Spettacoli

Il cappello di paglia di Firenze – Teatro alla Scala, Milano

Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota rallegra la fine dell’estate milanese. 

“Era una vera gioia lavorare con lui. La sua creatività te la sentivi così vicina che ti comunicava una sorta di ebbrezza fino a darti la sensazione che la musica la stessi facendo tu. Entrava nelle atmosfere, nei personaggi, nei colori dei miei film così pienamente da permearli della sua musica” Con queste parole Federico Fellini ricorda Nino Rota, uno dei musicisti italiani più famosi e giustamente celebrati della contemporaneità. Del compositore si ricorda l’Oscar vinto nel 1975 per il Padrino-parte II, il premio Grammy ed il Golden Globe ma ci si dimentica spesso che Rota compose anche musica classica ed una decina di opere liriche. Fra queste, forse la più nota, è proprio Il cappello di paglia di Firenze, messa in scena, nel passato, anche da illustri registi quali Giorgio Strehler e Pier Luigi Pizzi.

Pierluigi D’Aloia, Laura Lolita Perešivana, Huanhong Li e Paolo Nevi

La Scala di Milano, dopo la sua breve pausa estiva, riprende la programmazione proprio con questo delizioso lavoro di Rota e lo affida ai giovani talenti della sua Accademia. “Una pura farsa, da prendere o lasciare: l’unica forse che l’opera italiana del nostro secolo abbia prodotto” così Fedele d’Amico definiva il componimento dell’amico Nino, una sorta di gioco musicale nato dalla collaborazione fra il musicista e sua madre Ernesta, pianista. L’ispirazione per questa farsa, composta negli anni del dopoguerra, e messa in scena per la prima volta a Palermo solo nel 1955, deriva da Un chapeau de paille d’Italie, un vaudeville di Eugène Labiche del 1851. LaFolle Journée” di Fadinard alla ricerca del cappello di paglia è in realtà un pretesto per compiere un viaggio musicale che ci porta attraverso tante citazioni più o meno esplicite dal preludio mozartiano fino alle “musiche da film” per cui Rota è divenuto famoso, passando però anche per momenti verdiani, veristi, wagneriani e a sonorità più leggere come quelle tipiche dell’operetta. Un vero e proprio florilegio musicale che accompagna le tante disavventure del protagonista. Un libretto non facilissimo da mettere in scena e il gravoso compito è stato affidato al regista Mario Acampa che ha risolto lo spettacolo in modo veramente encomiabile. L’azione si apre sulla facciata della fabbrica di cappelli “E. Rota”, siamo negli anni del dopoguerra e, nel preludio, assistiamo ad una scazzottata fra due ragazzi innamorati forse della stessa fanciulla. Uno dei due cade a terra svenuto ed inizia un complesso e tortuoso sogno. Lo spettacolo è incentrato su di un imponente edificio rotante a due piani (scene di Riccardo Sgaramella) che mostra al pubblico ambienti sempre diversi ed in continua trasformazione per adattarsi alle esigenze del libretto. Abbiamo apprezzato la grande cura che il regista ha profuso in ogni particolare, le studiatissime movenze dei personaggi mutevoli e rapide in sintonia con il continuo movimento del fabbricato. Una produzione votata al sorriso e all’ironia, leggera e divertente ma pensata e rifinita con grande cura. Belli i costumi di Chiara Amaltea Ciarelli che spaziano dal rigore di metà novecento allo sfarzo delle feste ottocentesche, ben curate in questo senso anche le coreografie di Anna Olkhovaya. Sempre adeguate e funzionali all’azione le luci di Andrea Giretti

Se visivamente lo spettacolo ci ha pienamente soddisfatto non da meno sono stati i promettenti cantanti dell’Accademia Teatro alla Scala

Non possiamo che partire dal bravissimo Pierluigi d’Aloia che ha saputo vestire i panni del protagonista Fadinard in modo eccellente. La voce del tenore risulta sempre educata, caratterizzata da un piacevole vibrato naturale ed adeguata alla parte. Eccezionale è stata poi la capacità interpretativa in un ruolo lungo e complesso che si gioca tutto sull’ironia e su una particolare dinamicità. Un plauso quindi a questo artista: una piacevole rivelazione. 

Pierluigi D’Aloia, William Allione e Greta Doveri

Al suo fianco Elena, la promessa sposa, era interpretata da Laura Lolita Perešivana. Una buona prova la sua, grazie agli acuti ben sostenuti e squillanti ed una voce che non faticava a farsi sentire nella grande sala milanese. Spigliata anche la presenza scenica, buona l’amalgama vocale e l’intesa nei duetti con d’Aloia

Tuonante la voce del basso Huanhong Livio Li che è spesso chiamato nella partitura ad essere quasi un Don Basilio di rossiniana memoria. I suoi vibranti e sicuri acuti hanno sicuramente smosso la coscienza del protagonista, buona la sua prova ma è risultata perfettibile la pronuncia, non sempre corretta. 

Tanti i debutti di giovani allievi, ma c’era anche un nome noto ai melomani, quello di Vito Priante, che ha portato, ottimo esempio per i giovani colleghi, la sua esperienza e sicurezza sul palco. Il suo Beaapertuis è risultato sempre credibile, spassoso e soprattutto ha convinto il pubblico con la splendida esecuzione dell’aria e scena che apre il terzo atto. 

Bravissima anche Greta Doveri, che qui interpretata Anaide la peccaminosa moglie di Beaupertuis. La splendida voce, piena e ben controllata, sa esprimere egregiamente la malizia di questa donna, con un canto sempre suadente ed affascinante. 

Bene ha fatto anche il contralto Marcela Rahal, La baronessa di Champigny, che ha saputo portare sul palco una nobile passionale e focosa ed ha convinto il pubblico con il colore ambrato e accattivante della sua splendida ed ampia voce. 

Brava anche Fan Zhou che è riuscita a mettersi in evidenza nel piccolo ruolo di Una modista, ricoperto comunque con convinzione e capacità tecnica.

Adeguati anche i tanti comprimari che hanno animato la scena, ricordiamo il simpatico ed intonato Paolo Antonio Nevi, lo zio Vezinet, William Allione, un focoso Emilio, ed infine i bravi Haiyang Guo, Felice, Tianzuefei Sun con il doppio ruolo di Achille di Rosalba e Una guardia e Wonjun Jo, Un caporale delle guardie. 

Marcela Rahal

Resta da dire dell’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala che ha suonato con grande professionalità, offrendo una prova di maturità e capacità. È probabile che a questo risultato si sia giunti grazie ai preziosi consigli e all’impegno del Maestro Donato Renzetti che ha condotto la compagine orchestrale all’insegna del brio e del divertimento e ha regalato al pubblico milanese note svelte e guizzanti che hanno reso piacevolissima la serata. Una menzione particolare al bravo Daniel Bossi che ci ha deliziato con un piccolo assolo di violino nel ruolo di Minardi. Ha fatto bene anche il Coro dell’Accademia, ovviamente il confronto con il coro scaligero “ufficiale” è impari ed ingiusto ma i giovani artisti hanno saputo essere convincenti e sempre intonatissimi.

Una serata conclusa da applausi e tanto entusiasmo per una Accademia che si conferma essere una delle eccellenze dei teatri italiani. 

Il cappello di paglia di Firenze
Farsa musicale in quattro atti e cinque quadri
Libretto di Ernesta e Nino Rota da Eugène Labiche e Marc Michel
Musica di Nino Rota

Fadinard Pierluigi D’Aloia
Nonancourt Huanhong Li
La baronessa di Champigny Marcela Rahal
Elena Laura Lolita Perešivana
Beaupertuis Vito Priante
Anaide Greta Doveri
Emilio/ Un caporale delle guardie William Allione
Lo zio Vezinet Paolo Nevi
Una modista Fan Zhou
Felice Haiyang Guo
Achille di Rosalba, bellimbusto/ una guardia Tianxuefei Sun
Minardi, violinista Daniel Bossi

Direttore Donato Renzetti
Regia Mario Acampa
Scene Riccardo Sgaramella
Costumi Chiara Amaltea Ciarelli
Coreografia Anna Olkhovaya
Luci Andrea Giretti

Coro ed Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala

FOTO: Brescia/Amisano Teatro alla Scala