Intervista a Matteo Lippi
Abbiamo il piacere di intervistare il tenore Matteo Lippi, in questi giorni in scena con Traviata al Teatro La Fenice di Venezia.
Dalla riapertura del Teatro la Fenice nel 2004 un appuntamento fisso è la Traviata firmata da Robert Carsen. Questa nuova produzione invece, in versione semi-scenica, verrà curata da Christophe Gayral e la vede protagonista nel ruolo di Alfredo. Può anticiparci qualcosa dello spettacolo?
Portiamo in scena una Traviata caratterizzata ovviamente dal distanziamento sociale, nonostante questo l’Opera non è stata stravolta o snaturata. Ritroveremo le caratteristiche peculiari dei personaggi che tanto amiamo in una veste moderna, elegante, certamente efficace.
Qui a Venezia, nel gennaio e febbraio 2019 ha preso parte alla produzione di Robert Carsen. Cosa significa ora tornare a cantare in questo teatro dopo il periodo del lock down? Come vive un cantante le limitazioni sceniche ed interpretative imposte dalle norme anti-Covid?
La Fenice è un po’ la mia seconda casa, qui ho iniziato a muovere i primi passi da professionista e ripartire proprio da questo palcoscenico significa moltissimo. Il distanziamento in scena ci ha creato non poche difficoltà soprattutto i primi giorni di prova; non solo non può esserci contatto fisico ma è necessario prestare attenzione anche agli oggetti di scena che non possono essere toccati e passati di mano se non con l’ausilio dei guanti. La sfida è stata molto stimolante, per poter trasmettere “a distanza” tutte le emozioni e le sfaccettature di una partitura così potente, abbiamo approfondito maggiormente le intenzioni e le relazioni tra i personaggi cercando così di sopperire ad una mancanza, quella del contatto fisico, molto pesante.
Verdi volle per Traviata un’ambientazione a lui contemporanea: oggi è ancora una storia moderna e universale?
Traviata racconta di un amore impossibile, un amore avvelenato dal pregiudizio, un amore che davanti all’inevitabile mostra tutto il suo eterno potere. Questa è solo una delle tematiche di un’Opera che in poco più di due ore porta in scena, oltre all’amore, morte, gioia, sofferenza, emozioni; sentimenti umani e universali, quindi sempre e per sempre attuali.
Alfredo generalmente è visto come un uomo innamorato, ma in qualche modo anche ingenuo, e vittima di un padre severo. Come vede e vive questo personaggio?
Alfredo è un giovane uomo innamorato, follemente innamorato. La sua non è ingenuità a mio avviso, certo è un ragazzo semplice ma è l’amore che lo rende completamente distaccato dalla realtà tanto da non accorgersi di ciò che gli succede intorno. Interpretare Alfredo mi fa ricordare il periodo dell’adolescenza, gli amori che non ti facevano dormire la notte e dietro ai quali perdevi la ragione.
Traviata, come molti melodrammi, ha due grandi protagonisti: soprano e tenore. La loro tanto conclamata rivalità è reale? Ha avuto esperienze conflittuali e difficili con alcune colleghe?
Io adoro lavorare in sintonia e cerco sempre di mediare il più possibile affinché si possa tutti fare squadra in barba agli inutili protagonismi. Devo dire che fino ad ora non mi sono mai ritrovato nella situazione di dovermi impegnare più di tanto perché questo avvenisse. Forse in passato c’era più rivalità, oggi mi sento di dire che tra i cantanti della mia generazione c’è più affiatamento.
Un ruolo da soprano che le piace particolarmente e che per assurdo vorrebbe interpretare?
Senza ombra di dubbio Tosca, un’Opera che adoro e che non vedo l’ora di cantare da Tenore ma che sognerei di cantare anche se fossi Soprano!
Nel suo presente, tra i ruoli maggiormente frequentati troviamo Alfredo e Rodolfo: due innamorati che per vari motivi non riescono a vivere serenamente il proprio amore. Quali sono le affinità e le differenze a livello interpretativo e tecnico/vocale tra i due personaggi e più in generale tra la scrittura verdiana e pucciniana?
Sono due personaggi profondamente diversi Rodolfo e Alfredo, il background culturale è molto distante tra i due ma l’amore assottiglia decisamente queste differenze. In entrambi questo sentimento finisce per tirare fuori il peggio, Alfredo accecato dalla gelosia, Rodolfo preso dalla vigliaccheria che lo fa fuggire dalle proprie responsabilità. Come dicevo, sono tematiche universali che vanno a smuovere nel profondo le nostre debolezze ma non solo, siamo stati e saremo tutti un po’ Alfredo e Rodolfo.
Puccini è sicuramente più affine al mio modo di “sentire” la musica, anche a livello tecnico devo dire che mi trovo sempre molto a mio agio. Con Verdi il discorso cambia nel senso che tecnicamente è molto più rigoroso e necessita, almeno per quanto mi riguarda, di maggiore approfondimento sia tecnico che drammaturgico.
Lei è nato a Genova, città ricca di arte e tradizione musicale, quanto ha influito nella sua passione per l’opera la sua città natale?
Genova, la mia Genova. Partiamo subito dal fatto che io sono totalmente e indissolubilmente innamorato della mia città. Fucina di talenti La Superba, solo nel mondo dell’Opera siamo già una bella squadra mi permetto di dire a partire dal mio caro amico Francesco Meli non solo concittadino ma addirittura Marassino (proveniente dal quartiere di Marassi) come me. Genova è una città particolare, a volte sembra non rendersi conto di quanto sia determinante nella formazione di così tanti artisti in così tanti ambiti culturali diversi.
Leggendo la sua biografia non può non risaltare lo studio con la compianta Mirella Freni: quale è l’insegnamento che ricorda con maggiore affetto di questa grande cantante?
Mirella Freni per me è stata davvero fondamentale. In un momento in cui ero vicino a mollare tutto, Mirella ha creduto in me dandomi la possibilità di lavorare quotidianamente alla costruzione di questa meravigliosa carriera attraverso una dedizione tecnica costante e appassionata che, di fatto, ha cambiato totalmente la mia vita. È stata una Maestra di vita, mi ha insegnato cosa vuol dire stare su un palcoscenico oltre all’aspetto tecnico, fondamentale ovviamente, ma che rappresenta solo una parte di questo mestiere. Il rispetto per i colleghi, il rispetto della partitura e l’importanza di ogni suono, di ogni sillaba.
Quali sono i prossimi ruoli che vorrebbe debuttare?
Dopo questa Traviata a Venezia andrò direttamente a Modena per un’altra nuova produzione di Traviata al Teatro Comunale Luciano Pavarotti. Subito dopo, a fine ottobre, debutterò Macbeth a Bergen in Norvegia e a fine anno ci sarà spazio anche per Bohème al Teatro Bolshoi di Mosca. Ovviamente, COVID permettendo.
FOTO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’ARTISTA