Ermione – ROF 2024, Pesaro
Della figura mitologica di Ermione sono rimasti pochi riferimenti letterari. A lei era probabilmente dedicata un’opera di Sofocle, per noi persa, e ripresa poi dal latino Pacuvio; compare nell’Andromaca di Euripide e in poche altre fonti. La figlia di Menelao ed Elena è intrappolata in un destino di infelicità e gelosia soprattutto nei confronti della rivale in amore: Andromaca. Nel caso di Gioachino Rossini, la materia per il libretto proviene dall’Andromaca di Racine, pur con qualche libertà letteraria. Ad esempio Andromaca, in questo caso, non è madre di Molosso, che nel mito nasce da Neottolemo ma del solo Astianatte, sopravvissuto nell’opera alla guerra di Troia. Ermione debutta a Napoli nel 1819 ed incontra scarso successo probabilmente per la sua musica fortemente innovativa e per la mancanza di un lieto fine caro al pubblico del tempo. Il Rossini Opera Festival 2024, ripropone la sesta opera seria del cigno di Pesaro e lo fa affidando la regia a Johannes Erath e le scene a Heike Scheele. Sul palco, nella quasi totale oscurità, compare una grande tavola imbandita, una reggia smaterializzata ma opulenta, base di tutta l’azione. La scena è incorniciata da numerosi neon bianchi che creano un affascinante contrasto visivo, ben sottolineato anche dalle luci sapienti di Fabio Antoci. Il mondo in cui si muove Ermione è atemporale, corrotto e decadente, ricco di cortigiani e comparse, dominato da un cupido volutamente goffo che tira frecce luminose con noncuranza. La produzione difetta forse di un po’ di chiarezza quando, dal mondo cortigiano, si passa alla riproduzione della platea di un teatro e francamente non abbiamo capito cosa il regista volesse suggerirci. Sempre interessanti risultano i costumi estrosi e non banali di Jeorge Jara, piacevoli i video perlopiù a tema marino di Bibi Abel.
Musicalmente Ermione si configura, per complessità ed articolazione della scrittura, come una delle partiture rossiniane di più difficile esecuzione.
Michele Mariotti, dal podio, si accosta a questo capolavoro offrendone una lettura meditata e di grande modernità. Il direttore pesarese riesce a scandagliare il tessuto musicale e a cogliere le diverse, quanto complementari, tematiche in esso contenute. Fa proprie le radici drammaturgiche dell’intreccio e plasma il suono piegandolo alle ragioni della giusta espressività teatrale. Le arcate melodiche, costruite con una tavolozza di colori quantomai variegati e sfumati, si susseguono serrate ed incalzanti, come parti essenziali ed insostituibili di un dramma romantico che prende vita dalla più cupa tragicità. Ottima l’intesa con la compagine strumentale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in forma smagliante per compattezza e duttilità. Altrettanto riuscito l’equilibrio tra buca e palcoscenico, ben sottolineato dalla capacità della bacchetta di supportare al meglio i cantanti tanto nelle pagine virtuosistiche, quanto in quelle più cantabili.
Anastasia Bartoli, al suo primo incontro con il ruolo del titolo, conquista la platea. Il soprano conferma la preziosità di una vocalità importante e privilegiata che si apprezza, in primis, per la ricchezza di armonici. La linea vocale, dai centri rigogliosi, sale facilmente nella regione più acuta dove si espande con buona proiezione. L’artista si impone, inoltre, per la naturalezza e l’incisività di un fraseggio cesellato ed espressivo, soprattutto nel declamato. La sua Ermione sa essere perfida ed insinuante, sensuale e seduttiva, livida di rabbia e furia vendicativa, ma conosce anche il perdono e l’amore. Qualche passaggio, specie dove la coloratura si fa più fitta come nella parte conclusiva della grande scena di secondo atto, risulta perfettibile, ma è poca cosa dinanzi al valore di una prova di tale intensità e carisma.
Al suo fianco, Enea Scala è un ottimo Pirro. Il tenore domina la scrittura, che definire scomoda sarebbe un eufemismo, e supera con facilità le innumerevoli insidie del ruolo sciorinando colorature, salti d’ottava, improvvisi scarti verso il registro acuto. Il mezzo, dal peculiare timbro baritenorile, ben si presta, tra l’altro, alla riuscita esecuzione dell’aria “Balena in man del figlio”, che vale al tenore un lungo e caloroso applauso a scena aperta. Particolarmente curata è, poi, la caratterizzazione del personaggio tratteggiato con convinzione ed assoluta immedesimazione come un regnante volubile ed irascibile.
Juan Diego Flórez veste i panni di Oreste ed aggiunge così un nuovo personaggio alla folta galleria di ruoli rossiniani già portati sulla scena nel corso della sua folgorante carriera. Il tenore peruviano conferma, se mai ce ne fosse bisogno, quale sia l’essenza dello stile rossiniano e ne dà ampia prova attraverso un dominio tecnico di impareggiabile solidità. Le colorature vengono risolte con facilità, il controllo del canto sul fiato impreziosisce l’involo romantico del duetto con Ermione, la penetrazione del registro acuto ben sottolinea il tormento del personaggio. Rispetto ad altri ruoli già affrontati, quello di Oreste si caratterizza per una scrittura forse più spinta; Flórez, da autentico fuoriclasse, dimostra di saper risolvere le insidie della parte senza forzature, mantenendo lo strumento naturale e facendo leva su di una organizzazione complessiva sempre salda e sorvegliata.
Complessivamente corretta la Andromaca di Victoria Yarovaya, in possesso di una vocalità brunita e di buon volume. Particolarmente riuscita la caratterizzazione scenica del personaggio, qui delineato nella propria austera fierezza principesca.
Note positive anche per Michael Mofidian, un Fenicio incisivo nel canto come sulla scena, e per Antonio Mandrillo, Pilade squillante e ben sorretto nell’emissione.
Completano la locandina la delicata Cleone di Martiniana Antonie, la ben tornita Cefisa di Paola Leguizamón e il sonoro Attalo di Tianxuefei Sun.
Resta da riferire della splendida prova del Coro del Teatro Ventidio Basso che, sotto l’esperta guida di Giovanni Farina, conferisce la giusta espressività ad ogni intervento.
Successo straripante al termine con meritate ovazioni all’indirizzo dei tre protagonisti e direttore.
Marco Faverzani | Giorgio Panigati
La splendida nuova produzione di Ermione al Rossini Opera Festival 2024 ripercorre, se non addirittura supera, il medesimo successo dello scorso anno con Eduardo e Cristina. Lo spettacolo di Johannes Erath, con le scene evocative di Hieke Scheele, i bei costumi di Jorge Jara, i video chiaramente descrittivi di Bibi Abel e le luci suggestive di Fabio Antoci, funziona dall’inizio alla fine e laddove non tutto è comprensibile, lascia spazio personale all’immaginazione artistica, molto giocata sull’emozione, inducendo a pensare, ragione fondamentale se non ultima dell’esistere del teatro: mezzo di diffusione di idee.
Michele Mariotti guida la parte musicale con estrema cura, come di suo consueto, ma ancor più col compositore suo concittadino, quasi ne conoscesse l’animo nel suo profondo. Il lavoro di cesello non si nota soltanto con la strabiliante Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, ma anche in palcoscenico, dove ognuno degli interpreti, compresi i ruoli minori, sembra sviscerare lo spartito.
Anastasia Bartoli dimostra di essere un vero soprano drammatico di agilità, capace di arricchire la parte di colori e fraseggi che dipingono perfettamente il personaggio. La sua voce è metallo smaltato, anche nei pianissimi e nelle note più basse, dimostrando un’ottima padronanza dell’emissione e della proiezione, soprattutto nella grande scena di secondo atto, dove sa tenere tutto sotto controllo nonostante la concitazione richiesta nelle lunghe pagine, concitazione che crea una fortissima tensione in tutto il pubblico, che ascolta in assoluto silenzio e col cuore in gola, fino ad esplodere in una vera ovazione.
La affianca il superlativo Pirro di Enea Scala che si palesa nuovamente come l’attuale baritenore di riferimento, non solo per l’abilità tecnica al servizio della vocalità, ma anche per quella al servizio dell’interpretazione della parola, che in questo ruolo risulta essere assolutamente esaltante.
A completare questo quartetto di dèi rossiniani è l’Oreste di Juan Diego Flórez, al suo ventottesimo anno di presenza al ROF, che non appena emette la prima nota, subito rivela la grazia che da sempre lo contraddistingue. Il legato e la capacità di risuonare sulle consonanti sono da sempre gli strumenti invincibili del suo belcanto, impreziosito di colori meravigliosi e inconfondibili.
Ottime le prove di Victoria Yarovaya nei panni di Andromaca e Michael Mofidian in quelli di Fenicio. Molto bene anche per l’Attalo di Tianxuefei Sun.
Sinceramente eccellente il Coro del Teatro Ventidio Basso guidato da Giovanni Farina.
William Fratti
ERMIONE
Azione tragica in due atti di Andrea Leone Tottola
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della fondazione Rossini,
in collaborazione con Casa Ricordi
a cura di Patricia B. Brauner e Philip Gossett
Ermione Anastasia Bartoli
Andromaca Victoria Yarovaya
Pirro Enea Scala
Oreste Juan Diego Flórez
Pilade Antonio Mandrillo
Fenicio Michael Mofidian
Cleone Martiniana Antonie
Cefisa Paola Leguizamón
Attalo Tianxuefei Sun
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Coro del Teatro Ventidio Basso
Direttore Michele Mariotti
Maestro del coro Giovanni Farina
Regia Johannes Erath
Scene Hieke Scheele
Costumi Jorge Jara
Video Bibi Abel
Luci Fabio Antoci
Foto: Amati Bacciardi