L’Heure espagnole & L’Enfant et les sortilèges – Grand Théâtre, Monte-Carlo
A Monte-Carlo si celebra un doppio anniversario.
Era il 21 marzo 1925, esattamente 100 anni fa, quando per la prima volta proprio nel monegasco Grand Théâtre andava in scena L’Enfant et les sortilèges, la fantaisie lyrique di Maurice Ravel basata su un soggetto della nota scrittrice Colette. Un anniversario che il teatro del principato ha giustamente celebrato unendo al breve capolavoro, come ormai è consuetudine fare, la comédie musicale L’Heure espagnole, rappresentata per la prima volta nel 1911. Ricordiamo anche come nel 2025 decorrano i 150 anni dalla nascita di questo grande genio della musica, un doppio anniversario tutto da celebrare. All’entrata in sala ci accoglie, sul sipario, una proiezione di una caricatura proprio di Ravel e Colette, intenti a lavorare sulla partitura: un modo per calarci nel mondo divertente e colorato dove prendono vita le avventure, quasi boccaccesche, dei protagonisti de L’Heure espagnole.

Il regista Jean-Louis Grinda e lo scenografo Rudy Sabounghi optano per una scena agile e graziosa, disegnata come un fumetto, all’interno della quale, i cinque protagonisti vivono le loro stravaganti avventure. La bottega di Torquemada è ornata da una moltitudine di orologi e pendole che paiono prendere vita nella nota ouverture tutta giocata sul loro ticchettio. Assicurano un colpo d’occhio sempre piacevole anche le ottime luci di Laurent Castaingt. Gradevoli e pertinenti i costumi pensati dallo stesso Sabounghi. Ma se in questa prima opera si opta per una regia un po’ più defilata, data anche la relativa semplicità della trama, è in L’Enfant et les sortilèges che il team creativo trova la sua realizzazione più compiuta. Ci troviamo nella camera da letto del piccolo protagonista dell’opera che ama creare scompiglio e ribellarsi alle regole materne, come sappiamo, però, gli oggetti a lui famigliari gli si rivoltano contro in una sorta di piccolo percorso iniziatico. Con grande sapienza e capacità teatrale il team registico gioca con i protagonisti della vicenda lasciandoci intendere che siano i servitori ad inscenare, per il piccolo monello, le tante apparizioni previste dal libretto. Tanti i momenti di teatro riusciti a partire da un duetto dei gatti, creato con le ombre, alle apparizioni, in splendidi costumi, di personaggi quali usignolo, pipistrello, raganelle ma anche tazze da the. Un vero caleidoscopio di figure colorate e fantasiose, scene a volte anche complesse da realizzare, risolte con originalità e un pizzico di magia teatrale. Riuscitissime risultano le coreografie di Eugénie Andrin, così come ottimo è, infine, il comparto luci che sottolinea al meglio ogni cambio di scena. Uno splendido dittico insomma, riuscitissimo sotto il punto di vista visivo, già andato in scena in questo teatro nel 2012 e che ricordiamo essere frutto di una coproduzione fra l’Opéra de Tours, l’Opéra Grand Avignon e l’Opéra Royal de Wallonie.
Partiamo dall’analisi musicale de L’Heure espagnole che trova nella lettura di Kazuki Yamada una interpretazione perfettamente riuscita. Ironia e brio si mescolano in sonorità scattanti ed ammiccanti che alimentano, con scoppiettante frenesia, questo racconto a tratti surreale, dove echi dello stile compositivo più classico si mescolano a soluzioni di ardita sperimentazione. Fondamentale è, in tal senso, l’apporto dell’Orchestre Philarmonique de Monte-Carlo, in particolare evidenza per la luminosità e la raffinatezza esecutive.

Eccellente, per affiatamento scenico e vocale, la compagnia di canto.
Gaëlle Arquez dona al personaggio di Concepción la sfrenata lussuria di una vocalità rigogliosa e ben proiettata che si unisce al fascino di una presenza scenica di ammaliante e disinibita sensualità.
Al suo fianco Florian Sempey, dalla linea di canto morbida ed avvolgente, un Ramiro impacciato ed ingenuo che, grazie alla procace padrona di casa, apprenderà ben presto i piaceri dell’amore sensuale.
In gara di bravura i due improbabili spasimanti di Concepción: l’affettato Gonzalve di Cyrille Dubois e il borioso Don Iñigo Gomez di Metthieu Lécroart. Il primo si contraddistingue per un canto di cristallina purezza e per un fraseggio di irresistibile ironia, il secondo, poi, per una emissione ampia e una presenza scenica volutamente sopra le righe.
Completa la locandina l’incisivo, quanto straniato, Torquemada di Vincent Ordonneau.
La seconda parte della serata è occupata, come già ricordato, dall’esecuzione de L’enfant et le sortilèges, un capolavoro di straordinaria raffinatezza, qui esaltato dalla onirica lettura di Kazuki Yamada. Dalla buca si leva un tappeto sonoro delicatissimo che invade il palcoscenico e lo avvolge come una coltre fatata e densa di poesia. Oltre alla pregevole duttilità della compagine strumentale monegasca, è d’uopo ricordare la intensità dei solisti del Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo e, soprattutto, la straordinaria bravura dei piccoli cantori del Choeur d’Enfants de l’Académie de Musique Rainier III, impareggiabili nel canto come sulla scena.
La compagnia di canto vede, nel ruolo del titolo, Gaëlle Arquez cui va il merito di tratteggiare, con grande credibilità vocale e scenica, l’evoluzione dell’enfant, dalla pestifera ribellione inziale e sino al commovente pentimento finale.
In Florie Valiquette, impegnata nel triplice ruolo di Le Feu, La Princesse e Le Rossignol, apprezziamo la facilità della regione più acuta, sciorinata con la giusta disinvoltura.
Ritroviamo, poi, Florian Sempey che conferma la sua bravura dapprima come L’Horloge comtoise, caratterizzato con sillabato perfetto, e, quindi, come Le Chat, irresistibile e sornione tanto sotto il profilo vocale quanto scenico.

Torna sulla scena anche Cyrille Dubois, autentico istrione nel dare vita, con eguale maestria, a La Théière, Le Petit Vieillard Arithmétique, La Rainette.
Notevole la prova di Matthieu Lécroart, la cui arte è messa sapientemente al servizio delle interpretazioni, rispettivamente, de Le Fauteuil e L’Arbre.
Ottime, per incisività vocale e carisma scenico, Floriane Hasler, impegnata nei ruoli di La Tasse Chinoise, La Libellule e Un Pâtre e Cécil Madelin, cui spetta il compito di vestire i panni di La Chatte e L’Écureuil.
Di rilievo, poi, le performance di Julie Nemer, puntuale ed efficace come La Bergère e La Chouette, e di Jennifer Courcier, sempre ben a fuoco, tanto come La Chauve-Souris, quanto come Une Pastourelle.
Completa la locandina La Mère dell’Enfant di Axelle Saint-Cirel, dalla fascinosa presenza scenica, oltre che dal brunito colore vocale.
Una bella serata di musica che si conclude, e non poteva essere altrimenti, tra le accoglienze festose del numerosissimo pubblico presente in sala.
Anche per quest’anno è giunto il momento di salutare la meravigliosa realtà teatrale monegasca, al termine di una stagione che ha saputo emozionarci e commuoverci nel nome della grande musica.
L’HEURE ESPAGNOLE
Comédie musicale in un atto
Libretto di Franc-Nohain
Musica di Maurice Ravel
Concepción Gaëlle Arquez
Gonzalve Cyrille Dubois
Torquemada Vincent Ordonneau
Ramiro Florian Sempey
Don Iñigo Gomez Matthieu Lécroart
Orchestra Philharmonique de Monte-Carlo
Direttore Kazuki Yamada
Regia Jean-Louis Grinda
Scene e costumi Rudy Sabounghi
Luci Laurent Castaingt
L’ENFANT ET LES SORTILÈGES
Fantaisie lyrique in due parti
Libretto di Colette
Musica di Maurice Ravel
L’Enfant Gaëlle Arquez
Sa Mère Axelle Saint-Cirel
La Bergère, La Chouette Julie Nemer
La Tasse Chinoise, La Libellule, Un Pâtre Floriane Hasler
Le Feu, La Princesse, Le Rossignol Florie Valiquette
L’Horloge Comtoise, Le Chat Florian Sempey
La Chauve-Souris, Une Pastourelle Jennifer Courcier
La Chatte, L’Écureuil Cécile Madelin
Le Fauteuil, L’Arbre Matthieu Lécroart
La Théière, Le Petit Vieillard Arithmétique, La Rainette Cyrille Dubois
Orchestra Philharmonique de Monte-Carlo
Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo
e Choeur d’Enfants de l’Académie de Musique Rainier III
Direttore Kazuki Yamada
Regia Jean-Louis Grinda
Scene e costumi Rudy Sabounghi
Luci Laurent Castaingt
Coreografia Eugénie Andrin
Video Jérôme Noguera & Micha Vanony
Foto: OMC – Marco Borrelli