Madama Butterfly – Firenze, Teatro del Maggio
In maniera del tutto analoga alla Tosca dello scorso Festival, la Madama Butterfly in scena al Teatro del Maggio si attesta come una preziosa occasione per penetrare nelle pieghe dell’arte di Giacomo Puccini, approfondirne i risvolti e apprezzarne la bellezza. Il merito di ciò va iscritto principalmente alla direzione di Daniele Gatti, che dispiega in trasparenza la drammaturgia intrinseca della partitura e plasma il suono dell’Orchestra del Maggio in strutture multiformi e policrome. La lettura è minuziosa, analitica, sottolinea ogni passaggio e ce ne svela la valenza teatrale. La narrazione è unitaria, compatta, ogni scena, con le sue accelerazioni e suoi rallentamenti, si concatena saldamente alla successiva, mentre ogni sonorità viene nitidamente scomposta, con evidenza dei fiati o degli archi, degli ottoni o delle percussioni, creando così un tappetto continuo, screziato e sempre in fermento.
Se l’attacco è vivace, quasi nervoso, l’intero primo atto si snoda in volumi levigati e rarefatti, soprattutto nel matrimonio e durante il duetto, dove tuttavia la perfezione formale non eguaglia l’intensità dell’emozione. Dal secondo atto la lettura si fa più scavata, nell’alternanza di forza e lirismo, con volumi turgidi e vibranti, note lungamente tenute e rallentamenti, in una crescente drammaticità dove il flusso sonoro diviene sempre più avvolgente. Magnifica la varietà dei colori e delle dinamiche dal coro a bocca chiusa fino all’inizio del terzo atto, che poi si conclude con battute scolpite e solenni.
In qualche occasione l’Orchestra copre un poco gli interpreti, con i quali tuttavia il collegamento appare saldo. Simbiotico il rapporto con il Coro, con interventi ora delicatissimi ora aggressivi e taglienti, in ogni frangente calibrati con cura dalla guida di Lorenzo Fratini.
In grande sintonia con la lettura di Gatti è Carolina López Moreno, che delinea una Cio Cio San eterea e misurata al primo atto per stagliarsi nel seguito con sempre maggiore spessore drammatico, da figura diafana e celestiale a donna di carne e di sangue, che vediamo moderna e sentiamo vicina nel manifestare il dolore. L’emissione è morbida e omogenea, di non amplissima estensione e talora con qualche forzatura in acuto; il canto è legato e ben modulato, con una sicura e prolungata tenuta delle note. Di grande controllo e contenuta passionalità al primo atto, interpreta “Un bel dì vedremo” in un’ottima varietà di fraseggio e nei dialoghi che seguono colpisce per l’intensità e per l’energia, con tratti esaltati molto contemporanei. Nel finale l’espressione si fa più incisiva, con accenti marcati e slanci definiti, lacerante in modi un po’ enfatici ma comunque convincenti e realistici.
Ha un’ampia ed elegante linea melodica il Pinkerton di Piero Pretti, con un “Dovunque al mondo” smaltata e vibrante. Di omogenea chiarezza vocale e di ben organizzata varietà espressiva, delinea un personaggio solare e passionale, con modi da irruento spaccone ma anche da uomo sensibile e innamorato. E’ infine alquanto drammatico in “Addio fiorito asil”, resa in una forma tersa e coinvolgente. Dopo il Cavaradossi dell’ultima Tosca, Pretti ci regala dunque un’altra prova di notevole pregio.
Marvic Monreal è una Suzuki per lo più tenera e garbata, dalla voce piena e robusta e un’attitudine quasi bambinesca. La drammaticità del personaggio esplode al terzo atto, dove il canto, divenuto più incisivo e coinvolgente, esprime un dolore allucinanto e intenso.
Con una dizione scolpita e un articolato fraseggio Nicola Alaimo crea uno Sharpless di singolare originalità. Il suo è un console bonario e disincantato, ironico e premuroso, ma che sa sbalzare al contempo momenti di potente tragicità, come nel dialogo con Cio Cio San e nelle scene conclusive.
Ha un’espressione assai curata il Goro di Oronzo D’Urso, con una proiezione diretta e uno stile brillante, pur con qualche oscillazione di volume.
Scandito ed elegante lo Yamadori di Min Kim, con una linea flessuosa e una gestualità signorile.
Energico e articolato, anche se non tonante, lo Zio Bonzo di Bozhidar Bozhkilov. Definita e accorata la Kate di Elizaveta Shuvalova, luminoso il Commissario Imperiale di Davide Sodini e vivaci tutti gli altri comprimari.
Da parte sua, la regia di Lorenzo Mariani ci pare in grande accordo con le sonorità rarefatte create da Gatti e dall’Orchestra. Infatti, soprattutto al primo atto, la scena è sospesa ed evanescente, priva di ogni arredo e delimitata soltanto da veli bianchi, così come la casetta dei novecentonovantanove anni. Di grande suggestione l’entrata di Butterfly, che scende dall’alto su di una piattaforma anch’essa avvolta da teli trasparenti, ad evocare il volo della farfalla che viene a posarsi sulla terra. Il secondo atto acquista maggiore matericità, con il pavimento in pendenza dove tutto è sul punto di scivolare, mentre al terzo atto a dare l’idea dell’irreparabilità sarà proprio quel piano inclinato che si squarcia. Un impianto scenografico, realizzato da Alessandro Camera, che è quindi di assoluta essenzialità, con qualche dispersione del suono ma dove l’introduzione di ogni elemento produce l’incanto, come l’arrivo degli invitati o i ciliegi fioriti. Fondamentali nel differenziare gli ambienti e gli stati d’animo le magnifiche luci di Marco Filibeck, assai variate e con effetti di ombre in trasparenza. Originali e raffinati i costumi di Silvia Aymonino, che raffigurano un Giappone stilizzato e che ci appare occidentalizzato anche nel taglio dei kimoni. Colpisce che nel finale Kate e Cio Cio San indossino un identico abito nero americano e ancor più d’impatto in chiusura la caduta dei drappi, come se a squarciarsi fosse il velo di Maya, mentre la scena resta nuda e abbagliata, a mostrare l’“arido vero”.
Grande entusiasmo per la López Moreno, vistosamente commossa. Molto applauditi Pretti, Alaimo e la Monreal. Fragorosi consensi anche per Gatti e Mariani.
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in tre atti (da John L. Long e David Belasco)
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
Maestro concertatore e direttore DANIELE GATTI
Regia LORENZO MARIANI
Scene Alessandro Camera
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
Madama Butterfly (Cio-Cio-San) Carolina López Moreno
Suzuki Marvic Monreal
Kate Pinkerton Elizaveta Shuvalova
F. B. Pinkerton Piero Pretti
Sharpless Nicola Alaimo
Goro Oronzo D’Urso
Il principe Yamadori Min Kim
Lo zio Bonzo Bozhidar Bozhkilov
Yakusidé Giovanni Mazzei
Il Commissario imperiale Davide Sodini
L’Ufficiale del registro Egidio Massimo Naccarato
La madre di Cio-Cio-San Nadia Pirazzini
La zia Thalida Marina Fogarasi
La cugina Paola Leggeri
ORCHESTRA E CORO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino