Spettacoli

Maria Egiziaca – Teatro Malibran, Venezia

Al Teatro Malibran di Venezia Maria Egiziaca di Ottorino Respighi

Nello scrigno prezioso di quello che fu il teatro goldoniano per eccellenza, il San Giovanni Grisostomo, oggi Malibran, va in scena l‘opera di Respighi di rarissima esecuzione. 

Maria Egiziaca, un “mistero in tre episodi”, creato con il librettista Claudio Guastalla nel 1932 come “da concerto”, ed eseguito per la prima volta alla Carnegie Hall di New York.  La storia della santa di Alessandria d’Egitto viene raccontata con un linguaggio che richiama la musica antica ed il canto gregoriano ma si spinge anche verso sonorità settecentesche e novecentesche. Secondo recenti studi musicologici (M. Buran, 2010) Respighi era stato affascinato dai pochi versi dedicati alla donna nel Faust di Goethe, mentre il librettista si era concentrato maggiormente su una fonte letteraria più canonica: le Vite dei santi Padri di Domenico Cavalca, opera agiografica del 1330. Lo spettacolo pensato da Pier Luigi Pizzi, che cura regia, scene e costumi è relativamente semplice. Su una grande pedana di legno si svolge prevalentemente l’azione, con pochi elementi scenici: una barca ed una croce. Il racconto è totalmente affidato alle proiezioni, non tutte ugualmente riuscite, di Fabio Barettin, che occupano la parete di fondo. Una produzione che segue lo stile visivo a cui il regista milanese ci ha abituato negli ultimi anni, un allestimento che ricordava abbastanza da vicino il recente I Lombardi alla prima crociata visto al Festival Verdi di Parma. Ciò che convince di più è sicuramente la sinergia fra le proiezioni e l’ottimo uso delle luci (sempre di Barettin) che giocano, soprattutto sul finale, su un evocativo immaginario paradisiaco. Essenziali, ma efficaci in questo contesto, i costumi firmati da Pizzi. Uno spettacolo nel complesso elegante e corretto, soprattutto se pensiamo che è stato già pensato, all’origine, come una forma semi scenica.  

Maria_Egiziaca_Venezia_2024_1
Francesca Dotto e Simone Alberghini

Ben riuscito il versante musicale dello spettacolo.

Sul podio, Manlio Benzi, affronta la complessa partitura di Respighi scandagliandola con grande attenzione, in modo da rendere ben identificabile l’eclettismo stilistico che la pervade. I tre episodi si susseguono senza cali di tensione narrativa, e la loro incisività viene anzi assicurata da sonorità accese e vibranti. Pregevole, inoltre, il lavoro compiuto sulla compagine orchestrale dalla quale Benzi ottiene un suono denso ed avvolgente. Riusciti sono, in tal senso, i due interludi orchestrali, in particolare evidenza grazie al buon equilibrio tra dinamiche e sfumature che il direttore riesce ad imprimere al testo musicale. 

Nel cast svetta la prova di Francesca Dotto che affronta, con ottimi risultati, il ruolo del titolo. Il soprano, in possesso di una vocalità da lirico puro, puntuale ed omogenea a tutte le altezze, viene a capo di questa scrittura grazie alla pienezza dei centri e alla facilità di un registro superiore ben proiettato. L’artista si rivela anche una interprete di rango grazie ad un fraseggio coinvolgente e raffinato. Di rilievo, infine, la freschezza di una presenza scenica aggraziata e partecipata che ben sottolinea, tra l’altro, l’evoluzione del personaggio nel corso dei tre episodi.

Anche Simone Alberghini, impegnato nel duplice ruolo del pellegrino e dell’abate Zosimo, si conferma artista di livello grazie alla immedesimazione scenica e alla articolazione di un fraseggio cesellato in ogni singolo intervento. La morbidezza dello strumento gli consente, inoltre, di ottemperare con puntualità a quanto richiesto dalla partitura. 

Vincenzo Costanzo esibisce una vocalità generosa, caratterizzata da una emissione solida e rotonda. Il tenore affronta dunque il ruolo del marinaio con trasporto e un fraseggio assai passionale. Poco dopo, ritorna sul palcoscenico per dare vita al ruolo di un lebbroso e lo fa con rinnovato ardore, per sottolineare al meglio la cieca disperazione del personaggio, la cui salvezza sarà decretata solo dalla misericordia divina. 

Luigi Morassi, forte di una fisicità statuaria, riesce a centrare pienamente la caratterizzazione del secondo marinaio, così come quella di un povero. Il tenore possiede, inoltre, una organizzazione vocale che convince, nel complesso, per ampiezza e squillo.

Maria_Egiziaca_Venezia_2024_2
Francesca Dotto

Note positive anche per la prova di Ilaria Vanacore, vocalmente ben a fuoco e interpretativamente incisiva nel duplice ruolo della cieca e della voce dell’angelo. 

Sempre valido l’apporto di William Corrò, pur nel breve intervento di una voce dal mare. 

Una menzione d’onore anche per il sempre eccellente Coro del Teatro La Fenice che, qui interviene, sotto la guida di Alfonso Caiani, con adeguata solennità, da dietro le quinte, senza mai comparire sulla scena.

Vivo successo al termine tributato a tutti gli interpreti da parte di un pubblico numeroso e piuttosto attento.

MARIA EGIZIACA
Mistero in tre episodi
Libretto di Claudio Guastalla
Musica di Ottorino Respighi

Maria Francesca Dotto
Il pellegrino, L’abate Zosimo Simone Alberghini
Il marinaio, Il lebbroso Vincenzo Costanzo
Un compagno Michele Galbiati
Un altro compagno, Il povero Luigi Morassi
La cieca, La voce dell’Angelo Ilaria Vanacore
Una voce dal mare William Corrò
Danzatrice Maria Novella Della Martira

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Manlio Benzi
Maestro del coro Alfonso Caiani
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Light designer Fabio Barettin

Foto: Roberto Moro