Spettacoli

Carmen – Arena Opera Festival 2024, Verona

Carmen incanta l’Arena di Verona. 

“Ho sempre cantato con la mia voce. Anche all’Arena di Verona eseguivo “O terra addio” con la mezza voce pura. Quando interpretavo Radamès non vedevo l’ora di arrivare a quella scena. Per me era il paradiso” Carlo Bergonzi, il grande tenore parmigiano, così si esprimeva, a proposito dell’Arena di Verona in un’ intervista. Una assidua frequentazione, la sua, che l’ha portato ad interpretare ben undici titoli in centodieci recite. Un legame speciale che l’Arena di Verona Opera Festival ha ricordato a dieci anni esatti dalla sua scomparsa con una recita di Carmen, il capolavoro di Georges Bizet, dedicata all’indimenticato tenore. L’allestimento proposto è quello ormai classico del 1995 di Franco Zeffirelli, che disegna l’ambientazione grazie a scene dipinte dal gusto antico: uno spettacolo ricchissimo e straripante di comparse, in perfetto stile areniano, visivamente appagante e che non accusa troppo il passare del tempo. Belli i costumi aderenti al libretto di Anna Anni, suggestive le luci di Paolo Mazzon.

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Freddie De Tommaso e Daria Rybak

Una particolare attenzione viene poi riservata all’elemento coreutico (curato da Josè El Camborio), tanti i momenti di danza che prendono vita sul palco, in perfetto stile gitano, proposti dal Corpo di ballo Fondazione Arena di Verona. Una particolare menzione la meritano i bravissimi danzatori della Compañia Antonio Gades, che nel cambio scena fra terzo e quarto atto danno vita, ai lati opposti del palco, ad una vera e propria gara a passi di flamenco, un suggestivo e riuscito modo per intrattenere il pubblico. Uno spettacolo, quello di Zeffirelli, ancora bello e capace, oggi come un tempo, di emozionare,  dopo 163 recite susseguitesi in 15 stagioni, il foltissimo pubblico sempre  presente. 

Musicalmente il capolavoro di Bizet è, senza dubbio, tra i più amati dai melomani di tutti i tempi, soprattutto per le leggendarie interpretazioni di alcuni dei più grandi interpreti di sempre. Particolarmente attesa era, nel ruolo del titolo, la prova di Aigul Akhmetshina, al suo debutto nell’anfiteatro scaligero. A dispetto della sua giovane età, il mezzosoprano presenta un curriculum di tutto rispetto, costellato di grandi successi raccolti sui più grandi palcoscenici del mondo. Sin dal suo ingresso in scena in primo atto, comprendiamo di trovarci di fronte ad una artista dalle doti non comuni. La sua vocalità, dal timbro setoso e vellutato, risuona nell’ampio spazio areniano con impressionante facilità. La compattezza della linea viene avvalorata dalla pienezza dei centri, vibranti e ricchi di armonici, dalla naturalezza dei gravi, timbrati e ben appoggiati, e dallo squillo della regione acuta, sostenuta con dovuta morbidezza. A convincere, poi, è la pregnanza di un fraseggio che, nella sua molteplicità di sfumature, accoglie il giusto equilibrio tra seduzione e fatalità. Grande cura, infine, è riposta nelle movenze sceniche, grazie alle quali Akhmetshina riesce a creare un personaggio carismatico ed emozionante. Sarà interessante, in futuro, poter ascoltare nuovamente questa artista in un più “tradizionale” spazio teatrale. 

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Aigul Akhmetshina ed Erwin Schrott

Al suo fianco, il Don José di Freddie De Tommaso. Il tenore, al suo primo incontro areniano con il personaggio di Bizet, regala una prova maiuscola. Lo strumento, dall’emissione generosa, esibisce una indubbia musicalità, unita ad un pregevole legato. Se “l’aria del fiore” è cantata con trasporto, da manuale è la smorzatura finale, risolta con invidiabile sicurezza. Degno di nota, inoltre, il meraviglioso duetto finale, grazie alla intesa vocale e scenica con la Carmen di Aigul Akhmetshina. E ben venga qualche puntatura arbitraria, come da tradizione, se risolta con così grande facilità e slancio. Più in generale, notiamo con piacere come questo personaggio, sbalzato con cura nel suo problematico rapporto con il sentimento amoroso, sia davvero congeniale a De Tommaso che sembra affrontarlo con grande partecipazione emotiva.

Note positive anche per Daria Rybak, una Micaela dalla buona organizzazione vocale complessiva e che convince, in particolare, per il bell’impasto timbrico, da lirico pieno. La pulizia dell’emissione e la buona proiezione del registro acuto, le consentono di affrontare con convinzione tanto il duetto con Don José in primo atto, quanto l’aria di terzo, contrappuntata con un suadente uso del legato. Riuscita anche la caratterizzazione del personaggio: una ragazza coraggiosa e risoluta, piuttosto che la pavida fanciulla cui ci ha abituato certa tradizione. 

Erwin Schrott non si limita ad interpretare Escamillo, ma è il torero spagnolo in tutto e per tutto. Lo è attraverso una vocalità che sembra pennellare con baldanza ed orgoglio ogni nota nello spartito; lo è perché ogni singolo accento viene cesellato con autentica forza teatrale senza mai lasciare nulla caso; lo è grazie ad una presenza scenica che sprigiona sensualità e fascino ad ogni suo movimento. Una prova di rango, molto e meritatamente apprezzata dal pubblico.

Chiara Maria Fiorani, dalla vocalità luminosa e squillante, e Alessia Nadin, dalla linea screziata e piuttosto corposa, interpretano con sufficiente credibilità Frasquita e Mercédès, le amiche di Carmen.

Ottimo Jan Antem, efficace Dancaïre, e molto bene anche Vincent Ordonneau, svettante Remendado. 

Degni di nota, inoltre, gli interventi caratterizzati con sicurezza dal sonoro Gabriele Sagona, Zuniga. Completa la locandina il bravo Fabio Previati nei panni di un Morales sempre ben a fuoco.

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Freddie De Tommaso

Sul podio, Leonardo Sini, altro debuttante nel grande spazio areniano. Sini si rivela attento interprete della partitura, trovando un giusto equilibrio tra i rimandi alla tradizione iberica e il decadente romanticismo del gusto francese dell’epoca. Dalla sua concertazione si sprigionano dinamiche preziose e iridescenti, costruite, tra l’altro, attraverso la più appropriata scelta dei tempi, che si fanno serrati per le scene di insieme, morbidi e sospesi al comparire di Micaela, tesi per i momenti più drammatici, su tutti il tragico finale. Una lettura moderna che sottolinea la spiccata sensibilità dell’interprete. Una concertazione davvero ben assecondata dall’orchestra areniana, in forma smagliante per la capacità, tra l’altro, di sottolineare, con evidente brillantezza, la ricchezza dei contrasti e la preziosità della partitura.

Di straordinaria bravura, non solo per innegabili meriti esecutivi, ma anche per totale coinvolgimento scenico, il Coro dell’Arena di Verona, magistralmente diretto da Roberto Gabbiani.

Notevolissima anche la prova dei piccoli cantori delle voci bianche areniane, sotto la guida di Paolo Facincani.

Alla lunga e torrida serata veronese arride un successo clamoroso tributato da un pubblico accorso numerosissimo per rivivere, nuovamente, la magia della musica di Bizet. Si replica sino al 7 di settembre, uno spettacolo da non perdere!

CARMEN
Opéra-comique in quattro atti.
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
dalla novella omonima di Prosper Mérimée
Musica di Georges Bizet

Carmen Aigul Akhmetshina
Micaela Daria Rybak
Frasquita Chiara Maria Fiorani
Mercedes Alessia Nadin
Don José Freddie De Tommaso
Escamillo Erwin Shrott
Dancairo Jan Antem
Remendado Vincent Odonneau
Zuniga Gabriele Sagona
Moralès Fabio Previati 

Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Direttore Leonardo Sini
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Anna Anni
Luci Paolo Mazzon
Coreografia El Camborio
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Con la partecipazione straordinaria della
Compagnia Antonio Gades
Direttore artistico Stella Arauzo

FOTO: ENNEVI