L’elisir d’amore – Teatro Regio, Parma
15 marzo 2024. Al Teatro Regio di Parma la stagione prosegue con un sorso del “mirabile elisir” di Gaetano Donizetti.
“Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?” Queste parole sono pronunciate da Geppetto, uno dei protagonisti del celeberrimo romanzo Pinocchio di Carlo Collodi ma se, in fin dei conti, Nemorino, protagonista di L’elisir d’amore, non fosse troppo dissimile dal falegname? Questa è la domanda che sta alla base della nuova produzione, creata in collaborazione con il Teatro Regio di Torino e firmata dal regista Daniele Menghini e dallo scenografo Davide Signorini.
Uno spaesato Nemorino, sulle note del preludio, irrompe in platea, è palesemente in fuga dal mondo e trova rifugio nella falegnameria del teatro e lì, davanti allo schermo di un portatile, si addormenta. Pian piano, nel suo agitato sogno, grazie al potere della musica numerosi burattini prendono vita, soprattutto quello più bello e prezioso: Adina. Un allestimento che sceglie una scena per lo più buia (luci a cura di Gianni Bertoli), siamo in una falegnameria abbandonata, polverosa e dai toni prevalentemente fantasy e dark. Nello spettacolo indubbiamente ricchissimo e sovraccarico, si susseguono tante, forse addirittura troppe trovate. I cantanti si presentano simili a marionette, inizialmente di nudo legno e progressivamente vestiti alla moda del settecento e spesso accompagnati a loro volta di un burattino: veramente encomiabile e notevole, in questo senso, il lavoro svolto dalla costumista Nika Campisi.
Preziosissimo poi il contributo di veri burattinai, i maestri Ferrari che hanno alle loro spalle una grande pagina di storia locale ed internazionale, e vantano anche, a pochi passi dal teatro, uno splendido museo, che si può visitare gratuitamente: il Castello dei Burattini-Museo Giordano Ferrari che vi invitiamo a vedere, magari proprio prima della recita. Non possiamo che rimanere affascinati dalle vere e proprie piccole messe in scena che prendono vita, grazie a questi artisti, sul palco, affiancando l’azione principale. Uno spettacolo oggettivamente grandioso e riuscito ma che ha anche alcuni punti deboli. Forse, a volere essere pignoli, manca di un po’ di chiarezza nel messaggio e nella storia che il regista vuole raccontarci, non tutto è perfettamente coerente ed inoltre spesso ci si discosta con una certa evidenza dal libretto. Da segnalare anche come la semantica della musica, dolcemente melanconica, venga invece visivamente proposta come gotica, creando una sorta di sinestesia. Uno spettacolo, inoltre, come già detto, eccessivamente sovraccarico tanto da rendere difficile per il pubblico concentrarsi e cogliere tutto ciò che avviene in scene simultaneamente. Un debutto al Regio di Parma per il regista Daniele Menghini nel complesso assolutamente promettente e soddisfacente, che al netto di qualche pecca, dovuta forse anche alla giovane età, ci lascia intravedere uno splendido potenziale.
L’esecuzione musicale dello spettacolo è capitanata da Francesco Meli, che si conferma oggi un Nemorino di indubbio valore. Il tenore genovese, a vent’anni esatti dal debutto nel ruolo, offre una prova che mette in evidenza la bellezza di un timbro adamantino e la morbidezza di una linea musicale e ben controllata. Magistrale è, come sempre, la capacità di Meli di sfumare l’emissione in una alternanza di forti e piani che, oltre ad evidenziare una buona padronanza tecnica complessiva, assicura il giusto effetto espressivo. Peculiare è, in tal senso, la toccante esecuzione di “Una furtiva lagrima”, racchiusa in un elegante gioco di chiaroscuri che sa emozionare il pubblico tanto da fargli richiedere, ed ottenere, il bis. Sotto il profilo interpretativo, Meli disegna oggi un Nemorino più maturo e consapevole, tratteggiando, soprattutto, il lato malinconico e romantico del personaggio.
Notevole anche la prova di Roberto De Candia, impegnato nei panni di Dulcamara. Il baritono possiede una vocalità solida ed omogenea che assicura un costante, quanto naturale, presidio della scrittura. Ben riusciti i cantabili, puntuali e precise le colorature, esibite con raffinatezza e coerenza stilistica. Da sottolineare, inoltre l’eleganza con cui l’artista sa porgere la frase musicale, condotta con arguzia ed ironia.
Nina Minasyan è una Adina che conquista per la freschezza di una presenza scenica leggiadra e raffinata. La voce, ancorché un poco contenuta nel volume, appare educata e ben timbrata. Rileva, inoltre, la facilità con cui il soprano raggiunge la regione superiore, dove la linea suona sicura e vibrante.
Note positive anche per Lodovico Filippo Ravizza, un Belcore vigoroso e romanticamente sfrontato. Il giovane baritono, dalla vocalità piena e facile all’acuto, conferma una certa familiarità con la scrittura donizettiana e riesce creare un personaggio sempre credibile grazie ad un fraseggio cesellato e sfumato.
Completa la locandina la Giannetta di Yulia Tkachenko, in possesso di uno strumento dalla buona musicalità e piuttosto controllato nell’emissione. Disinvolta la presenza scenica.
Sul podio, Sesto Quatrini offre una lettura costruita nel giusto equilibrio tra gli echi romantici e gli aspetti più scanzonati della partitura. Prevalgono, dunque, dinamiche brillanti che trascolorano in sonorità più soffuse per caratterizzare al meglio le pagine di maggiore abbandono, su tutte il malinconico struggimento della “furtiva lagrima”.
Il gesto del direttore non trova sempre la giusta aderenza nella compagine orchestrale del Teatro Comunale di Bologna, talvolta imprecisa negli attacchi e non sempre coesa. Spiace, inoltre, constatare qualche occasionale scollamento rispetto al palcoscenico.
Prezioso, al contrario, è il contributo di Gianluca Ascheri, maestro al fortepiano, impegnato con il giusto brio nell’esecuzione dei recitativi accompagnati.
Splendido, infine, per intensità e densità, l’intervento del Coro del Teatro Regio di Parma, ottimamente preparato da Martino Faggiani.
Successo caloroso al termine, con punte di acceso entusiasmo per Meli e De Candia. Tiepidi consensi all’indirizzo del team registico.
Marco Faverzani | Giorgio Panigati
22 marzo 2024. Torna a Parma, con cadenza all’incirca decennale da oltre un secolo, il melodramma giocoso del compositore bergamasco, con un nuovo bellissimo spettacolo firmato da Daniele Menghini, ricco, mai scontato, una rilettura che quasi ci porta nel mondo offenbachiano di Olympia. Affascinanti e ben riuscite le scene di Davide Signorini, ammirevoli i costumi di Nika Campisi, ottime le luci di Gianni Bertoli e davvero magnifici I Burattini dei Ferrari e i movimenti di Davide Tagliavini, oltre a tutto il trucco e parrucco. Il primo atto riesce meglio del secondo, dove scene, controscene e simbolismi sono ben amalgamati alla vicenda, mentre il secondo sembra più voler aggiungere forzatamente qualcosa, e invece toglie.
Buona anche la direzione musicale di Sesto Quatrini che trova un buon equilibrio tra buca e palcoscenico, avvalendosi della bravissima Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e dell’eccellente Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani.
Il fronte vocale gode innanzitutto di due grandissimi professionisti: il Nemorino di Francesco Meli e il Dulcamara di Roberto De Candia che, al netto della loro evoluzione e maturazione artistica verso repertori più drammatici, portano a Parma due personaggi statuari, sia nell’interpretazione scenica, sia nel canto, chiaramente dotati di una espressività che ha pochi eguali.
Bravi gli altri membri del cast.
William Fratti
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani da Le philtre di Eugène Scribe
Musica di Gaetano Donizetti
Adina Nina Minasyan
Nemorino Francesco Meli
Dulcamara Roberto De Candia
Belcore Lodovico Filippo Ravizza
Giannetta Yulia Tkachenko
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Sesto Quatrini
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Daniele Menghini
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Gianni Bertoli
Burattini I Burattini dei Ferrari
Foto: Roberto Ricci