Spettacoli

Falstaff ossia Le tre burle – Teatro Filarmonico, Verona

Al Teatro Filarmonico di Verona torna Falstaff di Antonio Salieri

Duecento anni sono trascorsi dalla morte di Antonio Salieri, uno dei più illustri ed influenti musicisti della corte viennese di Giuseppe II d’Asburgo. Ma, parallelamente, sono trascorsi anche cinquant’anni dalla riapertura del Teatro Filarmonico di Verona dopo i gravi danni della seconda guerra mondiale. Una doppia occasione, questa, che ha portato alla felicissima scelta di rappresentare, all’interno del ricco programma del “Festival Mozart a Verona”, la stessa opera che inaugurò nel 1975 il teatro veronese: Falstaff ossia Le tre burle. Il lavoro di Antonio Salieri del 1799 viene scelto, per rendere omaggio al musicista, nato nella vicina Legnago, e anche per offrire uno spunto di riflessione e sfatare,  ancora una volta, un mito moderno. All’interno della rassegna mozartiana ,si è scelto infatti di proiettare anche il film Amadeus del 1984 di Miloš Forman, che, basato a sua volta su un lavoro teatrale di Peter Shaffer, raccontava la rivalità fra Mozart e Salieri. Un falso mito, esistito di fatto solo nella letteratura, e iniziato probabilmente dalle Piccole tragedie di Puškin del 1830 che mettevano in scena questa presunta rivalità. 

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Giulio Mastrototaro, Gilda Fiume e Laura Verrecchia

Dato che il contrasto non è mai esistito, e anzi ci sono lettere che testimoniano rapporti cordiali fra i due, possiamo tornare, con buona pace del salisburghese, ad occuparci del Falstaff di Salieri che va in scena in una nuova edizione critica curata da Elena Biggi Parodi ed edita da Casa Ricordi. Ricordiamo inoltre a chi ci legge che in questi giorni è possibile assistere alla Scala al più famoso Falstaff musicato da Giuseppe Verdi (qui la nostra recensione) per cogliere differenze ed affinità fra le due incarnazioni musicali di questo personaggio letterario. L’opera di Salieri, raramente rappresentata, ci propone una trama molto vicina al The Merry Wives of Windsor di William Shakespeare, con una atmosfera più scanzonata e divertente rispetto al più complesso e cupo lavoro verdiano.

E proprio partendo dall’idea di gioco e divertimento il regista Paolo Valerio decide di spostare l’ambientazione nella Venezia Rococò, in una trasfigurazione dal sapore pop della città a tinte accese anche nei bei costumi pensati dallo stesso Valerio. La scena è costruita grazie a pochi elementi e retta dalle allegre proiezioni di Ezio Antonelli, che ci portano all’interno di palazzi signorili e a zonzo per le calli. A volte calano sul sipario altalene che, grazie anche alle proiezioni, ci riportano alla mente il capolavoro omonimo dipinto da Jean-Honoré Nicolas Fragonard nel 1767. Ottime le luci di Claudio Schmid. Un comparto visivo snello ma che sa essere efficace e funzionale e che esprime il suo meglio nel concitato sabba finale, ricco di comparse e azione scenica ben ideata dalla brava Daniela Schiavone

Lo spettacolo si avvale di un’ottima esecuzione musicale.
Merito, in primis, della bacchetta di Francesco Ommassini che, con cura scrupolosa e rigore stilistico, scandaglia la partitura offrendone una lettura brillante e briosa, tutta giocata su dinamiche vaporose e sonorità leggiadre. Una concertazione ben riuscita grazie anche al valido contributo della Orchestra della Fondazione Arena di Verona, capace di ricercare e restituire un suono permeato da tinte pastello. Una menzione d’onore va riconosciuta, poi, all’estro esecutivo di Federico Brunello, maestro al fortepiano, che accompagna ottimamente i numerosi recitativi presenti regalando, tra l’altro, una divertente citazione dalle mozartiane Nozze di Figaro. Equilibrato e ben gestito il rapporto tra buca e palco, dove si esibisce una compagnia di livello.

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Marco Ciaponi

Nel ruolo del titolo giganteggia Giulio Matrototaro che si impone per una vocalità ampia e dal caratteristico colore chiaro. La linea è complessivamente ben organizzata e suona omogenea in tutti i registri, brillando nella rotondità dei centri come nella proiezione della regione superiore. Notevolissimo è, poi, l’interprete, istrione sulla scena e graffiante nel fraseggio. Davvero un’ottima prova salutata da un meritato successo personale al termine.

Al suo fianco, Gilda Fiume è una splendida Mrs. Ford. Il soprano esibisce uno strumento prezioso e di grande musicalità, in grado di assolvere alle richieste dello spartito con pregevole morbidezza. Per il suo personaggio, l’autore prevede una unica aria, per di più in tedesco, che l’artista, in virtù della solidità e della facile proiezione del registro acuto, supera brillantemente. La freschezza del fraseggio e la divertita ironia delle movenze concorrono a rendere superlativa la prova della cantante.

In evidenza anche Marco Ciaponi nei panni di Mr. Ford, per il quale Salieri scrive, con ogni probabilità, alcune tra le pagine più significative dell’intera partitura. Il tenore, grazie alla duttilità di una vocalità piacevolmente timbrata, trova in questo repertorio il proprio terreno d’elezione. Prova ne sono, la compostezza del fraseggio musicale, la morbidezza del canto sul fiato e la disinvoltura con cui vengono risolte le colorature. Da sottolineare, inoltre, la luminosità del registro acuto, in particolare evidenza nella puntatura conclusiva che chiude l’aria di secondo atto.

Significativa anche la prova dell’altra comare di Windsor, ovvero la Mrs. Slender di Laura Verrecchia, dal timbro setoso e vellutato. Il mezzosoprano supera brillantemente ogni richiesta della scrittura, raggiungendo il proprio apice nell’aria “Vendetta, sì, vendetta!”, affrontata con un registro acuto poderoso, e scolpita con accento energico. Spassosissima l’interprete, in evidente intesa con gli altri componenti del cast.

Molto bravo anche il di lei consorte, ovvero il Mr. Slender di Michele Patti, perfettamente calato nella parte grazie alla incisività dell’accento e coadiuvato dalla statuaria presenza scenica. Una prova riuscita a tutto tondo grazie, anche, alla incisività di un canto morbido e sempre ben assestato.

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Gilda Fiume e Laura Verrecchia

Deliziosa la Betty di Eleonora Bellocci, dalla linea melodiosa e piacevolmente timbrata. Un plauso anche all’interprete che sa essere maliziosa e peperina al punto giusto.

A completare il cast è il Bardolf di Romano Dal Zovo, dalla vocalità sonora e granitica. Una prova che convince grazie, tra l’altro, alla divertita comicità con cui viene sbalzato il personaggio.

Di sicuro valore, pur se limitato a pochi interventi, l’apporto del Coro della Fondazione Arena di Verona, magistralmente guidato da Roberto Gabbiani.

La proposta di questa “gemma” del catalogo di Salieri ha attirato nella città di Giulietta un pubblico numeroso che, dopo aver seguito con attenzione lo spettacolo, si scioglie al termine in calorosi consensi per tutti gli artefici della parte musicale e visiva. Una apertura di stagione coraggiosa che, grazie anche alla fortuita possibilità di assistere all’”altro” Falstaff nella vicina città meneghina, si è rivelata vincente e di buon auspicio per i prossimi interessanti appuntamenti operistici in cartellone.
 
 
FALSTAFF, OSSIA LE TRE BURLE
Dramma giocoso in due atti
Musica di Antonio Salieri
Libretto di Carlo Prospero
 
Sir John Falstaff Giulio Mastrototaro
Mrs Ford Gilda Fiume
Mr Ford Marco Ciaponi
Mrs Slender Laura Verrecchia
Mr Slender Michele Patti
Bardolf Romano Dal Zovo
Betty Eleonora Bellocci

Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ommassini
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Maestro al fortepiano Federico Brunello
Regia e costumi Paolo Valerio
Scene e project design Ezio Antonelli
Luci Claudio Schmid
Responsabile movimenti mimici Daniela Schiavone
 

Foto: EnneviFoto