Spettacoli

Il Turco in Italia – Pisa, Teatro Verdi

Tra la moka e il tostapane, il Postal Market e il profumo del vero amore, Il Turco in Italia di Gioacchino Rossini, dopo un’assenza durata ventisei anni, prende ancora forma al Teatro Verdi di Pisa nel vivace allestimento di Roberto Catalano, il quale, creando un marchingegno scoppiettante e colorato, traspone la vicenda negli anni del boom economico, agli albori della società dei consumi. La scena si popola così di oggetti iconici, in un vintage stilizzato che non manca di produrre un simpatico retrogusto di affetti nostalgici, mentre al contempo, nella distanza dell’ironia, è un sagace strumento di denuncia sociale, rivolta con forza e leggerezza alla nostra contemporaneità di pacchi e di corrieri. Del resto, al centro dell’ingranaggio, più che il capriccio piccante di una moglie civettuola, sta l’insoddisfazione di una Fiorilla che è donna moderna ma non ancora del tutto emancipata e che condivide con il marito un certo borghese agio/disagio della civiltà. Un’inquietudine che viene prontamente intercettata da solleciti valletti e da quattro ballerine abbigliate tipo Kessler, che come geni della lampada riempiono i vuoti della casa e dell’anima con i nuovi prodotti culto della moda e della tecnica. Certamente una boccata d’aria fresca nel grigiore quotidiano, ma che sotto sotto nasconde un gioco di abile manipolazione. E in tutto questo movimento, organizzato dalle coreografie di Marco Caudera, fa irruzione il Turco, anche lui pronto a vendere e comprare e vestito ad evocare un fascista da campagna d’Abissinia, tanto solido e appagante da essere preferito da Fiorilla a un Narciso fricchettone. In questo senso riescono alquanto grotteschi ed efficaci i costumi di Ilaria Ariemme, che ricreano, al pari delle scene di Guido Buganza, lo stile di un’epoca con precisione ma in forma caricaturale.
L’intera narrazione visiva si snoda unitaria e coerente, senza forzature e in una coralità assai ben coordinata, nell’imitazione del ritmo rossiniano e in grande accordo con la musica. La regia ha inoltre il pregio di far emergere gli aspetti malinconici dell’opera, avvalendosi anche dell’accurata modulazione delle luci di Oscar Frosio, con momenti di semioscurità che interrompono il predominio di tinte decise e abbaglianti. Il finale, almeno per metà, ha addirittura toni drammatici, discostandosi in questo dalla musica che qui risuona quindi come una finta e vuota celebrazione gioiosa.

Il_Turco_in_Italia_Pisa_2024_2
Giuliana Gianfaldoni e Marco Bussi

Una conclusione tuttavia in continuità con il recitativo accompagnato e l’aria di Fiorilla “Squallida veste, e bruna” interpretati da Giuliana Gianfaldoni in modi struggenti e in una forma levigata, a dispetto di un inizio poco promettente. La cantante si fa infatti annunciare indisposta e nella cavatina si mostra in difficoltà con gli acuti, tagliati o comunque poco sfogati, e con una modesta consistenza, con vocalizzi definiti ma poco voluminosi. Il canto si mantiene tuttavia sempre agile e legato, elegante nella linea e vario nella dinamica. E’ di particolare nitidezza nel duetto con Geronio, dove ha inoltre un’ottima tenuta dei fiati. Grazie anche ad una valida recitazione, la moglie delusa e ingenua, e allo stesso tempo capricciosa e bisognosa di nuova vita, viene nel complesso sbalzata con verità nelle sue molte sfaccettature, culminando, come già detto, in un coinvolgente finale.

Altrettanto ben caratterizzato il Don Geronio di Marco Bussi, con un’espressività puntuale e articolata. La sua cavatina è resa con grande varietà di accento e di intensità, mentre i sillabati riescono sempre definiti e brillanti. Un marito pantofolaio, facile da abbindolare ma di schietti sentimenti, reso efficacemente da Bussi tanto nelle parti più comiche e grottesche quanto in quelle venate di tristezza.

In questo allestimento, come del resto nel lavoro di Rossini-Romani, il tema dell’insoddisfazione non è legato soltanto alla vita coniugale, ma anche alla struttura dell’opera buffa, con i suoi stilemi e i suoi luoghi comuni. Aspetto questo che risalta nella figura del poeta Prosdocimo, interpretato con raffinata originalità da Bruno Taddia. Il personaggio viene plasmato da un fraseggio scolpito e assai modulato, ricco di accenti e di sfumature, pur con qualche passaggio che mancano di volume e taluni recitativi tendenti troppo al parlato, e si staglia come un intellettuale disincantato alla ricerca del nuovo, tra seriosità e ironia, e tuttavia, al pari degli altri, non immune da ingenuità e vanagloria.

Ad incarnare l’anima più autentica e nobile della vicenda è la Zaida di Francesca Cucuzza, con una vocalità piena e fresca e un’intenzione espressiva incisiva e appassionata. Con tratti di ironica leggerezza come di profonda malinconia, tratteggia una zingara che qui è in realtà uno dei valletti nel tram tram delle consegne, realizzando una figura di donna che è comunque fedele a se stessa e che conferisce spessore e credibilità all’amore per il turco Selim.

Quest’ultimo è interpretato con vigore e simpatia da Adolfo Corrado, che esibisce una voce calda e potente, ben timbrata e di grande omogeneità, pur perdendo talvolta volume nelle note più gravi. La dizione è scandita e rotonda, lo stile appropriatamente solenne, anche se con qualche iniziale difficoltà con i tempi e l’intonazione.

Brillante ed energico il Narciso di Francisco Brito, capace di ampiezza e di seduzione melodica, seppur talora con bruschi recitativi e acuti un poco taglienti. Ben delineato anche l’Albazar di Antonio Garés, che nell’aria quanto e nel duetto ha un canto elegante e luminoso, di bella morbidezza nei centri ma con qualche difficoltà nella proiezione degli acuti.

Il_Turco_in_Italia_Pisa_2024_3
Marco Bussi, Giuliana Gianfaldoni, Adolfo Corrado

La direzione di Hossein Pishkar guida e sostiene la narrazione con tempi brillanti, accordi definiti e battute marcate, creando così un effetto di grande vivacità, senza offrirci tuttavia particolari punti di emersione o momenti trascinanti. Se per un verso il suono dell’Orchestra Cherubini si mantiene costantemente preciso e di buon volume, pieno e accurato anche nei corni e nelle trombe, dall’altro la dinamica riesce piuttosto uniforme e non tiene in adeguata considerazione la consistenza contenuta di alcune voci. Ben realizzati i momenti d’insieme, con gli interventi integrati e puntuali del Coro Lirico Veneto, tutto al maschile, diretto da Alberto Pelosin.
Da rilevare infine che, nonostante la grande vitalità della conduzione e della regia, alcune parti procedono comunque un poco a fatica e che quindi alcuni tagli, prendendo il testimone dal poeta Prosdocimo, avrebbero forse potuto snellire il racconto, rendendolo più conciso ed efficace.

Grandi consensi per tutti gli interpreti, con applausi particolarmente fragorosi per la Cucuzza, Bussi e la Gianfaldoni e un vero tripudio per Pishkar e la Cherubini.

IL TURCO IN ITALIA

Libretto di Felice Romani
Musica di Gioachino Rossini

Direttore 
Hossein Pishkar

Regia Roberto Catalano
Scene Guido Buganza
Costumi Ilaria Ariemme
Luci Oscar Frosio
Coreografie Marco Caudera

Personaggi e interpreti
Selim Adolfo Corrado
Fiorilla  Giuliana Gianfaldoni 
Don Geronio Marco Bussi
Don Narciso Francisco Brito
Prosdocimo Bruno Taddia
Zaida Francesca Cucuzza
Albazar Antonio Garés

Orchestra Cherubini

Coro Lirico Veneto 

Maestro del Coro Alberto Pelosin
Maestro al fortepiano Riccardo Mascia 

Foto: Kiwi Official