Spettacoli

Tosca – 70° Festival Puccini 2024

Il Festival di Torre del Lago prosegue nella sua impegnativa riproposizione in ordine cronologico dei capolavori pucciniani e presenta un altro e nuovo allestimento firmato del suo direttore artistico Pier Luigi Pizzi che, dopo Edgar e Le Willis, mette in scena una Tosca di raffinata eleganza. Il modulo registico utilizzato è il medesimo delle due opere precedenti e impiegato anche nelle produzioni di Massimo Gasparon, con il grande pannello come fondale che è il target di questa edizione 2024 e sul quale il disegno video di Matteo Letizi proietta stavolta immagini che rimandano alla romanità, soprattutto barocca. Così al primo atto troviamo come sfondo gli affreschi della cupola di Sant’Andrea della Valle e in Palazzo Farnese un ampio pannello con un trionfo di Bacco, mentre l’impianto scenico riprende quello di qualche anno fa ambientato nella Roma fascista, con l’altare con la Pietà, le due porte cinquecentesche nel salone di Scarpia e gli spalti di Castel Sant’Angelo. La vicenda viene proposta nella sua cornice storica di inizio Ottocento, con costumi tradizionali anche se essenziali e stilizzati, e se nell’allestimento anni trenta le luci erano perlopiù livide e plumbee, qui sono invece più chiare e delicate, ma comunque sempre fredde, e i video quasi in bianco e nero, anche quando evocano una cornice sontuosa. L’illuminazione della scena per opera di Gasparon si attesta come un elemento alquanto suggestivo, tersa nella sagrestia, umbratile durante il Te Deum e sfumata sulle gradinate del carcere al principio del terzo atto, pur dovendo riconoscere il notturno con le camice nere della sopra citata produzione aveva maggiore forza e poeticità. Il quadro del secondo atto conferma la sua validità con la suddivisione in più livelli e appunto con le due aperture di marmo presenti anche nella sacrestia, a suggerire una situazione in cui sembrava poterci essere ancora una via di scampo, diversamente dalla scena conclusiva.

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Erika Grimaldi e Alejandro Roy

La cornice creata da Pizzi è dunque a tinte tenui, come l’abito della Diva per la festa, a rappresentare il tragico in un contesto nitido e formalista, mostrandosi in questo allineato con la direzione di Daniele Callegari e le prove degli interpreti, che plasmano dal canto loro una Tosca più lirica che terribilmente drammatica, puntando maggiormente sulla valorizzazione della componente cantabile rispetto a sonorità fosche e sanguigne.
L’accordo iniziale manca di vigore e incisività, mentre tutta la prima parte dell’atto si snoda in forme garbate e con tempi distesi che esaltano le melodie e i cromatismi. Più marcata l’intera sequenza del Te Deum, con percussioni e violini che risultano però eccessivamente amplificati, come accadrà poi purtroppo anche per il pastorello e il tamburo al terzo atto. Coesa tutta la scena a Palazzo Farnese, con incisivi dialoghi tra Tosca e Scarpia ed una raffinata sfumatura del finale. All’atto conclusivo spicca la precisione e la rotondità del corno e la campane vengono rese con toni più scuri e drammatici, anche se il suono rimane in generale relativamente luminoso.

Erika Grimaldi è appunto una Tosca di grande lirismo, agile e brillante. Il canto è sempre morbido e saldo anche nelle regioni più alte, un flusso omogeneo organizzato con cura in un fraseggio ricco di accenti e sfumature. Esprime con forza la gelosia nelle scene iniziali e nel secondo atto conferma una linea ferma e modulata, anche se con minime variazioni d’intensità. Di grande trasparenza il “Vissi d’arte”, nella forma di una preghiera straziante ma soave, dove è la grazia a prevalere sul tragico. Una Tosca moderna, che sentiamo vicina alla nostra sensibilità contemporanea, che ha uno sguardo interrogativo sul cadavere di Scarpia, a riflettere sulla gravità e sul senso del suo gesto, con un’attitudine tutta interiorizzata, senza ricorrere a croci e candelabri.

Mario Cavaradossi è interpretato da Alejandro Roy che esibisce una vocalità di ottima estensione, con acuti saldi e potenti aperture. Il canto viene tuttavia eccessivamente scavato finendo per mancare di brillantezza, mentre le melodie riescono troppo segmentate e quindi di limitata ampiezza, come in “Recondita armonia”, e con qualche forzatura, soprattutto in “Vittoria”. Più convincente però la prestazione al terzo atto, in cui l’espressione è di ampio respiro e luminosità, con un “E lucevan le stelle” reso con una chiara dizione e di forte impatto emotivo.

Ha uno stile marcato ed energico lo Scarpiadi Dalibor Jenis, per quanto non sempre risulti accuratamente scandito. Al suo ingresso, il fraseggio appare un poco uniforme, per divenire tuttavia più articolato dall’inizio del Te Deum, dove colpisce l’attitudine tormentata che sul finale si vela quasi d’incertezza. Il personaggio è reso nel suo complesso come uomo di potere brutale e aggressivo, ma senza che gli venga tuttavia attribuita una connotazione sinistra o diabolica.

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Dalibor Jenis e Erika Grimaldi

Sbalzata con rilievo la figura del Sagrestano di Andrea Concetti, con un’emissione omogenea e organizzata con vivacità.
Ha un piglio assertivo e drammatico l’Angelotti di Alessandro Abis, che con voce consistente esprime un’inquietudine da condannato senza scampo.

Luigi Morassi è uno Spoletta più caratterizzato come soldato che come sgherro, in accordo alla cornice e con una proiezione nitida e tratti di nobiltà.
Compatto e ben definito lo Sciarrone di Gianluca Failla, cupo e profondo il carceriere di Alessandro Ceccarini.
Voce ricca e sognante il Pastorello di Alice Pellegrini.

Ben amalgamato e di grande morbidezza il Coro del Festival Puccini, diretto da Roberto Ardigò, che con un Te Deum solenne e vigoroso si ascrive la migliore interpretazione fino ad ora realizzata in questa stagione. Delicate e brillanti le Voci bianche guidate da Chiara Mariani.

Grande entusiasmo per la Grimaldi, applauditissima dal principio alla fine, e fragorosi consensi anche a scena aperta per Roy. Molto apprezzata la regia di Pizzi, insignito in conclusione di serata del premio Piero Cappuccilli, consegnatogli, com’è tradizione, a sorpresa dalla signora Patrizia, figlia del celebre baritono.

TOSCA
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

Musica di Giacomo Puccini

Maestro concertatore e direttore d’orchestra Daniele Callegari

Regie, scene, costumi e disegno luci Pie Luigi Pizzi

Floria Tosca Erika Grimaldi
Mario Cavaradossi Alejandro Roy
Il Barone Scarpia Dalibor Jenis
Cesare Angelotti Alessandro Abis
Il Sagrestano Andrea Concetti
Spoletta Luigi Morassi
Sciarrone Gianluca Failla
Un carceriere Alessandro Ceccarini
Un pastorello Alice Pellegrini

Coreografia Gheorghe Iancu
Disegno video Matteo Letizi

Orchestra e Coro del Festival Puccini
Maestro del Coro Roberto Ardigò

Coro delle voci bianche del Festival Puccini
Maestro del coro voci bianche Chiara Mariani

Foto: Giorgio Andreuccetti