Giulio Cesare in Egitto – Grand Théâtre, Monte-Carlo
Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel, all’Opéra di Monte-Carlo.
Giulio Cesare è nuovamente in Gallia, questa volta non è per fondare una città come fece con la vicina Frejus nel 49 a.C. , parliamo di un ritorno meno bellicoso, e più precisamente del capolavoro di Georg Friedrich Händel, reso ancora più unico dalla mirabolante interpretazione di Cecilia Bartoli. L’opera inizia con un assassinio, quello di Pompeo, perpetrato da Tolomeo, fratello di Cleopatra. Ma forse, come scrive Agatha Christie, “È bene sospettare di tutti, finché non si riesce a dimostrare che sono innocenti.” e, anche in questo caso, come nel più classico dei gialli l’assassino si scoprirà solo nelle ultime pagine (musicali) dell’opera. Questa è, per sommi capi, la rilettura che il noto regista Davide Livermore, ed il suo consueto team creativo (scene GioForma e video D-Wok), hanno pensato per questa edizione.
Il palco si apre sui tanti passeggeri che salgono sulla nave Tolomeo, per una crociera sul Nilo, negli anni venti del Novecento. Questa volta il regista genovese confeziona un racconto, ironico e non scontato che sorprendentemente funziona rispetto al libretto. Sull’ immancabile grande led wall sullo sfondo, un marchio di fabbrica delle ultime produzioni di Livermore, scorrono i paesaggi niloti con i monumenti più famosi e, grazie a veloci cambi di scena, ci si sposta nelle cabine e nelle varie sale della nave. Uno spettacolo caratterizzato da una grande vivacità, un continuo movimento ed un grande numero di comparse. Splendida la scena in cui Cleopatra-Bartoli intona la celeberrima “V’adoro pupille” come se fosse una cantante da night club nella sala concerti della nave. Accattivante l’idea di lasciare ad un breve filmato, dopo la fine dell’opera, lo scioglimento del mistero sull’assassinio di Tolomeo, quasi un bonus post crediti come si usa in certa cinematografia d’oggi. Decisamente azzeccati i costumi di Mariana Fracasso che si muovono agilmente ed intelligentemente fra citazione dell’antico Egitto ed ammiccamenti al Novecento: uno splendido lavoro che impreziosisce ogni scena. Ugualmente riuscite le luci di Antonio Castro che, in simbiosi con il grande pannello di fondo, disegnano al meglio ogni attimo dello spettacolo.
Sul palcoscenico si esibisce un cast che annovera alcuni tra i più grandi interpreti attuali di questo repertorio.
Carlo Vistoli, nel ruolo del titolo, sigla una prova maiuscola. Da un punto di vista stilistico, infatti, la vocalità brunita del controtenore, dai centri corposi e torniti, si mostra ideale per la scrittura di Giulio Cesare. Con il suo strumento duttile e compatto, Vistoli passa agevolmente dalle pagine costellate dalla più fitta coloratura ad altre sospese in un’aura di sognante abbandono. Diversi i momenti da ricordare, su tutti, vogliamo citare “Va tacito e nascosto” e “Se in fiorito ameno prato” dove l’artista si prodiga nella esibizione di sfrenate fiorettature e agilità di adamantina pulizia. Di rilievo, inoltre, l’esecuzione di “Aure, deh, per pietà”, impreziosita da suggestivi, quanto delicati, arabeschi vocali. Notevole, infine, la caratterizzazione del personaggio che, complice la baldanzosa presenza scenica, si configura qui come un eroe astuto e scaltro, oltre che amante tenero ed appassionato.
Cecilia Bartoli è una Cleopatra di portata storica. Anche in questa occasione, infatti, il mezzosoprano riesce a sorprenderci per la capacità di regalare, con la sua interpretazione, un autentico capolavoro. In primis per il magistero di una organizzazione vocale ed un controllo tecnico che oggi conoscono ben pochi rivali. La purezza e la rotondità dell’emissione si combinano con la perizia di una tecnica sopraffina e, insieme, si dissolvono in un suono sempre ottimamente proiettato e sostenuto. Si veda, in tal senso, “V’adoro pupille”, sciorinata attraverso dolcissime arcate di suono o, ancora, la grande scena che chiude il secondo atto “Se pietà di me non senti” dove financo il più piccolo sospiro acquisisce una forza espressiva nuova e diversa da quello precedente. E se l’esecutrice è impareggiabile, l’interprete, grazie ad un finissimo e quantomai sfumato lavoro di cesello su ogni singolo accento, mostra un carisma oggettivamente inarrivabile. A ciò si aggiunga il magnetismo di una presenza scenica che nulla lascia al caso e avremo il quadro di una artista straordinaria che ogni volta riesce a catturare il pubblico e a stregarlo sin dalla sua prima apparizione sul palcoscenico.
Di altissimo livello è, poi, la prova di Max Emanuel Cencic, dotato di uno strumento voluminoso e di facile espansione. Il controtenore, complice una vocalità ottimamente controllata e ben sfogata in acuto, sa essere un Tolomeo insinuate e libertino. Non si può non rimanere affascinati, inoltre, dalla abilità con cui Cencic riesce a sgranare il canto di agilità, esibito con vorticosa frenesia. Una interpretazione trascinante ed incisiva, avvalorata dall’allure scenico e dal fraseggio di composta eleganza.
Sugli scudi anche la prova di Kangmin Justin Kim, in possesso di una vocalità fresca e di puro smalto. La linea, voluminosa ed ampia, si espande facilmente nelle vette più acute dello spartito ed esibisce un canto di agilità incisivo e di ficcante precisione. Notevoli, anche, le pagine di più intimo raccoglimento, dove la delicatezza del canto sul fiato rende ancora più struggenti i tormenti interiori del personaggio. Curata e sempre partecipe è, inoltre, la bella presenza scenica.
Sara Mingardo, oggi considerata a buon diritto una veterana del ruolo, è una Cornelia incantevole. Lo strumento, dal peculiare timbro screziato, è di inusitata bellezza e, grazie alla ricchezza di armonici, suona sempre vibrante ed appassionato. Splendido il fraseggio, mesto e mai compassato, attraverso il quale Mingardo tratteggia un personaggio afflitto ma pur sempre regale. Riuscitissimi i diversi assoli così come di impalpabile melanconia il duetto “Son nata a lagrimar” di primo atto, ulteriormente avvalorato dal dolente abbandono del Sesto di Justin Kim. Elegantissima la presenza scenica, ben sottolineata dal bel costume.
Peter Kálmán presta ad Achilla una vocalità ampia e dal prezioso velluto. La pregevole organizzazione vocale complessiva, corposa e di notevole volume, consente di adempiere al meglio alle esigenze della scrittura. Ben riuscita anche la caratterizzazione del personaggio, attraverso una interpretazione scenica coinvolgente e disinvolta.
Puntuta e squillante Federica Spatola nel ruolo di Nireno.
Completa la locandina Luca Vianello nei panni di Curio.
Un cast di così grande levatura necessita del giusto sostegno orchestrale e, in tal senso, il lavoro di Gianluca Capuano è straordinario. Capuano, da vero specialista di questo repertorio, coglie alla perfezione l’essenza del componimento barocco e ne offre una lettura variegata e variopinta, dove pagine dal ritmo concitato e brioso si alternano, senza soluzione di continuità, ad altre intrise di melenso abbandono. Una lettura ispirata e davvero illuminata per la grande capacità del direttore di ripensare questo “classico” del barocco in una nuova veste, molto moderna e di forte presa teatrale. Grazie all’insostenibile supporto dei complessi de Les Musiciens du Prince-Monaco, in autentico stato di grazia, si coglie un lavoro meticoloso sulle sonorità. Il tappeto orchestrale, infatti, è una esplosione di effetti e dinamiche che sovente cangiano anche all’interno dello stesso brano, per meglio sottolineare i diversi topoi caratteristici di ogni singola pagina.
Ottimo, seppur limitato a pochi brevi interventi, l’apporto del Coro dell’Opéra di Monte-Carlo diretto splendidamente da Stefano Visconti.
Durante la serata sono numerosi gli applausi a scena aperta che il folto pubblico tributa ai singoli interpreti al termine dei principali numeri. La recita si conclude con un vero e proprio trionfo al calor bianco per tutto il cast e direttore che, una volta schierati al proscenio, regalano il bis del numero conclusivo dell’opera. Una splendida serata di autentico teatro, una di quelle destinate a rimanere nel cuore di ogni melomane per sempre.
GIULIO CESARE IN EGITTO
Dramma per musica in tre atti
Libretto di Nicola Francesco Haym
Musica di Georg Friedrich Händel
Giulio Cesare Carlo Vistoli
Cleopatra Cecilia Bartoli
Tolomeo Max Emanuel Cencic
Cornelia Sara Mingardo
Sesto Kangmin Justin Kim
Achilla Péter Kálmán
Nireno Federica Spatola
Curio Luca Vianello
Les Musiciens du Prince-Monaco
Direttore Gianluca Capuano
Choeur de l’Opéra de Monte-Carlo
Direttore del coro Stefano Visconti
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Mariana Fracasso
Luci Antonio Castro
Video D-Wok
Foto: Omc-Marco Borrelli