Aladino e la lampada magica – 50° Festival della Valle d’Itria
Una favola che incanta e cattura con la sua lineare semplicità e che al contempo ci conduce nel profondo, verso aspetti archetipici e nuclei vitali: così ci si presenta Aladino e la lampada magica di Nino Rota, nell’allestimento di Rita Cosentino e con la direzione di Francesco Lanzillotta. Come il bambino che si nasconde alla maestra per restare in biblioteca, anche noi siamo affascianti dal libro posto sul leggio e veniamo invitati ad entrare nel fantastico mondo de “Le mille e una notte”. Un espediente narrativo semplice ed efficace, realizzato nello stesso ambiente creato per Norma, ma che qui viene sfruttato dalla scenografa Lelia Fteita con maggiore inventiva. La parete curvilinea con le due strette aperture diviene l’ampia scaffalatura dei volumi, che si apre come una pagina per evocare i diversi paesaggi, dalla caverna della lampada al palazzo del Re. “C’era una volta..” intona il coro dei bambini e così inizia la storia di Aladino, con il mago che si finge suo zio per farlo scendere nella grotta e conquistargli la lampada magica; ma grazie all’aiuto dei due Geni il ragazzo riuscirà a scampare il pericolo e a superare tutti gli inganni, fino a diventare ricco, sposare la principessa e vivere felice e contento. E alla fine anche il bambino nella biblioteca avrà vissuto la sua avventura ed acquisito il suo sapere.
Un percorso di crescita scandito da tappe precise nei diversi quadri, animati da accurati movimenti e da coinvolgenti balletti, con suggestive illuminazioni di Pietro Sperduti e preziosi costumi, ancora di Lelia Fteita come le scene. Una fiaba che è quasi un romanzo di formazione, densissimo di significati, ma che in questa edizione si tiene lontano da connotazioni esoteriche o scopertamente filosofiche, di fatto presenti nelle intenzioni di Rota e del librettista Vinci Verginelli. “Saggio è il mortale che alla grotta scenderà” si canta nel finale, con riferimento alle catabasi della poesia classica e della tradizione ermetica. E con voli non troppo pindarici ci si potrebbe allargare a Das Rheingold e Die Zuberflote nonché a Turandot, a cui tra l’altro rimanda la figura della Principessa. Ma qui è il racconto stesso nel suo procedere a svelarci la sua profondità, con una trama lineare ed una musica che non è mai particolarmente incisiva o intensamente drammatica, ma che si dispiega comunque in una grande varietà di forme e di colori. Ogni dialogo è immediato ed efficace numerosi sono gli interventi del coro e i momenti cantabili, in un susseguirsi di atmosfere leggere o solenni, ironiche o drammatiche e perfino liriche e sognanti.
A questa molteplicità di aspetti rende certamente giustizia la direzione di Francesco Lanzillotta, che fa emergere la specificità di ogni quadro legandolo agli altri in un disegno di coerente compattezza. L’intera esecuzione è improntata alla trasparenza e alla cura dei timbri orchestrali, con un suono ricco, talora travolgente, e con un tocco di esotismo sempre di grande misura e appropriatezza.
Affiatato e brillante tutto il cast degli interpreti, con Marco Ciaponi che è un Aladino fresco e giovanile, con voce luminosa e una chiara dizione, capace di rappresentare con grande naturalezza l’ingenuità e l’energia del protagonista. Solare e assai melodico in ogni parte, risulta particolarmente intenso anche nelle parti drammatiche, come nella preghiera dentro la caverna e nel lamento alla sparizione della reggia.
Marco Filippo Romano interpreta il doppio ruolo del Mago e del Re, caratterizzando le due figure in maniera diversa e alquanto marcata. E’ grottesco e tonante come Mago e comico e leggero come Re, con un’emissione rotonda e un fraseggio articolato e accuratamente definito, di grande duttilità.
La Principessa Badr-al-Budùr è Claudia Urru con una vocalità cristallina ed interventi delicati e struggenti. Assai seducente il canto durante la scena del bagno e ricco di pathos il lamento nella reggia.
Sbalzata con rilievo la figura della Madre da Eleonora Filipponi, che esibisce una vocalità piena e uno stile marcato. Espressi con intensità tanto il dolore nella casa quanto la fierezza davanti al Re.
Articolato con cura il Gran Ministro di Rocco Cavalluzzi e definito e fluente l’Orafo di Omar Cepparolli.
Ha una dizione scandita e un piglio autorevole il Genio della lampada di Giovanni Accardi, mentre è agile e brillante il Genio dell’anello interpretato da Alexander Ivakhin, che accompagna simpatiche movenze con i fruscii del costume.
Chiaro e spigliato Pepe Hannan, che con Davide Zaccherini e Zachary McCuclloch forma il vivace terzetto dei compagni di Aladino.
Ha una ricca gestualità e una proiezione incisiva l’Ancella di Anastasia Churakova.
Degna di nota anche la bravura dei figuranti Francesco Maria Basile, Vitantonio Blasi, Carlo Buonfrate e quella dei danzatori Emanuela Boldetti e Samuel Moretti.
Fondamentali nella narrazione gli interventi del Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi, diretti da Angela Locarbonara e quelli del Coro del Teatro Petruzzelli di Bari diretti da Marco Medved. Fascinosi soprattutto i cori iniziali e conclusivi e di grande efficacia quelli in dialogo con i solisti.
Molto applauditi la Urru, Marco Filippo Romano e con particolare calore Ciaponi e Lanzillotta.
A mo’ di epilogo, ci si potrebbe chiedere quel che si domandava lo stesso Nino Rota “Una favola, e per di più tanto famosa, nei problematici tempi che corrono? Quali motivi di ispirazione potrebbe trovarvi un musicista e quale interesse per l’ascoltatore di oggi?”
A distanza di anni, in un mondo ancora più complesso e disorganico, la fiaba ci dà un’occasione per la ricerca di un centro, guardando noi stessi dentro uno specchio, che pare piano e immediato, ma che in verità è tutt’altro che tale. Grazie quindi al Festival di Martina Franca per questa produzione e per aver ripreso il dibattito sulle opere di Rota.
ALADINO E LA LAMPADA MAGICA
di Nino Rota
Fiaba lirica in tre atti e undici quadri
su libretto di Vinci Verginelli da Le mille e una notte
Direttore Francesco Lanzillotta
Regia e movimenti coreografici Rita Cosentino
Scene e costumi Leila Fteita
Disegno luci Pietro Sperduti
Aladino Marco Ciaponi tenore
Il Mago Maghrebino/ Il Re Marco Filippo Romano basso
La Principessa Badr-al-Budùr Claudia Urru soprano
La madre di Aladino Eleonora Filipponi mezzosoprano
Il Gran Ministro Rocco Cavalluzzi basso
L’orafo Omar Cepparolli basso
Il primo compagno di Aladino Pepe Hannan tenore
Il secondo compagno di Aladino Davide Zaccherini tenore
Il terzo compagno di Aladino Zachary McCulloch tenore
Un’ancella di Badr-al-Budùr Anastasia Churakova soprano
Il Genio della lampada Giovanni Accardi basso
Il Genio dell’anello Alexander Ilvakhin baritono
I mercanti, I banditori del Re, I compagni di Aladino, Le ancelle di Badr-al Budùr,
La corte del Re, Il popolo, I monelli Coro di bambini
Emanuela Boldetti, Samuel Moretti danzatori
Francesco Maria Basile, Vitantonio Blasi, Carlo Buonfrate figuranti
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli di Bari
Marco Medved maestro del coro
Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi
Angela Lacarbonara maestro del coro
Banda Musicale della Città di Martina Franca “Armonie d’Itria” banda di palcoscenico
Foto: Clarissa Lapolla