Spettacoli

Das Rheingold – Teatro alla Scala, Milano

Das Rheingold torna alla Scala di Milano, per aprire un nuovo ciclo del Ring di Richard Wagner

Il grandioso capolavoro wagneriano, quello per cui il musicista in una lettera scriveva: “l’unico (progetto) nel quale impegno la vita, la mia poesia e le mie aspirazioni. Se ne vedrò la rappresentazione, avrò vissuto stupendamente; se no, sarò morto per una cosa bella”, torna finalmente a risuonare nel Piermarini. L’ultima apparizione dell’intero ciclo risale agli anni 2010-2013, e, finalmente, l’intero Anello del Nibelungo verrà nuovamente eseguito. Fino al 10 novembre possiamo assistere all’Oro del Reno, nel prossimo febbraio alla Valchiria a cui seguirà Sigfrido nel giugno 2025 ed, infine, Il crepuscolo degli Dei nel febbraio 2026. 

Das_Rheingold_Milano_2024_3
Andrea Carroll, Svetlina Stoyanova e Virginie Verrez

Un progetto ambizioso e complesso, affidato per tutte le quattro produzioni a David Mcvicar un nome noto al pubblico scaligero. 

E il senso di quanto visto alla Scala potrebbe essere ben espresso dalle parole di Heinrich Porges, critico musicale attivo alla fine dell’Ottocento: “La musica dell’Oro del Reno agisce con la tranquilla potenza dell’arte antica; la sua bellezza è di una tale calma e castità che non si offre ma vuol essere ricercata. Nonostante la profondità possiede una grandiosa chiarezza: le figure ci appaiono perspicue e lo sguardo non incontra mai una barriera o un ostacolo”. Uno spettacolo, quello attuale, che opta per un impianto scenico (a cura dello stesso regista con Hannah Postkethwaite) estremamente pulito e funzionale, dove lo spazio del palco è occupato da oggetti di dimensioni colossali. Tre mani nella prima scena, una scala rotante nella seconda e quarta ed un teschio d’oro nella terza. I toni sono cupi, evocativi e mitologici, con una decisa virata verso il fantasy, con qualche assonanza anche con il mondo di Tolkien nella sua versione cinematografica. Si sceglie quindi, a nostro avviso giustamente, di rispettare il senso arcano e fantastico del libretto. Il regista ha creato una struttura visiva non troppo impattante e modulabile in futuro, come dichiarato. Una proposta essenziale e giocata per lo più su luci e costumi. L’illuminazione è affidata a David Finn che riesce ad amplificare la percezione di trovarci nel mondo del fantastico: si susseguono colori che vanno dall’azzurro al verde, toni cupi ma soprattutto tanti riverberi d’oro, un lavoro eccellente che supplisce in parte a quello, meno riuscito della costumista Emma Kingwbury. Gli abiti di scena hanno una linea molto particolare: una sorta di fusione fra lo stile elisabettiano ed il mondo fantasy. Grandi gonne unisex sono il segno distintivo di quasi tutti i personaggi e se la maggior parte di essi riesce ad essere esteticamente gradevole in alcuni casi il risultato è decisamente molto meno armonioso, sopratutto nel caso di Loge e di Froh. Il complesso spettacolo è arricchito dalle interessanti coreografie di Gareth Mole e dal prezioso contributo del maestro di arti marziali e circensi David Greeves (ad esempio per quanto riguarda i giganti che si muovono su trampoli). Evocativi i video di Katy Tucker che si mostrano soprattutto nei cambi scena, quando compare sul sipario un anello con una nera mano dai colori cangianti quasi ipnotici. 

Das_Rheingold_Milano_2024_2
Das Rheingold, Teatro alla Scala, 2024

A guidare la “nuova” tetralogia scaligera era prevista, sul podio, la presenza di una illustre bacchetta, quella di Christian Thieleman, la cui successiva rinuncia al progetto è, ancora oggi, alquanto chiacchierata. In sua sostituzione sono quindi stati chiamati Simone Young e Alexander Soddy, già confermati, per altro, anche per le successive giornate di questo anello wagneriano.

La nostra recensione riferisce della prova di Simone Young.
La direttrice australiana, non nuova alla partitura wagneriana che, anzi, ha già affrontato anche a Bayreuth, firma una prestazione di rilievo. Una lettura meticolosa ed analitica, costruita su di una complessa articolazione di dinamiche e piani sonori, strettamente connessi tra loro, in un più ampio affresco complessivo uniforme e compatto. Young elabora un racconto che, scena dopo scena, sembra progredire in una spirale sempre più fitta di angoscia ed inquietudine, un destino dalle ineluttabili conseguenze del quale cadranno vittime tutti (o quasi) i protagonisti di questo prologo. Rileva un pregevole lavoro sul suono orchestrale che, con mirabile trasparenza, rende perfettamente riconoscibili i tanti temi dell’opera, sapientemente amalgamati tra loro in un magma grandioso e lucente. Tanti i momenti particolarmente riusciti della serata, su tutti, gli splendidi interludi che cesellano le varie scene dell’opera, scolpiti con un fraseggio musicale sinuoso ed avvolgente. Ben sostenuto e rifinito, inoltre, il rapporto tra buca e palcoscenico, ove si esibisce una compagnia affiatata e di indubbio valore complessivo.

Michael Volle, forte della sua frequentazione di questo ruolo, è un Wotan degno di nota. La vocalità, ampia e pastosa, scolpisce il dettato wagneriano a meraviglia facendo emergere, in particolare, il lato più umano del personaggio. Una divinità meno ieratica, dunque, ma pervasa da inquieti pensieri e combattuta tra la sete di potere e il rispetto per la sacralità dei patti.

Ólafur Sigurdarson padroneggia il personaggio di Alberich con invidiabile sicurezza vocale. Una prova ben riuscita, grazie alla ampiezza di un mezzo dal suggestivo colore serotino ma anche, e soprattutto, per la espressività di un accento di sicura presa teatrale. Un ruolo sbalzato a tutto tondo, reso con encomiabile realismo in tutta la sua cinica avidità.

Perfettamente a fuoco la Fricka di Okka von der Damerau, efficace nel canto, duttile e compatto, come nel fraseggio, adeguatamente sfumato. Incisiva anche la presenza scenica, caratterizzata con il giusto coinvolgimento emotivo.

Norbert Ernst dona a Loge la peculiarità di uno strumento dal caratteristico colore chiaro, pur non sempre impeccabile nella zona di passaggio. Lodevole la cura del fraseggio, miniato con attenzione per rendere alla perfezione lo sfrontato opportunismo del personaggio.

Ben riusciti sono, poi, il granitico Donner di Andrè Schuen, cui spetta il suggestivo momento dell’incantesimo del tuono, e l’aggraziato Froh di Siyabonga Maqungo, che si impone per la freschezza di una vocalità sfogata verso il registro superiore.

Jongmin Park dà vita al gigante Falsot con uno strumento robusto e ben timbrato. La naturale proiezione della linea sottolinea al meglio il carattere risoluto del personaggio.
Ain Anger, con la sua vocalità disomogenea e stentorea, riesce a sottolineare con la giusta efficacia l’animo pragmatico e violento del gigante Fafner.

Olga Bezsmertna, con un canto morbido e vellutato, incarna splendidamente la dolcezza e i timori di Freia.

Wolfgang Ablinger-Sperrhacke si impone per la preziosità di uno strumento ricco di armonici; altrettanto encomiabile la resa del personaggio, cesellato con autentico senso della verità teatrale.

Das_Rheingold_Milano_2024_4
Andrea Carroll, Svetlina Stoyanova e Virginie Verrez e Ólafur Sigurdarson

Il personaggio di Erda trova in Christa Mayer, con il suo peculiare timbro screziato, ulteriormente avvalorato da un fraseggio aulico e misterioso, una interprete di buon livello.

Resta da riferire, infine, delle tre ondine del Reno, Andrea Carroll, Svetlina Stoyanova, e Virginie Verrez, rispettivamente Woglinde, Wellgunde e Flosshilde, le cui caratteristiche vocalità si fondono e si completano in un armonioso gioco di suggestivi chiaroscuri. Altrettanto efficaci, grazie alla aggraziata disinvoltura dei movimenti, la rappresentazione scenica dei loro personaggi.

Lodevole il contributo dei piccoli allievi del Coro di Voci Bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala, impegnati nel dare vita al popolo dei Nibelunghi, condannato al lavoro da Alberich.

Grande successo al termine tributato da una sala stracolma che riserva accoglienze particolarmente accese all’indirizzo di Simone Young. Appuntamento al prossimo febbraio quindi, per assistere a Die Walküre.
 


Das Rheingold
(Der Ring des Nibelungen)
Prologo in un atto
Versi e musica di Richard Wagner
 
Wotan Michael Volle
Donner Andrè Schuen
Froh Siyabonga Maqungo
Loge Norbert Ernst
Alberich Ólafur Sigurdarson
Mime Wolfgang Ablinger-Sperrhacke
Falsot Jongmin Park
Fafner Ain Anger
Fricka Okka von der Damerau
Freia Olga Bezsmertna
Erda Christa Mayer
Woglinde Andrea Carroll
Wellgunde Svetlina Stoyanova
Flosshilde Virginie Verrez
 
Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Simone Young
Con la partecipazione delle allieve e degli allievi del Coro di Voci Bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala
Regia David McVicar
Scene David McVicar e Hannah Postlethwaite
Costumi Emma Kingsbury
Luci David Finn
Video Katy Tucker
Coreografia Gareth Mole
Maestro arti marziali/prestazioni circensi David Greeves

Foto: Brescia/Amisano – Teatro alla Scala