Spettacoli

Anna Bolena – Teatro La Fenice, Venezia

Anna Bolena alla Fenice di Venezia. 

Anna Bolena, il capolavoro donizettiano del 1830, giunge, per la prima volta in epoca moderna, sul palco della Fenice di Venezia. Negare che Anna Bolena sia sinonimo di Maria Callas e della memorabile edizione scaligera del 1957 è pressoché impossibile e costituirebbe quasi una omissione a carattere storico. Da questa consapevolezza parte il regista e scenografo Pier Luigi Pizzi che, nelle note di sala, ci racconta come, assistendo a quelle indimenticabili recite, abbia capito come il focus visivo debba lasciare spazio ai personaggi e alla loro psicologia. Idea che, unita ad una volontà, maturata negli anni, di rendere lo spettacolo sempre più essenziale e a servizio della musica, porta a questo nuovo progetto registico.

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Alex Esposito, Lidia Fridman e Enea Scala

Il sipario si apre su una grande aula gotica, buia ed opprimente, che diventa, con poche modifiche, prima alcova e poi prigione. Una scena che propone sempre una rigorosa ed elegante simmetria, fredda ma curatissima. Rispettiamo il gusto e le scelte estetiche di Pizzi, la strada verso il minimalismo con l’avanzare degli anni è comune anche a grandi pittori, ad esempio, su tutti Guido Reni. Ma, d’altra parte, resta il rispetto per il gusto e le aspettative del pubblico, che si trova ad assistere ad uno spettacolo visivamente monotono, poco emozionante e di fatto completamente privo di idee e che ha invogliato molti a commenti insoddisfatti nel foyer. Unico elemento veramente riuscito ed appagante sono i bellissimi costumi, sempre dello stesso Pizzi, che riescono perfettamente ad evocare il mondo Tudor senza esserne una pedissequa riproduzione. Perfette sono risultate le luci di Oscar Frosio che danno istanti di chiarore nelle tenebre della vicenda. 

Anna Bolena è un’opera scritta per grandi voci; basti pensare come nel debutto milanese i ruoli della protagonista e Percy fossero affidati, rispettivamente, a Giuditta Pasta e Giovanni Battista Rubini. Riproporre oggi quest’opera, di rara complessità per lunghezza e difficoltà, significa investire in un cast di autentici fuoriclasse e il teatro veneziano ha proposto una compagnia all’altezza delle richieste.

Nel ruolo del titolo troviamo Lidia Fridman, reduce dal recente trionfo romano nei panni di un’altra grande eroina donizettiana, Lucrezia Borgia. Il soprano affronta ora, per la prima volta, il personaggio dell’infelice regina Tudor e lo fa nella piena consapevolezza della specificità del proprio mezzo. In evidenza, dunque, risultano la corposità del registro centrale, la naturale proiezione di quello superiore e una buona fluidità nel canto di agilità. Il caratteristico colore scuro di un timbro setoso contribuisce, inoltre, alla caratterizzazione di un personaggio meno sognante, esaltato, in particolare, nella esasperata drammaticità di un’anima tormentata e impotente dinanzi al proprio destino. Di sicuro effetto anche la presenza scenica, di raffinata compostezza, valorizzata al meglio dai bellissimi costumi. Nel complesso, ci troviamo di fronte ad una prova che prende forse le distanze da certi modelli prettamente belcantistici, ma la cui efficacia è assicurata dalla totale dedizione, vocale e scenica, di una artista che, con originalità e convinzione, rende piena giustizia a questo grande capolavoro donizettiano.

Di grande levatura l’Enrico VIII di Alex Esposito. L’artista sfoggia una vocalità pastosa che sembra accarezzare, con straordinaria morbidezza, la scrittura esaltandone, con coerenza stilistica, anche il più piccolo inciso. All’esecutore si affianca l’interprete, fuoriclasse nel fraseggio e istrione, come pochi altri, sul palcoscenico. In perfetta aderenza alla specifica lettura dello spettacolo, Esposito ci propone un sovrano senza scrupoli, un seduttore di insinuante perfidia e scevro da qualunque rimorso.

Al suo fianco, si conferma la bravura di Carmela Remigio, una Jane Seymour sfaccettata nella evoluzione del proprio percorso emotivo durante il dramma. L’intelligenza e la finezza del fraseggio restituiscono una immagine perfetta del carattere tormentato di questa donna, schiacciata tra l’amore per Enrico, il rimorso nei confronti di Bolena e l’ambizione del trono. La naturale musicalità di un mezzo piacevolmente timbrato, unito alla giusta consapevolezza stilistica, sono, poi, gli ingredienti principali di una prova vocale di ottimo livello. Da sottolineare, infine, l’evidente affiatamento vocale e, soprattutto scenico, con Alex Esposito, significativamente evidente nel riuscitissimo duetto di primo atto “Tutta in voi la luce mia”.

Ad Enea Scala spetta il compito di dare vita all’impervio ruolo di Percy nato, come già ricordato, per l’iperbolico funambolismo di Rubini. Il tenore, forte di una vocalità ampia e tecnicamente ben impostata, affronta la scrittura con la giusta sicurezza, dipanando il fraseggio con musicalità ed intenzione. L’adeguato controllo tecnico consente di risolvere i passaggi più insidiosi, specie nell’aria di secondo atto. Coinvolto e credibile l’interprete.

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Lidia Fridman

Manuela Custer, con un mezzo dal caratteristico colore ambrato, fa rivivere le inquietudini amorose del paggio Smeton, con la poesia e l’ingenuità che contraddistinguono il personaggio.

Completano la locandina, distinguendosi per incisività ed efficacia, nel canto come sulla scena, William Corrò e Luigi Morassi interpreti, rispettivamente dei ruoli di Lord Rochefort e di Hervey.

Sul podio di una scattante e briosa Orchestra del Teatro La Fenice, troviamo Renato Balsadonna che opta per una lettura pressoché integrale della partitura. Una interpretazione, la sua, che si muove nel solco della tradizione romantica e che ben sottolinea gli involi appassionati e struggenti che serpeggiano nella corte di Enrico VIII. Una prova complessivamente ben riuscita, al netto di volumi sonori che talvolta rischiano di soverchiare il palco e i solisti.

Di notevole intensità il coro del Teatro La Fenice, magistralmente diretto da Alfonso Caiani. Una menzione particolare va alla sezione femminile che, con emissione sfumata e quanto mai accorata, regala una splendida esecuzione, della pagina che precede la scena finale dell’opera., conclusa con una messa di voce che ha saputo tenere il pubblico con il fiato sospeso.

Sala gremitissima e successo festoso al termine, con punte di maggior entusiasmo per gli interpreti dei ruoli principali.

ANNA BOLENA
Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani da Enrico VIII, ossia Anna Bolena di Ippolito Pindemonte e Henri VIII di Marie-Joseph Chénier 
Musica di Gaetano Donizetti

Enrico VIII Alex Esposito
Anna Bolena Lidia Fridman
Giovanna Seymour Carmela Remigio 
Lord Rochefort William Corrò
Lord Riccardo Percy Enea Scala
Smeton Manuela Custer 
Signor Hervey Luigi Morassi 

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice 
Direttore Renato Balsadonna
Maestro del coro Alfonso Caiani
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Light designer Oscar Frosio

Foto: Michele Crosera