Spettacoli

Il corsaro – Teatro Carlo Felice, Genova

Il corsaro, di Giuseppe Verdi, al Teatro Carlo Felice di Genova. 

Giuseppe Bavastro chi era costui? Bavastro era il corsaro genovese per antonomasia nato a Sampierdarena nel 1760 e morto ad Algeri nel 1833, vissuto quindi non molti anni prima dell’opera di Verdi che debuttò nel 1848. L’avventuriero era amico del generale napoleonico Andrea Massena, a cui offrì i suoi servigi durante l’assedio di Genova del 1800 poi, nel 1818-1819, passò a combattere a favore degli insorti venezuelani e, nel 1830, prese parte alla spedizione francese contro Algeri. Una vita avventurosa che ci piace ricordare per dare un parallelo storico a quella letteraria del corsaro Corrado, protagonista dell’opera di Verdi. Il libretto del melodramma venne apprestato da Francesco Maria Piave dalla novella in versi The Corsair, semi-autobiografica, di Lord Byron del 1814. 

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Francesco Meli

A Genova va in scena l’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice, in coproduzione con il Teatro Regio di Parma, già visto numerose volte in questi ultimi anni. Un progetto che vede alla regia Lamberto Puggelli e alle scene Marco Capuana. Siamo su un galeone: la scena è costruita con tre grandi alberi, vele e corde, un disegno registico e scenico pulito ed essenziale che forse negli anni ha perso un po’ di efficacia risultando concettualmente un po’ vecchio e statico ma che sa ancora convincere il pubblico, pur senza entusiasmarlo. Colpa anche delle tante riprese che hanno portato lo spettacolo ad impoverirsi nel tempo e ad essere oggi montato solo in parte. Curati i costumi di Vera Marzot: coloratissimi per le odalische e sui toni del nero per gli altri protagonisti. Belle le luci di Maurizio Montobbio che ci accompagnano fra i tramonti infuocati e la calma della notte. Una menzione particolare per l’ottimo lavoro svolto dal Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco che ha saputo creare sul palco momenti concitati che parevano uscire da un romanzo di cappa e spada. 

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Mario Cassi

Musicalmente il vero fulcro di questa edizione genovese dell’opera verdiana è, senza dubbio, il debutto di Francesco Meli nel ruolo di Corrado. Il tenore si presenta al pubblico della “sua” città in grande forma vocale. La partitura viene affrontata con una linea di canto morbida ed omogenea che, attraverso un gioco di colori e chiaroscuri, sembra ideale, per polpa e densità timbrica, a dare vita all’eroe romantico protagonista dell’opera. La scena iniziale, con la cavatina “Tutto parea sorridere”, viene ricamata a regola d’arte con canto elegiaco, mentre la susseguente cabaletta “Sì: de corsari il fulmine”, è sbalzata con piglio eroico. Altro momento suggestivo è, poi, il recitativo che apre la scena del carcere “Eccomi prigioniero!” in terzo atto, cesellato da Meli con un cantabile accorato e struggente. Una esecuzione vocale di pregio, quella del tenore genovese, che mette ben in evidenza, attraverso la consapevolezza di un buon controllo tecnico del mezzo, la forte derivazione belcantistica della scrittura verdiana. Da sottolineare, infine, la disinvoltura e la naturalezza della presenza scenica, sempre coinvolta ed agile anche quando gli è richiesto di arrampicarsi lungo una cima.

Non convince del tutto Olga Maslova nel ruolo di Gulnara. Il soprano sfoggia una vocalità importante, per volume e consistenza, ma il canto di agilità, specie nell’aria di sortita, sembra esserle poco confacente così come le numerose, quanto impervie, salite al registro acuto più estremo dove la voce suona talvolta stridula. Quando la scrittura si fa più centrale, tuttavia, si apprezza la pienezza di una linea ben tornita e di pregevole morbidezza, che regala momenti ben riusciti come nel terzo atto. Adeguatamente coinvolta l’interprete.

L’altra donna della vicenda, ossia Medora, è qui affidata ad Irina Lungu che, attraverso una vocalità brunita e di buon volume, offre una lettura del personaggio epurata da visioni troppo evanescenti, in favore di una più marcata definizione caratteriale. Ecco, allora, che nella celeberrima aria di primo atto “Non so le tetre immagini”, in luogo di sognanti filature, sono le dinamiche chiaroscurali ed ombreggiate a prevalere. La Medora della Lungu è una donna volitiva ed innamorata, che crede fortemente nel ritorno di Corrado e che combatte per difendere il proprio amore, anche a costo della vita. Ne consegue un fraseggio sempre puntuto e vigoroso che si unisce ad una presenza scenica elegante e raffinata. 

Il quartetto dei protagonisti si completa con il Seid di Mario Cassi, anch’egli debuttante nel ruolo. Grazie ad una linea di canto dalla solida organizzazione complessiva, il baritono riesce a superare le difficoltà di una parte piuttosto scomoda. Misurata e controllata l’emissione che trova, poi, naturale sfogo in un registro acuto luminoso e brillante. Credibile e adeguatamente curata anche la presenza scenica, esibita con composta nobiltà.

Ben a fuoco, vocalmente e scenicamente, il Giovanni di Adriano Gramingni, così come squillante e sonoro risulta Saverio Fiore, nei panni di Selimo.

Completano la locandina Giuliano Petouchoff e Matteo Michi, entrambi dalle fila del Coro del Teatro Carlo Felice, impegnati, rispettivamente, nei ruoli dell’Eunuco e dello Schiavo.

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Francesco Meli e Mario Cassi

Dal podio, Renato Palumbo assicura la giusta unitarietà al racconto musicale. Una direzione che alterna tempi sostenuti, specialmente nelle pagine di maggior concitazione, a ritmi più distesi, per meglio sottolineare i passi di derivazione prettamente romantica. La ricerca delle dinamiche appare ben condotta, soprattutto nel terzo atto, ovvero quando la narrazione musicale diviene più articolata. Una concertazione sostanzialmente di buon livello, dunque, cui va il merito, tra l’altro, di valorizzare con il giusto impeto questo lavoro giovanile del Cigno di Busseto.

Buona la prova della Orchestra del Teatro Carlo Felice, in grado di elaborare un magma sonoro compatto e per nulla prevaricante rispetto al palcoscenico. 

Da segnalare, infine, l’ottimo apporto del Coro del Teatro Carlo Felice capace di scandire, sotto la guida di Claudio Marino Moretti, tanto il vigore delle masnade corsare quanto il patetismo delle vergini rinchiuse nell’harem del pascià Seid.

Allo spettacolo arride un vivo successo che accomuna tutti gli interpreti in locandina e il direttore. Trionfo al calor bianco, come da copione, per Francesco Meli.

IL CORSARO
Melodramma tragico in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave
dal poemetto di George Byron
Musica di Giuseppe Verdi

Corrado Francesco Meli
Medora Irina Lungu
Seid Mario Cassi
Gulnara Olga Maslova
Selimo Saverio Fiore
Giovanni Adriano Gramigni
Un eunuco Giuliano Petouchoff
Uno schiavo Matteo Michi

Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice
Direttore Renato Palumbo
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Lamberto Puggelli
Scene Marco Capuana
Costumi Vera Marzot
Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
Luci Maurizio Montobbio
Assistente alla regia Pier Paolo Zoni

FOTO: Marcello Orselli