Die Walküre, Teatro alla Scala – Milano
Alla Scala di Milano prosegue il celeberrimo Ring di Richard Wagner.
“Quel che tu fosti un tempo,
ti disse Wotan:
quel che adesso sei,
dillo a te stessa!
Non sei più figlia del mio desiderio;
Valchiria sei stata:
d’ora in poi sii
quel che ancora tu sei!”
Questi versi, intonati da Wotan, potrebbero essere sufficienti per riassumere il senso della prima giornata dell’Anello del Nibelungo. Die Walküre, andata in scena per la prima volta il 26 giugno 1870 e dedicata, già nel 1864, al “re amico” Ludwig II, parla del libero arbitrio e della necessaria individualità decisionale e morale e dell’essere umano. Un’opera che, dopo il sontuoso ed ultraterreno prologo, fa un passo verso il mondo umano, grazie ad un personaggio, Brünnhilde, che, per sua scelta, perde lo status divino per affacciarsi al nostro concretissimo mondo. Queste tematiche hanno sicuramente sempre avvinto il pubblico, basti guardare alle statistiche dei primi quindici anni di rappresentazioni (1876-1891) in cui possiamo contare 823 apparizioni di La Valchiria a fronte delle sole 358 dell’Oro del Reno, delle 322 di Sigfrido e delle sole 314 del Crepuscolo degli dei.
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Alla Scala di Milano prosegue appunto il Ring dopo la messa in scena, lo scorso ottobre, dell’Oro del Reno (qui il link alla nostra recensione). Il progetto, unitario, prevede la regia di David Mcvicar che cura anche le scene insieme ad Hannah Postlethwaite.
Un allestimento che, nella sua prima incarnazione, avevamo apprezzato moderatamente ma che invece ora ci ha parzialmente deluso. La cifra stilistica rimane, coerentemente, immutata: una scena dai toni cupi e fortemente fantasy. Non possiamo però non notare che l’essenzialità qui ha preso il sopravvento lasciando il palco nei tre lunghi atti quasi sempre completamente spoglio; il colpo d’occhio viene reso più convincente solo dalle buone video proiezioni di Katy Tucker. Inoltre abbiamo notato alcune mancanze, spiacevoli a nostro avviso: ad esempio viene meno l’elemento della pioggia in primo atto, evocato anche dalla semantica musicale, e che diventa qui fuoco, il soffio di primavera, invece, prende i colori del mare. Più riuscito risulta il solo terzo atto dove una grande testa accoglie suggestivamente al suo interno Brünnhilde. I costumi di Emma Kingsbury si sono sicuramente normalizzati rispetto all’Oro del Reno e sono ora molto meno bizzarri, forse più anonimi ma abbastanza piacevoli, peccato solo per i “cavalli” delle Valchirie, dei pur bravi ballerini che indossano una imbracatura dotata di trampoli e testa equina, se la resa visiva non ci ha convinto del tutto. Problematico è stato l’impattante rumore dei trampoli sul palcoscenico, dovuto alle coreografie di Gateth Mole, che hanno creato un elemento di disturbo sonoro, soprattutto nella celeberrima cavalcata delle Valchirie. Abbiamo apprezzato invece la grande cura riservata dal regista ai gesti e alle movenze dei singoli interpreti che raggiungono il loro apice con l’Interpretazione del bravissimo Michael Volle. Bene fa anche David Finn che crea un comparto luci perfettamente aderente all’idea complessiva dello spettacolo.
Decisamente più stimolante ed interessante il versante musicale, a partire dalla ispirata direzione di Simone Young che, dopo essersi misurata con Das Rheingold l’autunno scorso, porta ora a compimento la prima giornata di questa nuova Tetralogia scaligera. Una lettura intensa e coinvolgente, capace di miniare il fraseggio musicale facendolo risaltare in tutta la sua complessità drammaturgica. La scelta delle agogiche e delle dinamiche appare finalizzata non solo alla ricerca della rotondità e del nitore sonori, ma, piuttosto, alla esaltazione di una espressività vivida e variamente articolata. Attraverso un gesto misurato ed elegante, la direttrice australiana mette in luce tutta la raffinatezza dei passi più scopertamente sinfonici, la violenza del focolare domestico di Hunding, lo struggente abbandono che accompagna l’amore incestuoso di Siegmund e Sieglinde. Un percorso narrativo davvero ben riuscito che culmina, e non potrebbe essere diversamente, nel dissidio interiore di Wotan, nel suo complesso rapporto con Fricka e, ancor più, in quello drammaticissimo e, al tempo stesso, dolcissimo con Brünnhilde. Da questo punto di vista il finale, esaltato da un tappeto orchestrale fluido ed impetuoso, appare di suggestione quasi ipnotica. Una prova maiuscola che può contare, tra l’altro, sull’eccellente preparazione dell’orchestra scaligera, in stato di grazia per precisione e duttilità.
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Sul palco si esibisce una compagnia di canto che vede primeggiare, senza dubbio alcuno, lo splendido Wotan di Michael Volle, presente nel prologo e già previsto per le altre due giornate di questo Ring. Un artista che sfoggia una vocalità di invidiabile ampiezza e che, con il suo caratteristico timbro vellutato, restituisce alla perfezione l’austerità e la ieraticità del personaggio. Lodevole è, inoltre, la capacità di articolare il fraseggio musicale con la giusta espressività, risultando sempre incisivo e carismatico. Tanti i momenti da ricordare della sua prova, ma, senza dubbio, merita una lode speciale la caratterizzazione del tormentato rapporto con Brünnhilde, grazie al quale Wotan prende coscienza della caducità della condizione divina, della impossibilità di dominare la propria volontà, e, ancora della tenerezza di un amore sacro ed immortale come quello filiale. Una prestazione d’alto rango premiata, giustamente, dell’entusiasmo del pubblico al termine.
Elza von der Heever presta a Sieglinde l’ampiezza di uno strumento screziato e compatto su tutta la gamma. Si apprezzano, così, la pienezza del registro centrale, la sonorità di quello grave e la facile proiezione di quello superiore. Ottimamente caratterizzata anche l’interprete, sempre partecipe, e capace di sottolineare, con la giusta credibilità, lo sviluppo del personaggio nel corso dell’opera: dalla frustrazione della moglie, alla rapinosa passione per Siegmund, dal terrore della fuga da Hunding e sino al coraggioso riscatto per un nuovo avvenire con la consapevolezza di poter dare alla luce il “più puro degli eroi”.
Camilla Nylund, grazie alla specificità di una linea chiara e ben timbrata, disegna una Brünnhilde in evidenza, in particolare, nella sua dimensione più fragile ed umana. La buona organizzazione vocale complessiva consente di espugnare le numerose richieste dell’ardua parte mettendo in luce, nella progressione del dramma, l’evoluzione psicologica del personaggio. Particolarmente suggestivo risulta, tra l’altro, il duetto finale con Wotan, valorizzato dalla compostezza e dalla musicalità del fraseggio.
Buona anche la prova di Klaus Florian Vogt nei panni di Siegmund. La limpidezza e la solarità di una vocalità ben sfogata e complessivamente ben organizzata consentono all’artista di sbalzare, con il giusto impeto, il carattere controverso ed appassionato del personaggio qui sottolineato, in particolare, nella sua dolente umanità più che nella sua dimensione eroica.
Okka von der Damerau conferma la sua ottima Fricka già ascoltata lo scorso anno nel prologo. La pastosità di un timbro ambrato e la ampiezza di un mezzo di innegabile compattezza, ben si addicono a rappresentare lo sdegno della dea durante il confronto con Wotan. Particolare attenzione è riposta nella varietà dell’accento, dal quale traspare non solo la ieraticità della figura divina ma, anche, la frustrazione della donna.
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Günther Gröissbock, pur non irreprensibile sotto l’aspetto meramente vocale, possiede il colore e l’intenzione, oltre che il phisique du role, ideali per rappresentare la brutalità e la violenza di Hunding.
Perfettamente calibrate, per amalgama timbrico e per disinvoltura scenica, le Walküren: Caroline Wenborne, Gerhilde, Kathleen O’Mara, Helmvige, Olga Bezsmertna, Ortlinde, Stephanie Houtzeel, Waltraute, Eva Vogel, Rossweise, Virginie Verrez, Siegrune, Eglė Wyss, Grimgerde e Freya Apffelstaedt, nel ruolo di Schwertleite.
Successo straripante al termine da parte di un pubblico numerosissimo. Oltre alle già ricordate acclamazioni all’indirizzo di Michael Volle, i maggiori entusiasmi sono riservati a Elza van den Heever e, soprattutto, a Simone Young. Ricordiamo che le due ultime giornate di questo Ring sono previste a giugno 2025 e febbraio 2026.
Die Walküre
(Der Ring des Nibelungen)
Prima giornata in tre atti
Versi e musica di Richard Wagner
Siegmund Klaus Florian Vogt
Hunding Günther Groissböck
Wotan Michael Volle
Sieglinde Elza van den Heever
Fricka Okka von der Damerau
Brünnhilde Camilla Nylund
Gerhilde Caroline Wenborne
Helmvige Kathleen O’Mara
Ortlinde Olga Bezsmertna
Waltraute Stephanie Houtzeel
Rossweise Eva Vogel
Siegrune Virginie Verrez
Grimgerde Eglė Wyss
Schwertleite Freya Apffelstaedt
Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Simone Young
Regia David McVicar
Scene David McVicar e Hannah Postlethwaite
Costumi Emma Kingsbury
Luci David Finn
Video Katy Tucker
Coreografia Gareth Mole
Maestro arti marziali/prestazioni circensi David Greeves
Foto: Brescia/Amisano – Teatro alla Scala