Aida 1913 – Arena Opera Festival 2024, Verona
Nell’anfiteatro veronese torna Aida, la più areniana delle opere, nella amatissima messa in scena ideata da Gianfranco De Bosio.
L’edizione 2024 dell’Arena Opera Festival di Verona è l’occasione perfetta per rendere omaggio alla figura di Gianfranco de Bosio, che ebbe i propri natali, cent’anni or sono, nella città scaligera. Noto per il suo impegno nella lotta contro il nazifascismo durante il periodo della Resistenza, De Bosio passò alla storia anche, e soprattutto, per il suo amore incondizionato nei confronti del teatro. Fu senza dubbio una figura fondamentale per l’Ente Lirico Arena di Verona, ove ricoprì la carica di Sovrintendente dal 1969 al 1972 e dal 1992 al 1998. Sotto la sua guida, l’anfiteatro conobbe un periodo particolarmente florido sia per il rilievo degli artisti ivi chiamati ad esibirsi, sia per l’apporto innovativo e talvolta sperimentale dei registi coinvolti nelle produzioni. In quel periodo, De Bosio si occupò anche della progettazione di alcuni spettacoli tra cui spicca, nel 1982, una nuova produzione di Aida, ispirata ai bozzetti originali creati da Ettore Fagiuoli per l’edizione tenuta a battesimo sul palcoscenico veronese il 10 agosto 1913, inaugurando, di fatto, la più celebre ed acclamata tradizione operistica estiva del mondo.
Uno spettacolo fortunatissimo, riproposto per ben duecentosessantasette serate nel corso di ventidue edizioni festivaliere. Dopo una serie di recite che hanno visto il ritorno della oramai celebre Aida di “cristallo” ideata da Stefano Poda nel 2023, l’allestimento di De Bosio trova ora la sua collocazione nel cartellone di quest’anno quale doveroso omaggio al regista scomparso nel 2022. Attraverso scene monumentali (un plauso alle abilità di organizzatore e coordinatore di Michele Olcese, Direttore degli allestimenti scenici), la vicenda ci viene raccontata con filologica fedeltà alle didascalie del libretto. Il palcoscenico è occupato da centinaia di comparse dai coloratissimi e variopinti costumi, liberamente ispirati agli originari figurini dell’egittologo Auguste Mariette. Sorprendentemente affascinanti le coreografie di Susanna Egri, impreziosite dalla grazia dei primi ballerini Eleana Andreoudi, Gioacchino Starace e Denys Cherevychko. Un plauso incondizionato merita, in ogni caso, l’intero corpo di ballo della Fondazione Arena di Verona, ottimamente coordinato da Gaetano Petrosino.
Altra doverosa menzione per la squadra dei tecnici della Fondazione Arena che assicurano il perfetto funzionamento dell’allestimento e fanno sì che questo regali un colpo d’occhio appagante e sorprendente, in grado di travolgere lo spettatore e trascinarlo, con autentico stupore, in un Egitto incantato.
Uno spettacolo ricco, anzi ricchissimo, secondo la più classica delle tradizioni areniane. E se la messinscena soffre inevitabilmente della mancanza di un disegno preciso ed approfondito che possa coordinare al meglio i movimenti di ognuno, dall’altra parte si presta ad una rappresentazione riuscitissima e quanto mai veritiera di un teatro inteso come “scatola delle meraviglie”, dove il pubblico può fantasticare e sognare.
Merito, anche, di una esecuzione di tutto rispetto che si è imposta nonostante le perturbazioni meteorologiche ne abbiano causato l’interruzione in un paio di occasioni. É un vero peccato, tra l’altro, che per volere di Giove pluvio la recita si sia interrotta definitivamente nel quarto atto, nel bel mezzo della scena del giudizio.
Passando al versante musicale, su podio troviamo Daniel Oren, autentico beniamino del pubblico areniano. Il maestro israeliano conosce la partitura verdiana in ogni sua minima piega, come testimoniato dalla varietà di sfumature e colori con cui viene permeato il tessuto narrativo. La scelta di tempi adeguatamente spediti assicura una tensione crescente al racconto, condotto nel giusto equilibrio tra la solennità delle scene di massa e il ripiegato intimismo delle meravigliose oasi liriche. Per dare vita a questo dramma dei sentimenti Oren sceglie anche il giusto volume orchestrale, sbalzando piano e pianissimi con lucida fermezza. L’orchestra areniana aderisce perfettamente alle indicazioni del direttore, dando vita ad un magma sonoro denso ed avvolgente.
Sul palcoscenico si esibisce una compagnia di canto di buon livello.
Maria José Siri torna a vestire i panni della protagonista dopo averla interpretata, poche settimane prima, nella già citata produzione di Poda. In questa occasione il soprano appare in ottima forma e, forte di una vocalità duttile e sicura, supera brillantemente le difficoltà della scrittura. Attraverso l’uso di filati e mezze voci, fornisce una caratterizzazione convincente del personaggio, con particolare focus al lato intimista e romantico della principessa etiope. Una bella prova impreziosita dal pregevole cesello del fraseggio.
Al suo fianco, Gregory Kunde offre una prestazione in crescendo che vede il proprio apice, in particolare, in terzo e quarto atto. L’inevitabile passare del tempo ha portato, oggi, ad una minore elasticità della linea e ad un naturale impoverimento timbrico, ma lo squillo del registro superiore è ancora stupefacente. E, soprattutto, rimane la grandezza dell’artista che riesce a definire il personaggio adattandolo alle peculiarità della sua attuale vocalità. Un Radamès che si impone più come eroico condottiero che come ardente innamorato.
Ekaterina Semenchuk sfoggia una vocalità salda e poderosa, grazie alla quale disegna una Amneris ferina ed appassionata. La linea si dispiega attraverso centri corposi, gravi sonori e acuti ampi e ben proiettati. Curato ed incisivo l’accento.
Youngjun Park presta al personaggio di Amonasro l’ampiezza di un mezzo cui non difettano di certo squillo e volume. Il re etiope viene disegnato dall’artista con la solennità di un fraseggio adeguatamente scolpito.
Tonante e granitico il Ramfis di Alexander Vinogradov, sicuro nell’emissione e ieratico nell’accento.
Giorgi Manoshvili, dalla vocalità vellutata e ben impostata, è un Re sapientemente maestoso.
Completano la locandina lo squillante messaggero di Riccardo Rados e la musicalissima sacerdotessa di Francesca Maionchi.
Resta da riferire della splendida prova del Coro areniano che, sotto la magistrale e sapiente guida di Roberto Gabbiani, impreziosisce la partitura con poderosa intensità e varietà d’accento.
Pubblico numerosissimo ed entusiasta che premia gli artisti con generosi applausi al termine dei rispettivi numeri solistici.
AIDA
Opera in quattro atti
Libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Il Re Giorgi Manoshvili
Amneris Ekaterina Semenchuk
Aida Maria José Siri
Radamès Gregory Kunde
Ramfis Alexander Vinogradov
Amonasro Youngjun Park
Un messaggero Riccardo Rados
Sacerdotessa Francesca Maionchi
Primi ballerini Eleana Andreoudi,
Denys Cherevychko, Gioacchino Starace
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Gianfranco De Bosio
Coreografia Susanna Egri
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
FOTO: ENNEVI