Don Pasquale – Firenze, Teatro del Maggio
Come ultimo titolo operistico prima del Festival e nei giorni della nomina di Carlo Fuortes come nuovo sovrintendente, il Teatro del Maggio mette in scena un’incantevole edizione di Don Pasquale di Gaetano Donizetti, riproponendo un felice allestimento di Jonathan Miller a cui la direzione di Daniele Gatti conferisce novità e brillantezza.
La lettura del Maestro è minuziosa e costantemente protesa a restituirci con precisione ogni dettaglio, secondo quella modalità analitica che contraddistingue il suo stile e che abbiamo visto realizzata nelle produzioni di Don Carlo e di Falstaff dello scorso anno. Cimentandosi ora con Donizetti, Gatti esalta la straordinaria inventiva melodica della partitura, definendo con rigore ogni tema e modellandolo in una forma piena e smaltata. Il suono dell’Orchestra del Maggio viene scomposto e riaggregato in un flusso levigato e vibrante, le dinamiche sono serrate ma con ampie pause liriche, mentre ogni parte viene raccordata saldamente all’insieme. E se da una parte si asseconda appropriatamente la vena belcantistica, dall’altra viene messa in evidenza la modernità di questo capolavoro, facendo risaltare l’unità di arie e recitativi e sottolineando tutti quegli interventi strumentali che accompagnano i gesti sul palco e che tracciano la drammaturgia dell’opera.
Al carattere garbato e brillante di questa produzione contribuisce, insieme alla direzione e ben integrato con essa, un cast vocale vivace ed affiatato.
Marco Filippo Romano è un Don Pasquale dalla dizione chiara e scandita e dal fraseggio vario ed articolato. Dimostra notevole precisione ed agilità nei veloci passaggi a scioglilingua ed è assai incisivo negli scambi, con accenti marcati e dovizia di sfumature. Anche se di moderato volume, rende con ampiezza i momenti di arioso e, pur risultando perlopiù comico e irruento, sa rendere con intensità i risvolti malinconici e talora disperati del personaggio.
Unisce una grazia leggiadra con una pungente ironia la Norina di Sara Blanch che esibisce un canto agile e morbido con vocalizzi definiti e una linea elegante. Rende con estremo fascino la cavatina “Quel guardo il cavaliere” ed è poi spumeggiante nel duetto con Malatesta ed assai divertente come finta “semplicetta”. Questa Norina è risoluta ma non crudele, tant’è che descrive con garbo il turbamento e la pietà nella scena che segue allo schiaffo. Nel duetto al terzo atto effonde poi con delicatezza il suo sentire di innamorata ed attacca con piglio brillante il rondò che chiude l’opera.
Il giovane Ernesto è interpretato da Yijie Shi che esibisce una vocalità compatta ed estesa, dal timbro prezioso e di notevole potenza. Rende con intenso lirismo e impeccabile intonazione l’aria “Cercherò lontana terra” e delinea la serenata con ampie arcate melodiche ed acuti omogenei proiettati con forza, anche se con un avvio leggermente fuori tempo. Oltre agli aspetti passionali e talora quasi drammatici, Shi caratterizza efficacemente anche i momenti scherzosi, con uno stile fresco e leggero.
Markus Werba è un Dottor Malatesta di solare vivacità, con voce piena e rotonda ed un fraseggio trasparente e assai modulato. E’ scoppiettante nel duetto con Norina e rende i dialoghi con Don Pasquale in una copiosa varietà d’espressioni, mantenendosi sempre misurato ed elegante.
Oronzo D’Urso caratterizza efficacemente l’ingenuità del notaro Carlotto con un canto morbido e scandito.
Compatto e articolato con precisione ogni intervento del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini. Particolarmente riuscito il coro al centro del secondo atto ”Che interminabile andirivieni”, realizzato in una modalità scintillante e in una grande ricchezza di modulazioni.
La ripresa di Stefania Grazioli dell’allestimento di Miller conferma lo spettacolo nella sua vivacità e raffinatezza. La dimora di Don Pasquale, che si apre e ci si mostra come fosse una casa di bambole su tre piani, ci consente di assistere contemporaneamente a più scene, creando uno spaccato di vita inglese tra sette e ottocento di grande dinamismo e serenità. I movimenti sono quindi simultanei e ben studiati e le luci di Jvan Morandi, realizzate da Emanuel Agliati, rendono l’ambiente perlopiù caldo e confortevole, anche se velato di malinconia preromantica in episodi come le arie di Ernesto, la sequenza dello schiaffo e il notturno in giardino.
Donizetti pretese che i personaggi indossassero abiti del 1843, e non settecenteschi come si usava all’epoca per l’opera buffa. Con questa indicazione il compositore intendeva sottolineare – cosa a quel tempo non comune -l’attualità della vicenda ed indurre nel pubblico parigino, oltre ad un’immancabile ironica distanza, un diretto rispecchiamento con quanto rappresentato. Qui le scene e i costumi di Isabella Bywater ci trasportano alla fine del XVIII secolo, in un mondo tra vecchio e nuovo, dove si mescolano fogge ancien regime e stile impero. La perfetta verosimiglianza della rappresentazione è incrinata tuttavia da alcune simpatiche incongruenze, come le enormi forbici di Ernesto e la grande chiave della casa, particolari che riferiscono l’affettuoso storico quadretto ad un piano fantastico e simbolico e che forse permettono una catartica immedesimazione ancor più di un’ambientazione contemporanea.
Applauditissimo il quartetto degli interpreti principali e fragorosi consensi per Gatti, che esce da solo verso la ribalta ringraziando l’orchestra.
DON PASQUALE
di Gaetano Donizetti
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Dramma buffo in tre atti
Libretto di M. A. (Michele Accursi),
Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti da Angelo Anelli
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Direttore Daniele Gatti
Regia Jonathan Miller ripresa da Stefania Grazioli
Scene e costumi Isabella Bywater
Luci Jvan Morandi realizzate da Emanuele Agliati
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Don Pasquale Marco Filippo Romano
Dottor Malatesta Markus Werba
Ernesto Yijie Shi
Norina Sara Blanch
Un notaro Oronzo D’Urso
Tre voci soliste Valeriia Matrosova, Massimiliano Esposito,Carlo Cigni
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Foto: Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino