La Bohème – Teatro Claudio Abbado, Ferrara
In una freddissima e nebbiosa serata, con il famoso castello Estense illuminato magicamente di blu, è andata in scena nella delicata e fiabesca cornice color crema e oro del teatro Claudio Abbado una frizzante e toccante Bohème che ha inaugurato la stagione d’opera 2024 a Ferrara.
La regia e l’ideazione scenica di Cristina Mazzavillani Muti, coadiuvata dai tre fantastici virtual design David Loom, light designer Vincent Longuemare e video programmer Davide Broccoli, ha saputo creare affascinare ed avvincere gli spettatori attraverso un gioco di luci e di emozioni. Suggestiva la neve che circonda e avvolge ogni cosa nel terzo atto, Come è particolarmente toccante la morte di Mimì distesa quasi già in una tomba non nel tradizionale letto che si vede in ogni allestimento, circondata dai suoi amici e riscaldata e protetta dall’amore di Rodolfo. Delicatissimo e ricco di significati quel gesto di Musetta che pone sul letto tomba la candela con la fiamma che vacilla il vento.
E veniamo alle voci. Elisa Verzier tratteggia con pennellate delicate e perlacei pianissimi una Mimì sensuale dapprima poi tutta raccolta nell’intimo dolore procuratole da una malattia devastante. La presenza scenica è decisamente calzante, la voce tecnicamente pregevole anche se forse più adatta a una Musetta che a una Mimì. La giovane cantante sa usare tutta l’ampia tavolozza di colori che possiede con raffinata intelligenza. Il suo Rodolfo è interpretato dal tenore Alessandro Scotto di Luzio. La voce ha una bella grana, l’emissione è baldanzosa ma presenta alcune forzature nel registro medio acuto soprattutto all’inizio forse per emozione. Durante lo svolgimento dell’opera l’artista cresce anche sotto questo aspetto arrivando ad un ottimo terzo atto ed a un commovente finale.
Il baritono Christian Federici, nei panni di Marcello, offre al suo personaggio una calda e bronzea voce, sostenuta da un’emissione morbida e tecnicamente buona, oltre ad una bella figura fisica ed una buona interpretazione come è per la sua Musetta, la seducente e e civettuola Alessia Pintossi, bella e molto brava tecnicamente e scenicamente. La sua voce di soprano spicca nelle parti acute a lei destinate con sicurezza e precisione.
Degno di nota e destinato a parti maggiori il basso Andrea Vittorio de Campo, Colline, dotato di voce grande ma ben dosata che ha saputo commuovere e colpire nel profondo il pubblico con la sua romanza “Vecchia zimarra”. Buono e musicalmente perfetto lo Schaunard di Clemente Antonio Daliotti .
Ottima la scelta scelta delle parti di fianco a cominciare dal caratterizzato Benoit Fabio Baruzzi, Il divertente Alcindoro di Graziano Dallavalle che ha interpretato anche il sergente dei doganieri ed il simpatico Parpignol di Ivan Merlo. Incisivo il giocoliere di Giorgio Panebianco.
L’ottimo Coro del Teatro Municipale di Piacenza , recentemente premiato come miglior coro lirico, ha brillato e reso importanti con la sua presenza e vocalità i momenti a lui destinati sotto la direzione del maestro Corrado Casati . Degni di nota anche i ragazzi del coro di voci bianche Ludus Vocali-Novello, diretti dal maestro Elisabetta Agostini.
L’orchestra giovanile Luigi Cherubini ha avvolto nella sua sapiente e veemente forza musicale condita da un suono brillante unico i personaggi in scena sotto la direzione del maestro Nicola Paszkowski, che ha tenuto con gesto chiaro e sicuro la compagnia vocale e strumentale che si esibiva. Simpatico e gradito dal pubblico l’intervento della Banda musicale cittadina di Ravenna nel secondo atto diretta dal maestro Mauro Vergimigli.
Uno spettacolo gradevole emozionante che ha saputo commuovere ed entusiasmare il numeroso pubblico presente che alla fine premiato con lunghi applausi tutti gli artisti presenti in scena.
Cristina Miriam Chiaffoni
Pisa, Teatro Verdi, 02/02/2024
La soffitta de La bohème come casa dell’anima, nella sua duplice valenza di laboratorio dei sogni e di teatro della delusione. Così ci si presenta l’allestimento di Cristina Mazzavillani Muti andato in scena a Pisa e ripreso da una produzione del Ravenna Festival in collaborazione con Lucca, Rimini e Ferrara. La rappresentazione intende condurci in uno spazio interiore ed oscuro, animato da proiezioni impressionistiche ed oniriche che ricordano la pittura francese tra Otto e Novecento e che descrivono, in accordo con la musica, le intermittenze del cuore e dell’immaginazione. Una ricerca dunque, quella della regista, che puntando soprattutto sulla dimensione psicologica, si muove con originalità nel solco delle letture esistenziali del capolavoro pucciniano e che si delinea pertanto come possibile alternativa tanto al bozzetto sentimentale quanto alla trasposizione in ambito politico.
L’ampia finestra sullo sfondo si configura da subito come un grande occhio rivolto all’interno e che guarda quindi dentro la soffitta, nella quale per giunta si discende arrivando dall’esterno. Al centro della scena è posto il focolare, simbolo degli ardori giovanili degli artisti e degli amanti e nel quale si bruciano tele, musica e versi, come in una sorta di marmoreo sacrario della creatività. E sarà proprio questa pietra a divenire il letto ed il sepolcro di Mimì, la quale proprio su di esso rifulgerà candida analogamente a come aveva brillato al suo primo ingresso in scena. Su questa luce, riverbero estremo di una stella già estinta, si chiuderà l’occhio sullo sfondo, a sancire l’inesorabile fine della passione e degli entusiasmi.
Finale senza dubbio d’impatto, ma fin troppo solenne nella sua forma aulica e classicheggiante per le atmosfere sonore intime e struggenti de La bohème. Suggestiva, oltre all’apparire nel chiarore di Mimì, anche la ricerca della chiave dei due amanti su di un fondale blu. Poco riuscita invece la scena da Momus che manca di vitalità, con tinte cupe e movimenti che non suscitano allegria. La Barriera d’Enfer si presenta da parte sua come un non spazio, buio ed uniforme, perturbato dal cadere della neve ma che nulla concede visivamente alla varietà delle situazioni narrate. Non troppo brillante neppure il teatrino degli amici mentre tutta la sezione conclusiva è ispirata a grande commozione, pur risultando eccessivamente retorico l’arrivo di Mimì scalza e carponi. Decisivo il contributo delle luci e dei video di Vincent Longuermare, David Loom e Davide Broccoli, come del resto anche quello dei costumi di Manuela Monti, che pur riferendosi alla contemporaneità sovrappongono differenti epoche e stili, in sintonia con l’idea di rappresentare un mondo del sogno e dell’anima.
La direzione di Nicola Paszkovski realizza una narrazione vivace e compatta, raccordando con saldezza tutte le sezioni e gli elementi e creando un flusso teso e screziato, con ampie arcate melodiche anche nei passaggi più marcati. Il suono dell’Orchestra Cherubini è di moderata consistenza ma brillante e definito, con qualche imprecisione negli ottoni e accuratissime prestazioni dei legni. Buono il rapporto con il palcoscenico, pur con qualche scollatura con il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati; interventi corali inizialmente poco sincronizzati che divengono però coesi e vigorosi nel finale del secondo quadro. Vivace e luminoso l’apporto del Coro di Voci Bianche Bonamici diretto da Angelica Ditaranto ed efficace l’impiego della Banda della Società Filarmonica Pisana che, guidata da Paolo Carosi, ostenta fieramente il gagliardetto recante l’anno di fondazione 1765.
Elisa Verzier è una Mimì delicata, con un canto nitido e trasparente. È in ogni parte di grande eleganza e misura, ma riserva a pochi momenti uno stile più appassionato, con slanci più lirici e drammatici, di cui tra l’altro dà prova di essere ampiamente capace, in particolare nell’episodio alla Barriera d’Enfer.
Alessandro Scotto di Luzio con voce chiara e potente ben esprime la ricchezza melodica e il carattere appassionato del sognatore Rodolfo. È’ saldo nelle parti centrali e proietta con forza gli acuti; vacilla tuttavia nell’intonazione delle parti più alte e fatica nella modulazione dell’intensità.
Di buon volume e con una linea sinuosa e definita la Musetta di Alessia Pintossi. È molto drammatica e convincente nella scena conclusiva, mentre è ironica e capricciosa da Momus, anche se con poca seduzione ed acuti non troppo controllati.
Ben delineato nella sua esuberanza il personaggio di Marcello da Christian Federici, con un canto ampio e melodico, ma di moderata incisività.
Scuro e rotondo il Colline di Andrea Vittorio De Campo, con un’emissione agile e compatta. La sua “Vecchia zimarra”, morbida e dolente, trasmette calore e profondità.
Clemente Antonio Daliotti delinea uno Schaunard spigliato ed elegante, dalla vocalità omogenea e dal fraseggio articolato.
Ben impostato Fabio Baruzzi, in un’abile alternanza di voce naturale e camuffata, anche se il suo Benoit risulta troppo macchietta.
Chiaro e malinconico il Parpignol di Ivan Merlo e grottesco e modulato l’Alcindoro di Graziano Dellavalle, che interpreta anche il Sergente dei Doganieri.
Grande entusiasmo del pubblico, in un Teatro Verdi praticamente al completo. Applauditi a scena aperta la Verzier, De Campo e soprattutto Scotto di Luzio. Fragorosi consensi per la direzione di Pazkowski e la regia della Mazzavillani Muti.
Andrea Poli
La Bohème
Di Giacomo Puccini
Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”
direttore Nicola Paszkowski
Coro Teatro Municipale di Piacenza
maestro del coro Corrado Casati
Coro di voci bianche Ludus Vocalis-Novello (26/01)
diretto da Elisabetta Agostini
Coro di Voci Bianche Bonamici (02/02)
diretto da Angelica Ditaranto
Banda Musicale Cittadina di Ravenna (26/01)
diretta da Mauro Vergimigli
Banda della Società Filarmonica Pisana (02/02)
diretta da Paolo Carosi
regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti
light designer Vincent Longuemare
visual designer David Loom
video programmer Davide Broccoli
costumi Manuela Monti
personaggi ed interpreti
Mimì Elisa Verzier
Musetta Alessia Pintossi
Rodolfo Alessandro Scotto di Luzio
Marcello Christian Federici
Schaunard Clemente Antonio Daliotti
Colline Andrea Vittorio De Campo
Benoit Fabio Baruzzi
Alcindoro, Sergente dei doganieri Graziano Dallavalle
Parpignol Ivan Merlo
Giocoliere Giorgio Panebianco
Foto fornite dall’ Ufficio Stampa del Teatro Claudio Abbado di Ferrara