già aiutato a capire – anche nel silenzio – le intenzioni che lei sente. Intenzioni dettate da uno studio profondo della drammaturgia, dall’ascolto di quello che accade intorno, dalla storia che ci insegna come era il mondo all’epoca di Dumas.
Qual è il valore aggiunto che un cantante può dare alla regia d’opera?
Credere nelle azioni e nel testo che interpreta.
L’incontro con Renata Scotto avviene per la prima volta nel 2008, quando si perfezionò presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Quali sono stati, in quel momento, gli insegnamenti più formativi ricevuti?
Sono stati dieci anni di continua crescita, soprattutto perché gli insegnamenti vengono assimilati col tempo, e c’è bisogno di tanto tempo per sperimentare su se stessi il teatro. Mi ha insegnato a perseverare, e soprattutto che si canta per il pubblico e non per se stessi.
Altra sua collaborazione illustre è stata quella con il maestro Muti, avviata con il personaggio di Inez ne I due Figaro di Mercadante a Salisburgo, sino al recente concerto inaugurale del Ravenna Festival 2020/2021. Cosa ha appreso dal Maestro?
Col Maestro Muti ho ricominciato a studiare la musica daccapo, mi ha insegnato a leggere lo spartito con occhio critico. La mia fortuna è stata incontrarlo mentre studiavo già con Renata Scotto, due grandi musicisti con idee musicali molto simili.
A Ravenna avvenne anche il suo debutto in Rigoletto, con la regia di Cristina Mazzavillani Muti, un ruolo, quello di Gilda che abbiamo rivisto ora a Roma. Come è cambiata la sua Gilda in questi anni?
La Signora Mazzavillani mi ha portato fortuna ! Da quel Rigoletto magnifico, ne sono venuti molti altri e da lì la mia Gilda è sempre rimasta una giovane naïf con una forza interiore immensa, e una grande voglia di vivere in libertà. La stessa libertà che però la porta a decidere di “gettar” la sua vita.
In quali ruoli mai esperiti le piacerebbe debuttare?
Dopo Traviata , la Manon di Massenet o Juliette di Roméo e Juliette di Gounod!
Dove la potrà sentire il suo pubblico prossimamente?
A dicembre a Barcellona, per una produzione di Traviata, e Covid permettendo a Chicago a gennaio per Elisir d’amore, poi ancora a Vienna. Spero di ricantare presto in Italia, che purtroppo sta affrontando un momento molto delicato.
FOTO TODD ROSENBERG