Spettacoli

Salome – Firenze, Teatro del Maggio

L’87° Maggio Musicale spalanca i battenti con una nuova produzione intensa e coinvolgente, mettendo in scena l’oscura Salome di Richard Strauss con la vibrante direzione di Alexander Soddy e l’immaginifica regia di Emma Dante, entrambi al loro debutto fiorentino, così come il soprano Lidia Fridman che si destreggia con sicurezza nell’impervio ruolo della protagonista, benché chiamata in corsa a sostituire Allison Oakes a poche settimane dalla prima.

Sotto la bacchetta di Soddy la narrazione si snoda in un flusso continuo e cadenzato, dove la tensione febbrile e allucinata si distende in espansioni cantabili e seducenti. Il suono dell’Orchestra è turgido e poderoso, senza comunque mai coprire le voci e capace di alleggerirsi in delicate rarefazioni, secondo un’accurata gestione della dinamica e nella costante emersione di una timbrica esotica. L’interludio tra la terza e la quarta scena si distingue per la modulazione dei volumi e per la trasparenza dei pianissimo, mentre la danza prende forma nell’eleganza della frase, con melodie ampie e avvolgenti che si fanno sempre più ritmiche e convulse nello sfavillio dei timbri orchestrali. La sequenza conclusiva racconta infine l’orrore con un respiro estatico, per chiudersi però con battute marcate e violente.

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Lidia Fridman

In questa cornice musicale nitida e sontuosa, Lidia Fridman plasma una Salome altera e fatale, che è donna volitiva ma in cui però trova spazio anche il capriccio della ragazzina, principessa inarrivabile e magnetica, il cui fascino algido e fiero si ammorbidisce comunque in una sensualità giocosa e ammaliante. Il colore e l’estensione fanno risaltare opportunamente tanto gli aspetti tenebrosi quanto quelli lucenti, in un canto sempre pieno e voluminoso, non troppo variato nella dinamica ma che affronta con estrema disinvoltura i continui salti di registro. Il dialogo con il Profeta viene articolato in un raffinato gioco di attrazione e potere, con passaggi di ondeggiante cantabilità, mentre con Erode prevale un declamato scandito e determinato. Il monologo finale è poi reso dalla Fridman con straordinaria forza e varietà, realizzando un momento dove il terribile diviene sublime, pur senza far sconfinare l’orrore nel misticismo.

Compongono un insieme policromo e coeso tutti gli altri personaggi, delineati con originale rilievo, a cominciare da Erode, interpretato da Nikolai Schukoff con voce chiara e rigogliosa e con un fraseggio cangiante e ricco di accenti. La figura del re viene sbalzata efficacemente nelle sue contraddizioni, autoritario ma timoroso, irretito nelle passioni e nelle mollezze ma intimamente gravato da un sinistro presagio di morte.
Molto incisiva anche l’Erodiade di Anna Maria Chiuri, con una dizione scolpita e un’intenzione grottesca e drammatica, che si avvale di gravi corposi e acuti proiettati con forza.
Brian Mulligan è uno Jochanaan dall’animo semplice e schietto che ci appare quasi soggiogato dalla fiera bellezza di Salome. Voce omogenea dallo stile solenne, traccia le melodie con ampiezza e luminosità e rende con inquietudine i dialoghi e la maledizione. In merito poi all’amplificazione quando canta fuori scena, non ci pare scelta che ne aumenti in qualche misura la suggestione.
Terso ed elegante il Narraboth di Eric Fennell, ma purtroppo non sempre di adeguato volume; accorato e rotondo il Paggio di Marvic Monreal ed hanno una proiezione diretta e definita i due Soldati di Frederic Jost e Karl Huml, così come l’uomo di Cappadocia di Davide Sodini. Ben strutturata nel sovrapporsi delle linee la disputa dei cinque Ebrei(Arnold Bezuyen, Mathias Frey, Martin Piskorski, Patrick Vogel, Karl Huml), e si staglia con nitore il contrasto tra basso e tenore nel dialogo tra i due Nazzareni (William Hernandez, Yaozhou Hou).

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Nikolai Schukoff e Anna Maria Chiuri

In questa felice sinergia di direttore, orchestra e interpreti, la regia di Emma Dante non si dimostra altrettanto convincente, creando un discorso complesso e policromo, certamente affascinante ma sovente poco fluido, con aspetti di grande suggestione e tuttavia non sempre coerenti tra di loro e che ci allontanano talvolta dallo spirito dell’opera. Le scenografie di Carmine Maringola pongono al centro della scena la grande testa del giardino di Bomarzo, trovata non originale, giacché impiegata in recenti allestimenti, ma che qui si rivela particolarmente azzeccata ed efficace, collocandoci immediatamente nell’atmosfera onirica e surreale di un parco fantastico. La scultura evoca la testa di Jochanaan e ne anticipa il destino e l’ossessione, venendo così a simboleggiare il lato oscuro della mente di ciascuno; e tuttavia non si capisce se quel luogo sia la prigione del santo Profeta o il pozzo dell’inferno o il nostro inconscio, da dove peraltro escono donne un po’ fantasmi un po’ baccanti, ricacciate dentro da pupi-soldato, che, al pari della ballerina, distraggono e appesantiscono inutilmente la visione.
Di forte impatto le scene del banchetto, che nella varietà delle luci di Luigi Biondi delineano dei magnifici tableau vivant, grandi tele cinquecentesche impreziosite dai costumi di Vanessa Sannino, elegantissimo quello di Salome e pomposi quelli di Erode ed Erodiade, entrambi femminili e nella foggia barocca, con tanto di corone invertite tra re e regina.
La danza dei sette veli crea una coreografia colorata e svolazzante, ideata da Silvia Giuffrè, che espande la gestualità della protagonista, drammaturgicamente assai ben congegnata ma che però culmina in una sorta di stupro dei pupi sulle ballerine, incrinando quel momento di conturbante seduzione femminile. Anche il coltello che passa tra le mani dei vari personaggi, facendoci pensare ad una vendetta del Paggio per la morte di Narraboth, complica la vicenda diluendone la tensione, mentre è incantevole e sognante la scena dei pavoni.
Più che nella bocca tutta l’attrazione per il Battista pare risiedere nei capelli, quasi un novello Sansone, in una modalità un po’ artificiosa nella scena dell’uscita dalla cisterna, che però si ricollega assai opportunamente al finale, mostrandoci una Salome strozzata dalle sue stesse fascinazioni, pulsionali e da nulla mediate.

Alla fine un vero trionfo per la Fridman e fragorosissimi applausi per tutti gli interpreti, Soddy e l’Orchestra. E anche il lavoro di Emma Dante ha riscosso, alla prima recita, notevoli consensi.

SALOME

Musica di Richard Strauss

Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Dramma musicale in un atto op. 54 su testo dell’omonimo poema di Oscar Wilde nella traduzione tedesca di Hedwig Lachmann

Maestro concertatore e direttore
 Alexander Soddy

Regia Emma Dante

Scene Carmine Maringola 
Costumi Vanessa Sannino
Luci Luigi Biondi
Coreografia Silvia Giuffrè 

Herodes Nikolai Schukoff
Herodias Anna Maria Chiuri
Salome Lidia Fridman
Jochanaan Brian Mulligan
Narraboth Eric Fennell 
Ein Page der Herodias Marvic Monreal
Erster Jude Arnold Bezuyen
Zweiter Jude Mathias Frey
Dritter Jude Martin Piskorski
Vierter Jude Patrick Vogel
Fünfter Jude Karl Huml
Erster Nazarener William Hernandez
Zweiter Nazarener Yaozhou Hou
Erster Soldat Frederic Jost
Zwiter Soldat Karl Huml
Ein Sklave Yaozhou Hou
Ein Kappadocier 
Davide Sodini

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

 Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino