Lucia di Lammermoor – Teatro Carlo Felice, Genova
Lucia di Lammermoor torna al Carlo Felice.
“Durante le nostre passeggiate, John Irving ed io ci raccontavamo leggende nelle quali predominavano le battaglie e gli eventi miracolosi. Questo passatempo ci teneva occupati durante le vacanze e credo di dovere ad esso la propensione immaginaria per la poesia e la prosa di stampo romantico e cavalleresco”, queste parole di Walter Scott, spiegano bene il mondo fantastico e al tempo stesso storico che sta dietro a tante sue opere, così come a “The Bride of Lammermoor”, romanzo del 1819. Da questo universo pieno di fascino, si è poi mosso Salvadore Cammarano per il libretto di Lucia di Lammermoor, opera del 1835, musicata da Gaetano Donizetti. Senza tradire lo spirito gotico del romanzo, il regista Lorenzo Mariani e lo scenografo Maurizio Balò ci portano in un mondo buio, e a tratti orrifico, dove domina la violenza.
Lo spettacolo, coprodotto dalla Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna e l’ABAO-OLBE di Bilbao, ci fa muovere fra interni bui, caratterizzati da grandi tendaggi verdi, schiariti solo da video proiezioni monocrome a tema naturalistico a cura di Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii. Un allestimento severo e minimalista, forse a tratti eccessivamente vuoto, ma complessivamente evocativo dove prendono forza i gesti violenti ed autoritari dei protagonisti maschili della vicenda. Risaltano particolarmente, sulla scena, i costumi, perlopiù tradizionali scozzesi, pensati da Silvia Aymonino. Curate le luci di Marco Filibeck che ci trasportano in una lunga notte senza fine.
Di buon livello, nel suo complesso, l’esecuzione musicale dello spettacolo, pur con alcuni doverosi distinguo.
Nel ruolo del titolo, Nina Minasyan ha modo di sfoggiare una vocalità dal caratteristico colore cristallino e dal suadente impasto timbrico. L’organizzazione vocale, al netto di qualche rigidità nella zona di passaggio, appare piuttosto solida e trova i propri punti di forza nella pienezza dei centri e nella facilità del registro acuto. Il personaggio viene caratterizzato attraverso un fraseggio delicato e, a tratti, alienato che ben rappresenta la fragilità emotiva dell’eroina donizettiana. Una prova in crescendo che vede il proprio culmine nella scena della pazzia, la cui esecuzione, cesellata nel canto come nell’accento, le vale un lungo e meritato applauso a scena aperta.
Al suo fianco brilla il magnifico Edgardo di Iván Ayón Rivas. Il giovane tenore è in possesso di un mezzo prezioso, dal timbro solare e luminoso. La morbidezza e la rotondità dell’emissione si uniscono alla naturale proiezione di una linea di canto compatta ed omogenea. I centri sono rigogliosi, così come la regione acuta espugnata con baldanzosa facilità e ottimo squillo. Fin qui abbiamo descritto l’esecutore, cui si affianca, anche e soprattutto, un interprete che sa emozionare con un fraseggio appassionato e finemente dettagliato. Una prova davvero encomiabile che vede il suo trionfo nella scena finale dell’opera, preclaro esempio di pertinenza stilistica e rispetto dell’intenzione dell’autore.
Franco Vassallo, da par suo, affronta Lord Enrico Ashton con l’incisività di un fraseggio musicale sempre espressivo e di sicura presa teatrale. In accordo con la visione del progetto registico, il personaggio viene qui enfatizzato nella sua dimensione più crudele e caratterizzato come autentico persecutore nei confronti della sventurata sorella. Una interpretazione che risalta ancor di più attraverso una esecuzione vocale salda e poderosa, a tratti volutamente stentorea, naturale emanazione dell’animo villain del personaggio.
Molto bene il Raimondo di Luca Tittoto, che unisce alla sicurezza di una linea vocale ampia e vellutata, la raffinatezza e l’estro dell’interprete.
Ben rifinito l’Arturo di Paolo Antognetti, dalla vocalità limpida e ben sfogata.
Note positive anche per Manuel Pierattelli, un Normanno vocalmente persuasivo e di insinuante perfidia sulla scena.
Completa il cast Alena Sautier, una Alisa sonora e ben rifinita.
Sul podio, Francesco Ivan Ciampa opta per una lettura abbastanza integrale della partitura (possiamo così ascoltare, e finalmente diremmo, l’inciso “si tragga altrove” al termine della pazzia di Lucia), anche se alcuni tagli sembrano, oggi, non sempre condivisibili (su tutti la coda del concertato finale della prima parte). Una prova curata e attenta nel far emergere i numerosi turgori romantici del grande capolavoro donizettiano. Una concertazione solida ed affidabile nel supportare al meglio le voci, specie nei cantabili, dove l’adozione di tempi spesso rallentati e dilatati, sembra una scelta obbligata per rappresentare al meglio l’atmosfera rarefatta e vibrante di queste pagine.
Al servizio del podio, ben si disimpegna la compagine orchestrale dell’Opera Carlo Felice di Genova, capace di sonorità rotonde ed avvolgenti.
Notevole, come di consueto, il contributo del Coro dell’Opera Carlo Felice di Genova, la cui prova, sotto la guida di Claudio Marino Moretti, brilla per intensità e compattezza.
Festoso successo al termine per tutti gli interpreti.
LUCIA DI LAMMERMOOR
Dramma tragico in tre atti
Libretto di Salvatore Cammarano
dal romanzo The Bride of Lammermoor di Walter Scott
Musica di Gaetano Donizetti
Enrico Franco Vassallo
Lucia Nina Minasyan
Edgardo Iván Ayón Rivas
Arturo Paolo Antognetti
Raimondo Luca Tittoto
Alisa Alena Sautier
Normanno Manuel Pierattelli
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Lorenzo Mariani
Scene Maurizio Balò
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
Video Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii
Foto: Marcello Orselli