Spettacoli

Turandot – Arena Opera Festival 2024, Verona

Arena di Verona Opera Festival inaugura la stagione numero 101 con Turandot

I centouno anni areniani ed i cento dalla morte di Giacomo Puccini non potevano che trovare la perfetta inaugurazione dell’Opera Festival con Turandot, ultimo capolavoro del genio lucchese che nell’anfiteatro è stato rappresentato dal 1928 ad oggi 157 volte. Una doppia inaugurazione quest’anno a Verona, dopo la grande serata dedicata all’opera italiana (qui la nostra recensione), torna lo spettacolo nella sua forma più classica. Usiamo il termine classico volutamente perché l’allestimento scelto è ormai una certezza oltre che uno dei più belli e popolari di sempre: la Turandot creata nel 2010 da Franco Zeffirelli (regia e scene e costumi Emi Wada). La scena mostra inizialmente un grande muro, ispirato a quello dei nove draghi della Città Proibita di Pechino. Ai piedi della fortificazione il popolo vessato che intravede gli splendori di un favolistico palazzo, al di là della recinzione, che si mostrerà al pubblico solo dal secondo atto. Per quante volte lo si sia già visto non possiamo che continuare ad ammirare la ricchezza di questa produzione, straripante di comparse, di movimenti scenici (curati da Maria Grazia Garofoli) e di quel sano stupore teatrale, forse un po’ pop, che il pubblico conferma quando, alla comparsa del palazzo, parte un sentito applauso. Un modo di fare teatro forse non troppo contemporaneo ma legato a doppio filo a quella che è la magia areniana, un abbraccio a quella cultura in fondo kitsch di cui il melodramma è intriso fin dalla sua nascita. Prendiamo qui a prestito le parole di Maddalena Mazzocut-Mis, filosofa e accademica italiana che scrive: “Confinati nel ludico, il melodramma e il kitsch non ingannano il giocatore e non rappresentano un pericolo per l’arte, ma aprono le porte del più facile e godibile tra i divertimenti” e allora invitiamo tutti a vivere l’Arena per quello splendido gioco estivo che è, ricco di tradizione e bellezza. 

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Yusif Eyvazov e Ekaterina Semenchuk

Il versante musicale dello spettacolo si avvale della presenza sul podio del Maestro Michele Spotti, classe 1993, al suo debutto nell’anfiteatro areniano. Il direttore mostra particolare attenzione alla scelta delle dinamiche che appaiono ben calibrate nel più ampio disegno di una lettura coinvolgente ed appassionata del capolavoro pucciniano. Pregevole risulta, inoltre, il lavoro compiuto sulle masse strumentali areniane, dalle quali Spotti ricava un colore orchestrale denso e traslucido, in perfetto equilibrio tra gli echi della tradizione romantica e le sperimentazioni del Novecento. Significativa è anche la abilità con la quale Spotti riesce a dipanare il fraseggio musicale attraverso l’adozione di tempi incalzanti, alternati a momenti di eterea sospensione, specialmente nelle grandi scene di Liù. Al direttore va riconosciuto, infine, il merito, tutt’altro che scontato in questi spazi, di garantire la coesione tra la buca e il palcoscenico, sul quale agisce, tra l’altro, l’imponente massa corale.

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Mariangela Sicilia e Riccardo Fassi

Il popolo di Pechino, infatti, non si limita a commentare la vicenda, ma, a giudicare dal numero e dalla durata degli interventi in partitura, può essere a buon diritto considerato tra i protagonisti della vicenda. Il coro areniano, sotto la guida di Roberto Gabbiani, si staglia sulla musica pucciniana con intensità e brillantezza sottolineando, ora con efferata crudeltà, ora con sognante stupore, la caratterizzazione delle diverse scene dell’opera. Di buon livello, inoltre, l’apporto delle voci bianche A.d’A.Mus. preparate da Elisabetta Zucca.

Nel ruolo del titolo, Ekaterina Semenchuk, alla sua prima Turandot areniana, sfoggia una vocalità possente e dal caratteristico colore brunito. Il mezzosoprano affronta la frastagliata scrittura pucciniana con buona disinvoltura; da segnalare, in particolare, la pienezza di un registro centrale che si espande, poi, con pregevole sicurezza nella regione acuta. Il personaggio viene sbalzato, nel fraseggio come nella presenza scenica, in tutta la sua glaciale regalità.

Al suo fianco troviamo Yusif Eyvazov, che propone nuovamente al pubblico areniano il suo collaudato Calaf. Al di là delle già ben note peculiarità di un timbro quanto mai personale, il tenore si fa apprezzare per l’ampiezza di uno strumento che si muove agevolmente nello spartito sino a raggiunge le frasi più acute, scandite con evidente squillo. Eyvazov supera brillantemente la prova anche per quanto riguarda la caratterizzazione del personaggio, coraggiosamente ostinato nell’impresa di conquistare il cuore della principessa di gelo. 

Brilla la Liù di Mariangela Sicilia, in possesso di una linea omogenea, facile e compatta a tutte le altezze. Attraverso una variegata tavolozza di colori il soprano sa essere parimenti efficace, tanto nei momenti di maggior dolcezza, sottolineati da filature di cristallina purezza, quanto in quelli ove a prevalere è l’animo coraggioso del personaggio, su tutti la meravigliosa scena della morte, cesellata con un fraseggio traboccante di pathos. Una prova maiuscola, salutata dal pubblico da una meritata ovazione al termine.

Ben affiatato, vocalmente quanto scenicamente, il terzetto delle maschere. Lo squillante Pang di Riccardo Rados si accompagna, così, al ben tornito Pong di Matteo Macchioni e all’efficace Ping di Youngjun Park.

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Youngjun Park, Matteo Macchioni, Riccardo Rados e Yusif Eyvazov

Riccardo Fassi è un Timur aristocratico e dolente. Il colore vellutato di uno strumento sonoro e ben proiettato riesce a trasmettere, con la giusta incisività, tutta la disperazione dello spodestato re tartaro, costretto ad assistere impotente alla morte della sua piccola Liù.

Carlo Bosi è un imperatore Altoum di carismatica espressività.

Completano la locandina Hao Tian, Eder Vincenzi, Grazia Montanari e Mirca Molinari, ciascuno a fuoco nell’interpretare, rispettivamente, il ruolo di un mandarino, il principino di Persia e le ancelle di Turandot.
Lo spettacolo, che viene accolto al termine da un successo incandescente da parte di un pubblico che esauriva l’Arena in ogni ordine di posto, sarà in scena sino al 29 giugno 2024.

TURANDOT
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri
Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini

La principessa Turandot Ekaterina Semenchuk
L’imperatore Altoum Carlo Bosi
Timur Riccardo Fassi
Il principe ignoto (Calaf) Yusif Eyvazov
Liù Mariangela Sicilia
Ping Youngjun Park
Pong Matteo Macchioni
Pang Riccardo Rados
Un mandarino Hao Tian
Il principino di Persia Eder Vincenzi
Le ancelle di Turandot Grazia Montanari e Mirca Molinari

Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Coro di voci bianche A.d’A.Mus.
Direttore Michele Spotti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Maestro delle voci bianche Elisabetta Zucca
Coordinatore del Ballo Gaetano Bouy Petrosino
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese
Regia Franco Zeffirelli

Foto: Ennevi