Andrea Chénier – Pisa, Teatro Verdi
Nell’ Andrea Chénier che ha inaugurato la stagione lirica del Teatro Verdi di Pisa, la ghigliottina, simbolo del Terrore, pur non venendo mai esplicitamente raffigurata, viene comunque evocata alla fine di ogni quadro, con il sipario che cala dall’alto rimanendo sospeso a metà prima di chiudersi, creando un fermo immagine che incornicia e congela l’azione e che ben si accorda agli aspetti quasi cinematografici dell’affresco musicale di Umberto Giordano. Soltanto nel finale il pannello cadrà definitivamente alle spalle di Andrea e Maddalena, isolandoli sulla ribalta, affrancati nella morte dalla violenza della storia e proiettati nell’eternità dalla forza metafisica del loro amore. Amore e morte, appunto, coppia inscindibile di opposti che di quest’opera è il nucleo fondamentale, come recepito tra l’altro dalla celeberrima scena di “Philadelphia”.
La serata al Verdi, addobbato in grande stile da inaugurazione, inizia con l’inno di Mameli che ci introduce involontariamente nell’atmosfera di passioni civili della rappresentazione, dove la regia di Andrea Cigni realizza una ricostruzione storica dettagliata, talora didascalica, fedele allo spirito del libretto di Illica come a quello della partitura, che infatti accoglie in sé danze e motivi del periodo rivoluzionario. Del resto, collocare la vicenda sul finire del XVIII secolo si pone come un aspetto pressoché imprescindibile per la raffigurazione di un peculiare conflitto tra dinamiche politiche e aspirazioni individuali. I movimenti sono validamente organizzati, nelle coreografie di Isa Traversi, e vanno a comporre i due quadri centrali in modalità policentriche e che ci restituiscono autenticamente la coralità della vicenda. Una Parigi in fermento nelle scenografie di Dario Gessati e nei costumi di Chicca Ruocco, che oltre alla moda Ancien Règime riproducono anche Incredibili e Meravigliose.
Il dramma ritrova la sua dimensione più intima nella parte conclusiva, dove la scena ci si presenta completamente svuotata e da minutamente realistica diviene simbolica. La prigione viene infatti evocata da un’enorme grata dalla quale però filtra la calda luce del giorno, ferita e feritoia, che già ci anticipa il Cielo.
E’ costruito con originalità anche il quadro iniziale, con un’Arcadia polverosa da cui si prende ironicamente le distanze e dove emerge da subito lo sradicamento dell’artista, tema del primo Romanticismo come degli ultimi decenni del XIX secolo e poi del Novecento. In questo contesto, il passo a due di satiro e ninfa, in una nudità che contrasta con le vesti rococò e nel gioco di luci di Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio, fa presagire la tragedia, con il crollo di un modo artificioso che non è forse soltanto quello del Settecento francese, spingendoci infatti a riflettere sull’inconsapevolezza della nostra contemporaneità.
Un primo quadro che è tracciato in modi garbati ma brillanti dalla direzione di Francesco Pasqualetti, mentre il secondo ha tempi eccessivamente dilatati, allentando la tensione di una musica che invece privilegia la pennellata e lo sviluppo rispetto all’introspezione. Il discorso si fa però più compatto nei due quadri successivi, con maggiore forza espressiva e varietà dinamica. Buona la sintonia con l’Orchestra Filarmonia Veneta, pur con qualche imprecisione negli ottoni, e ben realizzata ogni scena d’insieme, con gli interventi coesi del Coro Arché diretto da Marco Bargagna.
Nel ruolo del protagonista troviamo Angelo Villari, che esibisce una vocalità estesa e potente e un’ampia linea melodica, pur con note spesso crescenti. Il suo Chénier è schietto e passionale, di grande lirismo in “Un dì all’azzurro cielo” e sentitamente drammatico nei duetti, per rendere infine “Come un bel dì di maggio” in una forma più controllata e luminosa.
Maddalena di Coigny è Maria Teresa Leva, di moderato corpo vocale, ma con un timbro fresco e un canto fermo e alquanto modulato. Emerge soprattutto nel terzo quadro, con uno stile puntuale e con “La mamma morta” assai ben drammatizzata, con dovizia di accenti e in tutta la gamma di forte e di piano. Molto intensa anche nel duetto conclusivo, a sugellare un’interpretazione che coniuga pathos e spontaneità.
Sbalzato con rilievo il Gerard di Angelo Veccia, con un’emissione robusta e un articolato fraseggio. Fin dalla romanza d’esordio si mostra saldo e appassionato e nel suo ampio monologo “Nemico della patria?!” descrive con vigore l’ambivalenza del personaggio e quel suo tormento interiore, tra rabbia e idealità, che finirà per risolversi nella pietà e nell’amore.
Delineata con cura la Bersy di Shay Bloch, con voce omogenea e scambi vivaci.
Alessandra Palomba si dimostra invece fragile nel ruolo della Contessa, mentre è assai commovente come vecchia Madelon.
Ben impostato il Roucher di Alessandro Abis, con un canto elegante e definito. Ha un’espressività varia e incisiva Fernando Cisneros che interpreta Mathieu e Fléville.
Da parte sua, Marco Miglietta, chiaro e modulato, caratterizza con differente originalità tanto l’Abate quanto l’Incredibile.
Validi e accurati infine anche lo Schmidt/Fouquier di Gianluca Lentini e il Maestro di Casa/Dumas di Giorgio Marcello.
Uno spettacolo accolto con entusiasmo e che nei prossimi mesi sarà ancora in scena nei teatri di Toscana, Veneto e Lombardia che lo hanno coprodotto.
ANDREA CHÉNIER
Dramma d’ambiente storico in quattro quadri
Libretto Luigi Illica
Musica Umberto Giordano
Personaggi e interpreti
Andrea Chénier Angelo Villari
Maddalena di Coigny Maria Teresa Leva
Carlo Gérard Angelo Veccia
Bersi Shay Bloch
La Contessa di Coigny/Madelon Alessandra Palomba
Roucher Alessandro Abis
Mathieu/Fléville Fernando Cisneros
Un incredibile/L’abate poeta Marco Miglietta
Schmidt/Fouquier Gianluca Lentini
Il Maestro di Casa/Dumas Giorgio Marcello
Direttore Francesco Pasqualetti
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Chicca Ruocco
Luci Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio
Coreografie Isa Traversi
Orchestra Filarmonia Veneta
Coro Arché
Maestro del Coro Marco Bargagna
Foto:
Coproduzione Fondazione Teatro di Pisa, Teatro Sociale di Como AsLiCo, Fondazione del Teatro Grande di Brescia, Fondazione Teatro Fraschini (Pavia), Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli – Cremona, Teatro Sociale di Rovigo, Azienda Teatro del Giglio (Lucca)