Spettacoli

Turandot – 70° Festival Puccini 2024

Il Festival di Torre del Lago 2024, come ultima tappa del suo articolato percorso, rende omaggio a Giacomo Puccini proponendo Turandot come avvenne nella serata del suo debutto postumo al Teatro alla Scala. Come è noto e divenuto leggendario, Arturo Toscanini interruppe l’opera sul coro alla morte di Liù, punto nel quale Pier Luigi Pizzi realizza un suggestivo corteo funebre, a cui tra l’altro si accoda, per ultima e a capo scoperto, perfino Turandot. Un emozionante tributo all’arte del Maestro, che costituisce l’epilogo di una rappresentazione pulita e lineare, ambientata in una Città proibita stilizzata nelle proiezioni video di Matteo Letizi e che vive soprattutto del contrasto tra poche tinte decise e nel gioco di luci terse e penombre, ancora per mano di Massimo Gasparon. Una torre bianca e massiccia evoca l’impenetrabilità della Principessa di gelo, in abiti candidi come il padre Altoun e la piccola Liù, mentre il popolo di Pechino è vestito di accesi colori. Risalta al primo atto la danza con le proiezioni del fuoco come sfondo ed è ben organizzato il quadro con il terzetto delle maschere, mentre appare poco convincente rendere il personaggio dell’Imperatore in una forma giovanile e asessuata. Nel complesso un allestimento omogeneo ed elegante, pur senza particolari trovate e talora fin troppo essenziale, ma che procede coerentemente al corteo che lo conclude, dove la compostezza emotiva ci appare ispirata ad atmosfere neoclassiche. D’altra parte il finale, per quanto commovente e appropriato alla circostanza, evidenzia quanto la struttura stessa dell’opera richieda a questo punto uno sviluppo, come del resto pensato lo stesso Puccini che aveva già approvato l’intero libretto e scritto per una buona metà il’ultimo duetto.

Se la cornice è omogenea, la direzione di Renato Palumbo si presenta per suo conto poco unitaria e compatta, con momenti eccessivamente dilatati e con passaggi in cui la narrazione pare addirittura arrestarsi. L’intero primo atto manca di accento e di maestosità drammatica; meglio sostenuto il secondo nella sequenza delle maschere e durante l’aria di Turandot, e tuttavia anche la scena degli enigmi riesce slentata; abbastanza scolorito l’inizio del terzo atto, mentre la parte che segue è di maggiore vigore e intensità e culmina nell’incanto di un finale delicato.
Il suono dell’Orchestra del Festival Puccini è poi in generale di modesto volume, non sempre preciso, soprattutto negli ottoni, e con una timbrica poco evidente. Anche il Coro si mostra in difficoltà, soprattutto per la debolezza delle voci maschili e lo scarso coordinamento. Più convincenti le Voci bianche, che risentano tuttavia anch’esse del passo rallentato.

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Anna Pirozzi

Si staglia invece con rilievo la prova di Anna Pirozzi, al suo debutto a Torre del Lago e a cui in chiusura viene consegnato ufficialmente il Premio Puccini, che le era già stato asseggato lo scorso 22 dicembre. La sua è davvero una Turandot candida e oscura, marmorea ed aggraziata all’esterno ma che nell’intimo ribolle di aggressività e risentimento. La vocalità è nobile e trasparente, salda negli acuti e con una ricca varietà dinamica. Con un accurato fraseggio interpreta “In questa reggia”, è coinvolgente durante gli enigmi e al terzo atto ben esprime il turbamento dinanzi al suicidio di Liù, unendo alla fermezza del canto un’eloquente gestualità.

Da parte sua sorprende Amadi Lagha, più volte ascoltato come un Calaf smagliante, ma che qui non esibisce la consueta rotondità e le proiezioni nitide e potenti. Soprattutto al principio, l’emissione è piena di diseguaglianze nel volume e nel colore e fa fatica a strutturarsi. Ritrova consistenza e brillantezza al secondo atto, con acuti maggiormente svettanti e un’interpretazione meno anonima e più eroica. In “Nessun dorma” è poi energico e luminoso, e tuttavia con una forza non paragonabile all’elevato standard delle sue esecuzioni.

Di ottima estensione e correttezza la Liù di Chunxi Hu, che interpreta “Signore ascolta” in una forma levigata ma poco emozionante. Sono invece piene di pathos le due arie conclusive, con un canto più scavato e articolato che descrive il personaggio in modi struggenti e delicati.

Il quadro delle maschere al secondo atto è con l’aria di Turandot la parte più rilevante di questa produzione, grazie a un trio di grande vivacità e affiatamento. Scolpito il Ping di Pietro Spagnoli, che dà voce anche ad un autorevole Mandarino; melodico e scandito il Pong di Luigi Morassi e luminoso e dalla linea definita il Pang di Saverio Pugliese. Ogni loro intervento risulta accuratamente espressivo, nel susseguirsi di parti marcate e momenti di sognante lirismo.

Saldamente impostato il Timur di Andrea Concetti, un po’ uniforme all’inizio ma via via più incisivo, fino ad intonare con grande dolcezza il lamento funebre di Liù.
Come già detto, appare invece fuori contesto l’enfatica figura di Altoun, per nulla paterno e neppure solenne, nonostante il canto preciso e squillante di Danilo Pastore. Preziose e accurate le ancelle di Greta Buonamici e Maria Salvini.

Uno spettacolo accolto con appalusi fragorosi e intensa commozione. Entusiasmo soprattutto per la Pirozzi, Lagha e Chunxi Hu.

TURANDOT
Dramma lirico in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni

Musica di Giacomo Puccini

Maestro concertatore e direttore d’orchestra Renato Palumbo

Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi

personaggi e interpreti
La Principessa Turandot – Anna Pirozzi
L’imperatore Altoum – Danilo Pastore
Timur – Andrea Concetti
Il Principe Ignoto (Calaf) – Amadi Lagha
Liù – Chunxi Hu
Ping – Pietro Spagnoli
Pang – Saverio Pugliese
Pong – Luigi Morassi
Un Mandarino – Pietro Spagnoli
Prima Ancella – Greta Buonamici
Seconda Ancella – Maria Salvini
Principe di Persia – Davide Piaggio

Coreografia – Gheorghe Iancu
Disegno luci – Massimo Gasparon
Disegno video – Matteo Letizi

ORCHESTRA E CORO DEL FESTIVAL PUCCINI
Maestro del Coro – Roberto Ardigò

Coro delle Voci Bianche del Festival Puccini
Maestro del Coro voci bianche Chiara Mariani

Foto: Giorgio Andreuccetti