Manon Lescaut – 70° Festival Puccini 2024
All’indomani della serata inaugurale, al Festival di Torre del Lago l’esplorazione dell’universo pucciniano prosegue con Manon Lescaut, la cui composizione, dopo le esperienze de Le Willis e di Edgar, attesta una stupefacente maturazione sul piano drammaturgico e melodico dell’arte del Maestro. Straordinaria in quest’opera è infatti la ricchezza dei temi e dei colori, saldamente intessuti tra loro e continuamente ricorrenti; una varietà espressiva che dovrebbe stagliarsi con rilievo e che invece vediamo emergere soltanto a tratti nella lettura che ne dà Beatrice Venezi alla guida dell’Orchestra del Festival Puccini. L’intera narrazione procede con garbo e chiarezza ma senza una decisa valorizzazione dei cromatismi e con poca cura delle dinamiche, specialmente i pianissimo, e delle transizioni tra i differenti momenti. Il duetto del secondo atto segna tuttavia un momento in cui l’opera prende quota, assumendo un più marcato rilievo che poi ritroveremo anche per tutto il quarto atto, mentre d’altro canto rimane non troppo coinvolgente l’esecuzione dell’Intermezzo. Con il palcoscenico si denota comunque una feconda interazione, non soltanto durante gli interventi del Coro diretto da Roberto Ardigò – che ha qualche esitazione, diviso talora in due parti tra loro troppo distanti – ma soprattutto nell’attenzione e nel sostegno agli interpreti.
Tra questi, Alessandra Di Giorgio nel ruolo di Manon si dimostra estremamente convincente nei passaggi più drammatici, dal duetto con Des Grieux in casa di Geronte all’epilogo in Arizona. Il fraseggio è costantemente articolato e diviene scolpito al quarto atto, di svettante sicurezza in acuto e con una salda tenuta delle note. Nella parte iniziale ad Amiens manca però di giovanile freschezza e risulta poco sensuale in “In quelle trine morbide”.
In linea con la direzione, anche l’interpretazione di Andeka Gorrotxategi pare decollare nel duetto con Manon al secondo atto, dove evidenzia una spiccata passionalità. Nel complesso si registrano tuttavia alcune difficoltà d’intonazione, diseguaglianze d’emissione e forzature nelle regioni più alte. Il personaggio si distingue maggiormente nei momenti più tragici mentre nelle scene iniziali le melodie faticano a stagliarsi in una forma affascinante.
E’ un Lescaut signorile quello di Nicola Farnesi, che esibisce una vocalità omogenea e una nobile linea di canto. Opportunista con eleganza, pur con affetti sinceri, questa figura è efficacemente delineata nella sua ambiguità e si inserisce con appropriatezza nel contesto della regia.
Ben rappresentato anche il Geronte di Andrea Concetti, non troppo voluminoso ma con una dizione scandita e uno stile che riesce particolarmente incisivo nel finale del secondo atto.
Luminoso e di ampio respiro melodico l’Edmondo di Matteo Roma, pur con qualche incertezza nell’intonazione. Ha una voce piena e morbida il Musico di Elena Belfiore con il suo grazioso madrigale ed è nitido e accurato il Maestro di Ballo di Saverio Pugliese, che ritroviamo poi anche come Lampionaio. Eugenio Maria Degiacomi interpreta sia l’Oste che il Comandante di Marina con forza e compattezza, mentre il Sergente degli Arcieri di Francesco Lombardi esibisce un canto scolpito e rotondo.
L’allestimento di Massim Gasparon realizza i quattro diversi ambienti del dramma in una ricca varietà di soluzioni affascinanti, mantenendo l’impianto scenico della serata precedente di Edgar e Le Willis e proponendo quindi i video di Matteo Letizi sull’amplissimo schermo che fa da fondale. Nei primi due atti, al centro del palco troneggia il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini, mito evocato dalle parole di Edmondo e che inquadra Manon come nuova Persefone continuamente rapita e sottratta alla luce, non soltanto dal vecchio Geronte, dal fratello e perfino dall’amato Des Grieux, ma anche e forse soprattutto dalla sua stessa natura, che la porterà a sprofondare di colpo negli inferi della prigione e del deserto. Il monumento si impone con il proprio abbagliante candore e pare una decorazione di zucchero per una torta nuziale. E’ prima nella piazza di Amiens con la magnifica cattedrale gotica proiettata sullo sfondo e poi ruotando su se stesso diviene l’alcova nella casa di Geronte, resa a sua volta come una grande quinta barocca con colonnati e tendaggi. L’intera sequenza è costruita in forma sontuosa, all’insegna della meraviglia e dell’armonia, a creare, in accordo con la musica, uno spazio così artificio e sospeso da instillare l’idea dell’imminente catastrofe. In questa prima parte i costumi settecenteschi ideati da Gasparon si impongono per vivacità ed eleganza, così come la grazia e la leggerezza delle coreografie di Gheorghe Iancu.
Lo stile cambia radicalmente nel terzo atto, ispirato ad un maggiore naturalismo, di ascendenza romantica, con la vista del mare e del vascello –con tanto di applauso a scena aperta. Durante l’imbarco l’insieme appare però un poi sovraccarico e il cambio scena riesce troppo lungo e macchinoso. Valida comunque l’idea di aver spostato l’Intermezzo prima del quarto atto, associandolo quindi al viaggio per l’oceano minaccioso, mentre il balletto, per quanto davvero incantevole, avrebbe dovuto più opportunamente lasciare tutto lo spazio alla sola musica. D’effetto il finale, con l’approdo ad un’essenzialità radicale in un intenso gioco di luci.
Fragorosi consensi per l’intero spettacolo, con punte di entusiasmo per Alessandra Di Giorgio, Beatrice Venezi e l’Orchestra.
MANON LESCAUT
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Ruggero Leoncavallo, Marco Praga, Domenico Oliva,Luigi Illica, Giuseppe Giacosa, Giulio Ricordi, Giacomo Puccini
Musica di Giacomo Puccini
Maestro concertatore e direttore d’orchestra Beatrice Venezi
Regie, scene, costumi e disegno luci Massimo Gasparon
Manon Lescaut Alessandra Di Giorgio
Lescaut Nicola Farnesi
Des Grieux Andeka Gorrotxategi
Geronte Andrea Concetti
Edmondo Matteo Roma
L’Oste Eugenio Maria Degiacomi
Un Musico Elena Belfiore
Il Maestro di Ballo Saverio Pugliese
Un Lampionaio Saverio Pugliese
Il Sergente degli Arcieri Francesco Lombardi
Il Comandante di Marina Eugenio Maria Degiacomi
Coreografia Gheorghe Iancu
Disegno video Matteo Letizi
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Maestro del Coro Roberto Ardigò
Foto: Giorgio Andreuccetti