Mosè in Egitto – Modena, Teatro Comunale
Il teatro Comunale Pavarotti Freni inaugura la stagione lirica 2024-2025 con Mosè in Egitto di Gioacchino Rossini, proposto nella versione del 1819 la cui ultima rappresentazione a Modena risale al 1833, prima della costruzione dell’odierno teatro. L’opera che debuttò a Napoli nel 1818, fu immediatamente revisionata l’anno successivo per poi divenire Moïse et Pharaon dell’edizione francese, che, in seguito ritradotta, divenne uno dei pochi titoli rossiniani che continuò a circolare nel corso dell’Ottocento. Composto per la stagione di Quaresima, il Mosè in Egitto ci si presenta in una forma ibrida tra l’oratorio e il melodramma, tant’è che il libretto di Andrea Leone Trottola la definisce “Azione tragico-sacra”. La trama epica, fedele al testo biblico, si arricchisce infatti dell’elemento romanzesco, con l’amore impossibile tra l’ebrea Elcia e il figlio del Faraone, consentendo così di inserire arie e duetti d’amore. L’opera mantiene tuttavia un carattere eminentemente corale, dove a prevalere sono i pezzi d’insieme, che in questa edizione vengono realizzati con forza e precisione dalla direzione di Giovanni Di Stefano. Tanto i cori quanto i concertati creano momenti unitari e suggestivi grazie agli interventi compatti e consistenti del Coro Lirico di Modena, puntualmente coordinato da Giovanni Farina. Di particolare spessore drammatico l’attacco con “Ah, chi ne aita?” e il quintetto che chiude la prima scena, incantevole il “Mi manca la voce”, reso in una forma trasparente e sospesa, e tracciato nell’ampiezza di una sublime preghiera “Dal tuo stellato soglio”. In alcuni passaggi i tempi risultano tuttavia eccessivamente dilatati e la tensione narrativa si allenta. Il suono dell’Orchestra Filarmonica Italiana è inoltre talora incrinato dalla fragilità degli ottoni e riescono in genere poco d’effetto le variazioni dinamiche. Buona invece la sintonia con gli interpreti, che si dimostrano a loro volta decisamente affiatati nel corso dei numerosi duetti e nei concertati.
Michele Pertusi è un Mosè autorevole e carismatico, talora magnetico, con una dizione scandita e un articolato fraseggio. Si impone fin dal suo apparire con solenni declamati che ben si addicono al ruolo del profeta e sbalza i cantabili in forme rotonde e incisive, pur con qualche imprecisione e fatica.
Suo antagonista è il Faraone, delineato da Andrea Pellegrini con forza e con cura. L’espressione è scolpita e marcata e la sua aria è resa con precisione e drammaticità, nonostante alcuni slittamenti.
Spicca per nitidezza e passionalità l’Osiride di Dave Monaco, con una linea melodica elegante e di ampio respiro. La vocalità estesa e leggera lo rende particolarmente brillante nelle agilità e nelle parti più liriche, ma al contempo anche i passaggi drammatici vengono plasmati con notevole vigore.
Ha un canto nobile e sofferente l’Elcia di Aida Pascu, salda nei centri, ma con qualche acuto fuori controllo. Resi con intensità i duetti con Osiride e Amenofi, dove i vocalizzi riescono consistenti e definiti.
Accorata e di buona estensione l’Amaltea di Mariam Battistelli. Molto irruenta la sua grande aria con coro, dove l’impeto tuttavia prevale sulla levigatezza.
Fresco e luminoso l’Aronne di Matteo Mezzaro, anche se con alcune difficoltà nell’intonazione. Poco voluminoso ma chiaro e ben impostato Andrea Galli nella parte di Mambre e omogenea e drammatica Angela Schisano come Amenofi.
La partitura di questa composizione, che appunto oscilla tra opera e sacra cantata, trova il proprio corrispettivo visivo nella regia di Pier Francesco Maestrini, con una rappresentazione ispirata all’eloquenza grandiosa del racconto biblico ma anche al realismo ottocentesco impregnato di storia e di natura. Così, incorniciati dai versetti dell’Esodo, di cui libretto ricalca la scansione degli episodi, i diversi quadri riproducono la valle del Nilo con le sue città e i suoi paesaggi, inserendo romanticamente anche grotte e ambienti rupestri e non tralasciando di ricreare la pioggia di fuoco o la divisione delle acque: il tutto realizzato dagli accurati video di Nicolàs Boni che danno respiro e profondità ad ogni scena. Ben organizzati i movimenti delle masse sul palco e suggestivi i repentini cambi di illuminazione ad opera di Bruno Ciulli, con virate da tinte calde a tinte fredde, a descrivere efficacemente il mutamento degli affetti. Alla ricostruzione di tali ambenti, il cui carattere è tanto storico quanto mitologico, contribuiscono significativamente i costumi di Stefania Scaraggi, con quelli degli Egiziani che si distinguono per ricchezza ed eleganza.
Accolto con calore l’intero spettacolo, con forti applausi soprattutto a Pertusi, Monaco e alla Battistelli. Grandi consensi anche per le scelte registiche.
Il pubblico conferma dunque che un titolo insolito è un bel modo per iniziare la nuova stagione.
Andrea Poli
Piacenza 25 ottobre2024
OperaLibera è tornata a Piacenza per assistere alla spettacolo nella seconda “tappa” del suo tour nei teatri emiliani. Visivamente, questo allestimento del regista Pier Francesco Maestrini, attinge “più dal fantastico che dallo storico”, come dichiarato nel libretto di sala. Ecco quindi comparire scene che ci portano alla mente l’opera dei pittori orientalisti con il loro mondo fantastico ed idealizzato, proiezioni, a cura Nicolás Boni, che ricordano i quadri di Jean-Léon Gérôme e Léon Cogniet. Per gli eventi soprannaturali, descritti nell’Esodo, invece l’ispirazione sembra provenire dalla filmografia holliwoodiana ed in particolare da un film classico quale The Ten Commandments, lungometraggio del 1956, diretto da Cecil B. DeMille. Il comparto luci, di Bruno Ciulli, asseconda bene gli importanti video, vero perno di questo allestimento. Riusciti e piacevoli da vedere i costumi di Stefania Scaraggi dal sapore hollywoodiano.
Sul podio della Orchestra Filarmonica Italiana, Giovanni Di Stefano legge la partitura rossiniana come un grande e maestoso affresco storico. Un racconto pervaso da vibrante tensione, tutto giocato sui contrasti tra la solennità delle scene corali e il dolente lirismo dei momenti solistici. Pregevole l’apporto della compagine orchestrale che, in buona armonia con il gesto direttoriale, restituisce sonorità incisive, che si innestano su di un tessuto narrativo dai tempi piuttosto brillanti. Notevole è, poi, il contributo del Coro Lirico di Modena, egregiamente guidato da Giovanni Farina. Da ricordare, in particolare, l’esecuzione della celebre pagina “Dal tuo stellato soglio”, resa ancor più intensa ed emozionante dalla levigatezza e dalla compattezza del canto corale.
Nel cast, l’attenzione era tutta per il debutto, nel ruolo del titolo, di Michele Pertusi che, proprio quest’anno, festeggia i quarant’anni di carriera. Il basso parmigiano aveva già avuto modo di interpretare il ruolo di Mosè nella versione parigina dell’opera, quella del 1827, ma mai nella edizione napoletana del 1818. Da rossiniano doc quale è, Pertusi domina la tessitura con sicurezza e padronanza stilistica. La frase musicale viene cesellata con naturale ed indiscutibile espressività, così come sempre carismatica e teatrale è la presenza scenica.
Note positive anche per il Faraone di Andrea Pellegrini, in possesso di una vocalità dal colore piacevolmente brunito. Curata e rifinita l’emissione, coinvolgente e partecipato il gesto scenico.
Dave Monaco, nel ruolo di Osiride, si ritaglia un buon, quanto meritato, successo personale. Il giovane tenore sfoggia una linea ricca di armonici e tecnicamente ben controllata. L’emissione, omogenea e compatta, si fa apprezzare per la morbidezza dei centri e lo squillo del registro superiore. Coinvolto e coinvolgente l’accento, caratterizzato con la giusta intenzione stilistica.
Aida Pascu, Elcia, è in possesso di un mezzo di buon volume e dal caratteristico colore screziato. Una prova, la sua, che vede tra i propri punti di forza la rotondità del registro centrale e la naturale espressività dei momenti pervasi da maggiore patetismo.
Volitiva ed autoritaria la Amaltea di Mariam Battistelli, la cui vocalità si impone per la freschezza e l’ampiezza dell’emissione. Ben caratterizzata la sua grande scena di secondo atto, specie per la morbidezza del cantabile. Elegante e di indubbio fascino la presenza scenica.
Matteo Mezzaro, nel ruolo di Aronne, unisce alla naturale proiezione di una linea ampia e rifinita, le sfumature di un accento incisivo e pertinente.
Angela Shisano, nel ruolo di Amenofi, si fa notare per la sonorità di uno strumento corposo e dal suggestivo colore serotino.
Puntuale ed efficace il contributo di Andrea Galli, cui spetta il compito di vestire i panni dell’infido Mambre.
Il pubblico in sala, accorso numeroso per questa interessante proposta rossiniana, accompagna l’esecuzione con tiepidi applausi per riservare, poi, accoglienze calorose al termine per tutta la compagnia e, in particolare, per Pertusi, Monaco e Battistelli.
Marco Faverzani | Giorgio Panigati
MOSÈ IN EGITTO
Azione tragico-sacra in tre atti
Libretto di Andrea Leone Tottola
Versione Napoli 1819, Ricordi
Musica di Gioachino Rossini
Mosè Michele Pertusi
Osiride Dave Monaco
Faraone Andrea Pellegrini
Elcia Aida Pascu
Amaltea Mariam Battistelli
Amenofi Angela Schisano
Aronne Matteo Mezzaro
Mambre Andrea Galli
Direttore Giovanni Di Stefano
Regia Pier Francesco Maestrini
Scene e video Nicolás Boni
Realizzate presso il Laboratorio di scenografia del Teatro Comunale di Modena
Costumi Stefania Scaraggi
Assistente ai costumi Paolo Vitale
Luci Bruno Ciulli
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro Lirico di Modena
Maestro del Coro Giovanni Farina
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
NUOVO ALLESTIMENTO
Foto: Teatro Comunale di 2024 Modena©RolandoPaoloGuerzoni