Madama Butterfly – Teatro Carlo Felice, Genova
Madama Butterfly di Giacomo Puccini incanta il Teatro Carlo Felice di Genova.
Non è così immediato scrivere per la terza volta consecutiva una recensione di Madama Butterfly, così come, sulla carta, la terza visione consecutiva di un’ opera sembra tediosa. Poi succede che trovi uno spettacolo pressoché perfetto, una produzione di altissimo livello scenico e musicale e pare di riascoltare per la prima volta una musica tanto famigliare ed assaporarne, finalmente, tutta la meraviglia. “Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo” scriveva Cesare Pavese e noi aggiungiamo che non si finirà mai di riscoprire il melodramma quando è eseguito, come in questo caso, al suo massimo livello. L’estremo confine del mare da cui Cio-cio-San vede la nave da guerra è questa volta il Mar Ligure e più precisamente quello prospiciente il Teatro Carlo Felice di Genova.
La produzione scelta è quella già vista per l’inaugurazione scaligera nel 2016. Uno spettacolo ricco ed importante come da sempre ci ha abituato la Scala, che porta la firma per la regia e le scene di Alvis Hermanis. Il sipario si apre su una grande parete, piena dei pannelli, tipici della casa giapponese tradizionale, che nel loro iniziale aspetto bianco, possono ricordare quasi tele del neoplasticismo. Bastano pochi minuti però perché tutto si colori con meravigliose proiezioni di stampe giapponesi tradizionali, a cura di Ineta Sipunova, e perché i pannelli spostandosi creino corridoi e spazi dove tante geishe, le bravissime ballerine di Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS, si muovono come farfalle intrappolate. Un colpo d’occhio suggestivo, con movimenti pensati e curati nei minimi dettagli, e splendide coreografie ben pensate da Alla Sigalova, uno spettacolo appagante e riuscito esattamente come lo ricordavamo. Se nel secondo atto la casa occidentalizzata della protagonista perde un po’ di mordente, ha però un senso logico rispetto alla vicenda; splendido resta il duetto “Scuoti quella fronda di ciliegio”, cantato in mezzo agli alberi in fiore che irrompono sul palco. Ancora più toccante risulta poi il momento del suicidio della protagonista che acquista la dignità di un vero e proprio rito sacro. Incredibili a dir poco i costumi di Kristìne Jurjàne, kimono e abiti tradizionali di tale bellezza da sembrare pezzi reali e storici, rifiniti e ricchi di dettagli. Perfette, e non era facile con una macchina scenica così complessa, le luci di Gleb Filshtinsky.
Lo spettacolo, come anticipato, si avvale anche di una esecuzione musicale di prim’ordine.
Merito, senza dubbio, della magnifica concertazione di Fabio Luisi, protagonista di una lettura illuminante di questo grande capolavoro. Il Maestro sembra scandagliare ogni pagina della partitura mostrando una cura meticolosa anche al più piccolo dettaglio, qui esaltato come parte insostituibile di un più ampio disegno complessivo di trasognante purezza. La concertazione di Luisi è come un fiume che delicatamente scorre in un tappeto sonoro denso ed amalgamato, senza sbavature e sempre perfettamente calibrato. La scelta dei tempi appare costantemente funzionale alle esigenze drammaturgiche del momento così come i volumi orchestrali, opportunamente combinati nel rispetto delle vocalità degli interpreti sul palcoscenico. Ci troviamo di fronte, dunque, ad una concertazione consapevole e meditata che, attraverso una sottile trama di sfumature e chiaroscuri, interpreta in maniera impeccabile le intenzioni pucciniane.
Una tale lettura riesce a plasmare il suono orchestrale elevando la prova dell’Orchestra del Carlo Felice ad un risultato di pura eccellenza. Un prestigio dovuto non solo alla indiscutibile politezza e brillantezza sonori ma, soprattutto, per la morbidezza e compattezza di un tessuto orchestrale espressivo e di forte presa teatrale.
Anche la compagnia di canto schierata in palcoscenico evidenzia un livello complessivo davvero notevole.
Nel ruolo del titolo, Jennifer Rowley è protagonista di una prova di grande valore. Il soprano, raramente presente, almeno nelle ultime stagioni, sui palcoscenici italiani, possiede una vocalità ampia e robusta che riesce anche a prodursi, ove necessario, in suggestivi e delicati pianissimi. La linea, sempre omogenea, si apprezza, inoltre, per la pienezza dei centri e per la facilità di un registro acuto piuttosto sicuro. Rowley domina la parte con buon controllo tecnico che le consente, tra l’altro di conferire all’esecuzione il giusto fine espressivo. Nel corso della recita viene dunque ben sottolineato, attraverso un fraseggio variegato ed espressivo, il passaggio dalla innocente fanciullezza di primo atto, allo straniante rifiuto della realtà dell’atto successivo e sino allo straziante finale, eseguito con autentica e commovente partecipazione emotiva.
Semplicemente perfetto il Pinkerton di Matteo Lippi. Il tenore genovese sfoggia una organizzazione vocale complessiva preziosa per il suo peculiare impasto timbrico denso e solare. Se i centri sono di puro smalto, il registro superiore è squillante e solare. Tutta l’esecuzione, inoltre, è giocata su di una ampia palette di sfumature, rese ottimamente attraverso smorzature che sottendono un notevole controllo tecnico, particolarmente evidente nel duetto con Butterfly di primo atto. Sotto l’aspetto interpretativo, questo Pinkerton appare più rifinito e sfaccettato rispetto a molte letture tradizionali, in perfetta simbiosi con l’intenzione direttoriale di Luisi. Per noi una interpretazione oggi di riferimento.
Caterina Piva è una splendida Suzuki. Il mezzosoprano esibisce una vocalità vellutata che si adagia, morbida e delicata, tra le pagine della partitura. Una esecuzione di gran pregio per la forza di una emissione sempre controllata che si combina, per altro, perfettamente con il timbro della Rowley. Scenicamente appare, inoltre, magnifica nel seguire con grande cura il disegno registico di Hermanis sottolineando al meglio la grande umanità del suo personaggio.
Nei panni di Sharpless, Alessandro Luongo, con il suo mezzo saldo e poderoso, è un autentico lusso per padronanza stilistica, esibita grazie ad una impeccabile precisione esecutiva. Da manuale l’interprete, sfumato ed appassionato nel mostrare la sua coinvolgente umanità.
Note di merito anche per il Goro di Manuel Pierattelli, dalla vocalità limpida e ben sfogata. Di sicuro effetto, inoltre, la resa del personaggio che sa combinare una sensibile credibilità nelle movenze, con un fraseggio asciutto ed insinuante.
Musicale ed elegante la Kate Pinkerton di Alena Sautier.
Solido e giustamente aristocratico lo Yamadori di Paolo Orecchia; tonante e minaccioso lo Zio Bonzo di Luciano Leoni.
Adeguatamente incisivi sono, poi, Claudio Ottino e Franco Rios Castro, nei rispettivi ruoli del Commissario imperiale e dell’ufficiale del registro.
Offrono un valido contributo, tanto vocale quanto scenico, anche i famigliari di Cio-Cio-San, ovvero lo Yakusidé di Luca Romano, la madre di Cio-Cio-San di Daniela Aolisi, la zia di Lucia Scilipoti e la cugina di Adelaide Minnone.
Notevole, infine, la prova del Coro del Teatro Carlo Felice di Genova, guidato con sicura professionalità da Claudio Marino Moretti. Un plauso particolare merita, senza dubbio, la commossa ed impalpabile esecuzione del celeberrimo “Coro a bocca chiusa”.
Successo incandescente al termine, tributato da una sala stracolma e nella quale spiccano, tra l’altro, tanti giovani ed entusiasti spettatori.
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa,
dalla tragedia di David Belasco
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-San Jennifer Rowley
Suzuki Caterina Piva
Kate Pinkerton Alena Sautier
F. B. Pinkerton Matteo Lippi
Sharpless Alessandro Luongo
Goro Manuel Pierattelli
Il Principe Yamadori Paolo Orecchia
Lo Zio Bonzo Luciano Leoni
Il Commissario imperiale Claudio Ottino
L’ufficiale del registro Franco Rios Castro
Yakusidé Luca Romano
La madre di Cio-Cio-San Daniela Aloisi
La zia Lucia Scilipoti
La cugina Adelaide Minnone
Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice
Direttore Fabio Luisi
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia e scene Alvis Hermanis
Costumi Kristìne Jurjàne
Coreografie Alla Sigalova
Luci Gleb Filshtinsky
Video Ineta Sipunova
Balletto Fondazione Formazione
Danza e Spettacolo “For Dance” ETS
Foto: Teatro Carlo Felice