Il giro di vite / The Turn of the Screw – Teatro Nazionale, Genova
Il Teatro Carlo Felice ed il Teatro Nazionale di Genova insieme per un progetto unico ed inedito.
“Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita.” Musica e pittura per Vasilij Vasil’evič Kandinskij sono sinesteticamente unite e ad una sorta di sinestesia d’arte, o, più semplicemente, ad un dialogo fra le arti assistiamo in questi giorni proprio a Genova. Il Teatro Nazionale ed il Carlo Felice, con una bella ed originale intuizione, propongono una inaugurazione di stagione, di prosa ed opera congiunte, con uno spettacolo in scena al Teatro Ivo Chiesa. Per la prima volta in Italia, il pubblico ha la possibilità di assistere ad un dittico che prevede la versione in prosa e poi operistica di uno stesso titolo.
Un’unica fonte letteraria quindi, il romanzo Il giro di vite di Henry James, del 1898, proposto in primis in forma di prosa, con un adattamento curato da Carlo Sciaccaluga, e poi nella sua controparte operistica. L’allestimento, in parte comune alle due versioni, è curato per la regia da Davide Livermore e per le scene da Manuel Zuriaga. Lo spazio del palco è occupato da grandi pareti mobili caratterizzate da una carta da parati con scuri fiori geometrici. Un allestimento minimale ma assolutamente efficace, grazie soprattutto a studiatissimi movimenti scenici e alle luci curate da Antonio Castro. Queste ultime, particolarmente riuscite nella prosa, disegnano inquietanti ombre e sagome spettrali che si stagliano improvvise nell’ambiente buio. Di questa prima proposta abbiamo apprezzato l’incalzante incedere dei movimenti delle quinte che creano un vorticoso climax di ansia e paura. Un taglio registico che strizza l’occhio ad mondo del cinema horror e che funziona perfettamente con le ispiratissime musiche di Giua. Studiatissimo il disegno sonoro di Edoardo Ambrosio ricco di sinistri effetti provenienti da vari punti della sala. Minimali ma curati i costumi di Marianna Fracasso, sempre perfettamente coerenti al disegno globale. Eccezionali sono poi gli interpreti, tutti perfettamente calati nei rispettivi ruoli, sempre credibili e convincenti. Il plauso più grande non può che andare alla strepitosa Linda Gennari, l’Istitutrice, che disegna un personaggio fresco, ingenuo ma anche dotato di sensualità e forza. Bravissima anche Gaia Aprea, una Mrs Grose enigmatica e arcana. Perfetti nei loro ruoli di spiriti malvagi e ultraterreni Aleph Viola e Virginia Campolucci. Altrettanto bravi i giovani Luigi Bignone e Ludovica lannetti che danno vita ai non semplici Miles e Flora, disegnati con una vena di spiazzante follia. Il regista Davide Livermore inoltre presta, a mo’ di cammeo, la sua voce al Prologo.
Dopo un breve intervallo, che ha stemperato l’ansia che lo spettacolo aveva saputo creare, torniamo nella claustrofobica casa pensata da Livermore per assistere a The turn of the Screw, traduzione operistica del romanzo di James, ideata da Benjamin Britten nel 1954. Come già detto, l’impianto scenico è rimasto sostanzialmente lo stesso ma è stato interessante vedere come il team artistico abbia saputo lavorare per semplificare e rendere più fluido lo spettacolo e per lasciare alla musica ed ai cantanti un più ampio risalto. Un incalzare quindi meno concitato, che perdeva la tensione tipica di certi film horror per assumere i contorni di un sottile e serpeggiante malessere, non più retto dalla recitazione ma dalla musica e dal canto. Un esperimento interessante che ha permesso al pubblico di capire come sia diverso dare centralità alla musica o alla parola. Due spettacoli che, benché basati sullo stesso soggetto, sono risultati quasi complementari andando a sottolineare aspetti differenti del testo, facendo emergere emozioni e sfumature che si sovrapponevano restituendo, solo insieme, un affresco complesso e sfaccettato.
Anche Il versante musicale dello spettacolo ha funzionato egregiamente, pur in un teatro non appositamente pensato per l’opera.
Alla guida della Orchestra del Teatro Carlo Felice, Riccardo Minasi interpreta la partitura secondo una lettura essenziale e costantemente pervasa da quel caratteristico senso di inquietudine, che ben si sposa con l’atmosfera gotica della vicenda. Una direzione coesa e complessivamente efficace, tanto nei momenti descrittivi, quanto in quelli di maggiore intensità emotiva. La compagine strumentale, da par suo, si è esibita con grande professionismo e, attraverso una pregevole nitidezza sonora, è riuscita a supportare al meglio le voci dei protagonisti.
Sul palco una compagnia di canto ben affiatata e dalle indiscusse doti attoriali.
Si impone la Governess di Karen Gardeazabal, in possesso di una vocalità ben timbrata e dal piacevole colore lirico. La morbidezza della linea si sposa idealmente con il canto di conversazione, così come la proiezione e la facilità del passaggio riescono ad evidenziare al meglio i momenti di maggiore drammaticità. La cura meticolosa dell’accento e l’espressività del declamato, unitamente alla compostezza della figura, contribuiscono alla definizione di un personaggio autentico ed emotivamente coinvolgente.
Molto ben riuscita anche la prova di Marianna Mappa che, con un mezzo sonoro e screziato, tratteggia una Miss Jessel volitiva ed appassionata. Alla credibilità del personaggio concorrono, inoltre, l’incisività del fraseggio e la sensualità delle movenze.
Altrettanto centrata Mrs Grose di Polly Leech, vocalmente a proprio agio nella scrittura e nello stile di Britten. Il canto sul fiato viene condotto con nitore e leggerezza, così come la frase musicale articolata con la giusta intensità espressiva.
A Valentino Buzza spetta il compito di vestire i panni del demoniaco Peter Quint. Il tenore sbalza, con la sua vocalità ampia e corposa, un personaggio dal fraseggio persuasivo, ulteriormente impreziosito dall’inquietante presenza scenica.
Un plauso particolare, poi, a Lucy Barlow e Oliver Barlow, ovvero i piccoli Flora e Miles, vocalmente e, soprattutto scenicamente, sempre coinvolti.
Al termine, i calorosi applausi del folto pubblico presente salutano questa riuscitissima doppia inaugurazione di stagione.
Il giro di vite – The Turn of the Screw
Inaugurazione congiunta della Stagione 2024/25
dell’Opera Carlo Felice Genova
e della Stagione Teatrale 2024/25
del Teatro Nazionale di Genova
IL GIRO DI VITE
dal racconto di Henry James,
Traduzione e adattamento di Carlo Sciaccaluga
Istitutrice Linda Gennari
Mrs. Grose Gaia Aprea
Peter Quint Aleph Viola
Miss Jessel Virginia Campolucci
Miles Luigi Bignone
Flora Ludovica Iannetti
Regia Davide Livermore
Scene Manuel Zuriaga
Costumi Mariana Fracasso
Musiche Giua
Disegno sonoro Edoardo Ambrosio
Luci Antonio Castro
THE TURN OF THE SCREW
Opera in un prologo e due atti
Libretto di Myfanwy Piper
dal racconto di Henry James
Musicadi Benjamin Britten
Quint Valentino Buzza
The Governess Karen Gardeazabal
Miles Oliver Barlow
Flora Lucy Barlow
Mrs. Grose Polly Leech
Miss Jessel Marianna Mappa
Orchestra e tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Direttore Riccardo Minasi
Regia Davide Livermore
Scene Manuel Zuriaga
Costumi Mariana Fracasso
Luci Antonio Castro, Nadia García
FOTO: Federico Pitto