Spettacoli

Norma – Firenze, Teatro del Maggio

Jessica Pratt è una Norma sacrale e umanissima, capace di trasfigurare le emozioni nella trasparenza del canto e allo stesso tempo di incarnare nella loro verità il dolore e le passioni di una donna nobile e ferita. Così, dopo un’assenza di quarantasette anni dalle scene del Teatro del Maggio, la Druidessa sbalzata da Vincenzo Bellini, ritorna finalmente a Firenze, dove il 30 novembre 1948 fu interpretata per la prima volta da una giovane Maria Callas, fortemente voluta dall’allora direttore artistico Francesco Siciliani. Anche la Pratt è al suo debutto nel ruolo, esibendo una vocalità morbida ed omogenea, dalla linea articolata e di salda estensione. Tant’è che per “Casta Diva” sceglie l’originale versione in Sol maggiore e non quella in Fa scritta da Bellini già in occasione della prima assoluta per meglio adattarla alla voce Giuditta Pasta. La cavatina ne esce smaltata e vibrante, tracciata da un canto straordinariamente legato e intessuta da una trama di accurate variazioni dinamiche, con vocalizzi pieni e levigati e una fermissima tenuta delle note. Il recitativo che la precede per suo conto viene reso con incisività e varietà d’accento, mentre la cabaletta ha un carattere drammatico e vigoroso, con sicuri e definiti passaggi d’agilità. Di “celeste austerità” ma non altera, è di notevole lirismo in “O rimembranza” ed è furiosa ma senza eccessi nel terzetto che chiude il primo atto. Altrettanto misurata nel delineare il conflitto dell’amante e il delirio della madre, con mezze voci e rapide transizioni dal forte al piano, esprime poi una composta disperazione nel secondo duetto con Adalgisa, con un incantevole e limpido sovrapporsi delle voci e con un’energica cabaletta realizzata in grande sintonia. Nelle scene del tempio il fraseggio si fa più scolpito, nell’alternanza dei gravi e con acuti proiettati con una forza maggiore, passaggi in cui la Sacerdotessa ci appare infatuata e veemente ma mai sopraffatta da un’efferata crudeltà. Rende infine in modi delicati e struggenti la supplica al padre e il congedo dal mondo insieme all’amato.

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Jessica Pratt e Maria Laura Iacobellis

Affianca Norma come secondo soprano Maria Laura Iacobellis nel ruolo di Adagisa, con una linea di canto alquanto modulata e un’intenzione espressiva spiccatamente drammatica. Fin da “Sgombra è la sacra selva” ha accenti marcati e un abile impiego delle durate e dei volumi, realizzando il duetto con Pollione in modi brillanti e appassionati. Nel primo confronto con Norma esprime la sua lacerazione con incisiva varietà e ancor più nel secondo atto alterna passaggi grintosi a liriche distensioni di estrema delicatezza.

Mert Süngü è un Pollione eroico e gagliardo, ma non altrettanto melodico e aggraziato. La sua cavatina riesce infatti poco ampia ed emozionante, con una linea discontinua e un’emissione diseguale, dove anche la potente cabaletta mostra forzature e fragilità. Più coinvolgente nel duetto con Adalgisa e ben integrato nel terzetto il suo stile energico e marcato. Nella parte conclusiva, fa però emergere con maggiore rilevo la drammaticità del personaggio grazie ad un fraseggio più espressivo e modulato.

Ha tratti oscuri e severi l’Oroveso di Riccardo Zanellato, dal canto scandito e rotondo. Particolarmente vigoroso nella sequenza da “Guerrieri! A voi venirne”, rende con pathos e naturalezza il contrasto tra l’inflessibilità del capo e la tenerezza del padre.

Da parte sua, Elizaveta Shuvalova, con una vocalità piena e brunita, delinea una Clotilde dall’espressione definita e accorata. Chiaro e di buon volume il Flavio di Hou Yaozhou.

Questo atteso ritorno è affidato alla direzione di Michele Spotti, la cui lettura pare improntata a differenziare marcatamente momenti drammatici ed espansioni liriche, i primi con tempi concitati, talora accelerati e nervosi, le seconde con dilatazioni, pause e leggeri rallentamenti. Emblematica in questo già la Sinfonia, che, dopo gli accordi iniziali, forti e definiti, prende velocemente l’avvio per distendersi significativamente nella seconda sezione e sfogare liberamente la cantabilità. In questo procedere elastico, nel pezzo iniziale come nel resto dell’opera, la narrazione si snoda comunque fluida e compatta e mostra l’intenzione di caratterizzare puntualmente l’azione scenica con sottolineature strumentali. Il suono dell’Orchestra si mantiene del resto sempre in buon equilibrio con le voci, voluminoso e notevolmente diversificato nella dinamica. Saldo il collegamento con il Coro del Maggio che, diretto con rigore da Lorenzo Fratini, spicca al primo atto per la modulazione dell’intensità, travolge in “Guerra, guerra! le galliche selve” ed è di forte impatto drammatico nelle frasi in dialogo con Norma.

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Jessica Pratt e Mert Süngü

Il nuovo allestimento di Andrea De Rosa crea uno scenario di guerra sostanzialmente contemporaneo, che convive però con aspetti antichi e fantastici, evidenziati soprattutto dai costumi di Gianluca Sbicca e che ci raccontano che la brutalità degli oppressori è di ogni tempo. Durante le scene corali, immerse in atmosfere notturne dalle luci di Pasquale Mari e costruite con geometrica simmetria da Daniele Spanò, l’azione ha come centro un’ampia vasca circolare, che è il pozzo con la risorsa scarsa dell’acqua come il luogo della trascendenza, lo specchio del cielo e la fonte della vita, a cui non a caso gli invasori impediscono l’accesso. I quadri della selva e del tempio riescono dunque suggestivi e liturgici, realizzati con movimenti ordinati ma non sempre fluidi e in una trama di gesti non immediatamente comprensibili o di modesta presa emotiva, come le code di capelli e il gioco delle catene. Le scene domestiche si svolgono invece in un bunker che emerge sul palco dividendo la scena, corrispettivo visivo della vita segreta che affiora e di quella scissione che, in modi diversi, contraddistingue i tre personaggi principali. Un garage sotterraneo illuminato da neon dove tuttavia si indebolisce il carattere oscuro e misterioso dell’opera e che finirà per occupare quasi interamente la scena conclusiva, mostrandoci i due bambini ormai rimasti orfani e offuscando Norma e Pollione con il loro amore ritrovato che si proietta oltre la morte. Cruda verità della storia, ma manca qualcosa al melodramma.

Un vero trionfo per Jessica Pratt e grande entusiasmo per la Iacobellis e Spotti. Fragorosi consensi per tutti gli interpreti e per l’intero spettacolo.

NORMA

Tragedia lirica in due atti di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini

Maestro concertatore e direttore Michele Spotti

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Regia Andrea De Rosa

Scene Daniele Spanò
Costumi Gianluca Sbicca
Luci Pasquale Mari

Assistente movimenti coreografici Gloria Dorliguzzo
Assistente regista Luca Baracchini
Assistente scenografo Laura Pigazzini
Assistente costumista Marta Solari
Assistente light designer Gianni Bertoli

Norma Jessica Pratt
Adalgisa Maria Laura Iacobellis
Pollione Mert Süngü
Oroveso Riccardo Zanellato
Clotilde Elizaveta Shuvalova
Flavio Hou Yaozhou

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino