Die Zauberflöte – Roma, Teatro dell’Opera
“Grazie alla potenza della musica noi procediamo / lieti attraverso la nera notte della morte” questi i versi cantati da Pamina e Tamino prima di affrontare la prova dei quattro elementi e nella versione di Die Zauberflote andata in scena al Teatro dell’Opera di Roma, firmata da Damiano Michieletto, ci appaiono come due scolaretti innamorati che tenendosi per mano intraprendono insieme il loro percorso di crescita e di apprendimento. E anche se non ci si presentano come i due principi della favola, questi due ragazzini ci commuovono e risultano credibili nel loro dimesso eroismo, così come i bidelli Papagena e Papageno che ci toccano nell’intimo con il loro stuolo di bambini in tenuta da lavoro come mamma e papà. Ambientare Il flauto magico in una scuola ci appare a prima vista una pericolosa forzatura nonché la via maestra per spogliare la fiaba della sua forza immaginifica. E tuttavia la trasposizione funziona. Chi scrive si trova spesso in disaccordo con le scelte registiche di Michieletto, i cui spettacoli, per lo più di altissima qualità, non di rado sovrappongono significati che dicono altro non solo rispetto al libretto, ma soprattutto rispetto a quanto ci racconta la musica.
In quest’edizione romana, che è una ripresa di Andrea Bernard dell’allestimento coprodotto dalla Fenice con il Maggio Fiorentino, le trovate non tradiscono però lo spirito dell’opera, ma gli restano fedeli, in una varietà di trovate lontanissime dal testo di Schikneder, ma che configurano comunque un romanzo di formazione e un’epica moderna della conoscenza. Così il mondo di Sarastro ci si presenta come grigia scuola della disciplina ma è in verità è il luogo per una possibile ricerca della felicità; a questo si oppone la Regina della Notte che è madre nevrotica e possessiva, che abita nella casa delle bambole ed è in combutta con tre suore. Se l’aula resta comunque spazio poco accattivante, è invece di grande fascino la lavagna dove si manifesta il drago multiforme del sapere umano che pare inaccessibile. Nella scenografia di Paolo Fantin , illuminate da Alessandro Carletti e vivacizzate dai video di Rocafilm/Roland Horvath e i costumi di Carla Teti, la scuola si apre poi al campo scout nella foresta; la scena acquista progressivamente di solennità ma tra il mondo di Sarastro e quello di Astrifiammante non avviene alcuna conciliazione, come invece accade in talune regie: il mondo infantile e bigotto, qui simbolizzato da un femminile patologico, viene travolto dalla forza trasformante e solare del maschile. Aspetto questo che indirettamente costituisce l’unico riferimento alla simbologia massonica, richiamata sì dal gruppetto dei vecchi professori che sembrano affiliati di una loggia, ma di fatto visivamente espunta dalla rappresentazione e forse necessaria limitazione alla coerenza del discorso. Il cammino di evoluzione/redenzione però coinvolge Monostatos, il ciccione disagiato, bullo e bullizzato, che viene sottratto al miraggio illusorio di una regressione all’infanzia e riportato da Sarastro a studiare al proprio banco.
In questo contesto che comunque produce un certo spaesamento, Juan Francisco Gatell è un Tamino appropriatamente disorientato ma che con giovanile baldanza si cimenta in ogni avversità. Il canto è ampio e sicuro, con una linea sinuosa e melodica, che si esprime in una forma smagliante nell’aria “Dies Bildnis ist bezaubernd schön” ed in modi più intimi e toccanti nel finale con Pamina.
Quest’ultima è interpretata è da Emőke Baráth con un timbro fresco ed un’emissione costante e voluminosa. È dolcissima e trasparente nel duetto con Papageno e di considerevole spessore drammatico nell’aria “Ach, ich fühl’s, es ist verschwunden” e nel dialogo con i Tre Fanciulli.
Brillantissimo fin dalla sua aria d’esordio “Der Vogelfänger bin ich ja”, Markus Werba è un Papageno dal fraseggio assai ben articolato e luminoso, con una recitazione divertente e di grande versatilità. Rende con estrema varietà, alternando toni lirici a effetti di comicità, l’ampia sequenza del secondo Atto che culmina nell’incantevole duetto con Papagena, interpretata dalla squillante Mariam Suleiman.
Aigul Khismatullina è una Regina della Notte di notevole estensione ed omogeneità. La sua prima aria “O zittre nicht, mein lieber Sohn!” è resa con intensa dolcezza e drammaticità, pur con qualche lieve mancanza di agilità, mentre “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen” riesce di trascinante vigore, con acuti sicuri e vocalizzi definiti.
Il Sarastro di John Relyea ha un canto nobile e levigato, assai più controllato del recente Mefistofele, con le due arie al secondo Atto intonate con rigore e solennità.
Ben caratterizzato il Monostatos di Marcello Nardis, di moderato volume ma con una dizione agile e scandita.
Grintose le Tre Dame di Ania Jeruc, Valentina Gargano e Adriana Di Paola, con voci sbalzate e incisive, anche se talora le loro melodie faticano a distendersi in tutta la loro ampiezza. Delicati e molto affiatati i tre Fanciulli di Dorotea Marzullo, Alice Semprini e Laetitia De Paola; compatto e scolpito l’Oratore di Zachary Altman e dal canto morbido e sbalzato i due Armigeri/Sacerdoti di Arturo Espinosa e Nicola Straniero.
Michele Spotti guida l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma con gesto sicuro ed elegante, in una continua morbidezza del flusso sonoro. La sua lettura della partitura mozartiana è garbata ma energica, con l’evidenza di tanti passaggi incisivi e marcati. Nella prima parte, oltre a qualche accordo impreciso e l’intonazione talora sfocata degli ottoni, si registrano alcuni momenti in cui la tensione si allenta, come nella consegna del flauto o nella scena con gli animali; risulta invece più accurato e assai vibrante l’intero secondo Atto. Di notevole pregio la prova del Coro diretto da Ciro Visco, con interventi di grande coesione e maestoso vigore.
Molto applaudito il Coro e fragorosi consensi per Gatell, la Baráth e Relyea. Un particolare entusiasmo per Werba e la Khismatullina ed un vero tripudio per Spotti.
DIE ZAUBERFLÖTE
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Singspiel in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder
Direttore Michele Spotti
Regia Damiano Michieletto
ripresa da Andrea Bernard
Maestro del Coro Ciro Visco
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Video Rocafilm/Roland Horvarth
Tamino Juan Francisco Gatell
L’Oratore Zachary Altman
Papageno Markus Werba
Pamina Emőke Baráth
Regina della Notte Aigul Khismatullina
Sarastro John Relyea
Papagena Mariam Suleiman
Monostatos Marcello Nardis
Primo Sacerdote/Secondo Armigero Arturo Espinosa
Secondo Sacerdote/ Primo Armigero Nicola Straniero
Prima Dama Ania Jeruc
Seconda Dama Valentina Gargano
Terza Dama Adriana Di Paola
Primo Fanciullo Dorotea Marzullo
Secondo Fanciullo Alice Semprini
Terzo Fanciullo Laetitia De Paola
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Foto: Fabrizio Sansoni – Teatro dell’Opera di Roma