Madama Butterfly
Cremona, Teatro Ponchielli, 13/01/2024
Al teatro Ponchielli di Cremona, la stagione operistica si conclude con Madama Butterfly di Giacomo Puccini.
Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Ponchielli non poteva che chiudere la stagione operistica con un omaggio al genio toscano. Questa Madama Butterfly di Opera Lombardia, già vista a Brescia lo scorso luglio, nasce in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca e la Estonian National Opera. Si è voluto optare per la seconda versione dell’opera, quella andata in scena a Brescia il 28 maggio 1904, la forma che precede la revisione definitiva, oggi raramente eseguita. Ci troviamo così davanti ad un’opera più lunga e sfaccettata, ricca di dettagli inediti e dove, in qualche modo, la xenofobia di Pinkerton è ancora più marcata. Basti ad esempio pensare ai nomi “muso uno, due e tre” che l’ufficiale della Marina usa per i servitori e a come sia esplicitato che Cio-Cio-San sia stata da lui acquistata per 100 ¥. Una versione della storia più cruda quindi ma che, al tempo stesso, risulta più vera, meno idealizzata e sfumata.
La regia di Rodula Gaitanou ci porta in un Giappone astratto: la famosa casetta è stilizzata ed appoggiata su grande onda in legno, quasi un omaggio a Hokusai. La scena, a cura di Takis, è pensata come un grande dipinto dominato sullo sfondo dai monti del Giappone, quasi una stampa di Hiroshige. Uno sfondo tenue dove si riverberano i coloratissimi costumi, sempre di Takis, omaggio fedele alla moda del Sol Levante. Particolarmente efficaci, in questo spettacolo, risultano le luci a firma della sempre eccezionale Fiammetta Baldisseri che esaltano nel migliori dei modi la scena.
Convincente, nel complesso, il versante musicale dello spettacolo.
Al soprano Yasko Sato spetta il compito di dare vita ad uno dei ritratti femminili più affascinanti, ma anche più complessi, dell’intera produzione pucciniana. La voce è importante e caratterizzata da una certa limpidezza, soprattutto nei centri. Nella salita verso il registro superiore spiace constatare, tuttavia, il manifestarsi di una certa tensione che provoca qualche fissità, specie sulle note più alte del pentagramma. Ben riuscito è, poi, l’aspetto interpretativo del personaggio, grazie ad una certa spontaneità nei movimenti e una buona padronanza del fraseggio.
Ottima scoperta è il Pinkerton di Riccardo Della Sciucca, in possesso di uno strumento che spicca per densità e squillo. La linea appare ben impostata e compatta, sempre timbrata e vibrante, specie del registro superiore. Partecipe e coinvolto l’interprete che, in questa edizione “bresciana” della partitura, sottolinea ancora di più tutto il cinismo del personaggio.
Molto brava Asude Karayavuz la cui vocalità pastosa e brunita ben si sposa con la melodia pucciniana. La linea suona precisa in ogni intervento e ben si amalgama con il colore vocale di Yasko Sato. Efficace è, poi, la caratterizzazione del personaggio, qui tratteggiato, con accento cesellato e puntuale, come una Suzuki sempre risoluta e coraggiosa, quasi una sorella maggiore della sventurata Cio-Cio-San.
Incisivo lo Sharpless di Devid Cecconi, che si impone con la saldezza e la compattezza di uno strumento che si dipana con facilità e morbidezza a tutte le altezze del pentagramma. Elegante la presenza scenica, cui si unisce una gestualità misurata e dalla quale traspare la grande umanità del personaggio.
Di buon livello anche la prova di Giuseppe Raimondo, un Goro sonoro e dall’emissione sempre sicura e ben sfogata. Incisivo e adeguatamente insinuante il fraseggio.
Fulvio Valenti, con voce corrusca e voluminosa sa essere uno zio Bonzo giustamente minaccioso.
Bene Alex Martini cui va il merito, oltre alla buona prova vocale, di valorizzare con eleganza il ruolo del Principe Yamadori.
Note positive anche per la Kate Pinkerton di Maria Cristina Bellantuono che, con una organizzazione vocale solida e compatta, riesce e rendere giustizia a questo personaggio tanto ingrato (almeno sotto l’aspetto interpretativo), cui questa versione “bresciana” riserva più ampio spazio rispetto a quanto siamo soliti ascotare.
Peculiarità di questa versione è, inoltre, la possibilità di dare maggior risalto ad alcuni comprimari come, ad esempio, lo zio Yakusidè, qui sottolineato con la giusta ironia da Masashi Tomosugi.
Ben a fuoco, vocalmente quanto scenicamente, l’ufficiale del registro di Mattia Rossi, che ben si accompagna al commissario imperiale di Liu Tong.
Ben affiatate ed amalgamate risultano, poi, la zia di Daryna Shypulina, la cugina di Tiziana Falco e la madre di Serena Pulpito.
Un plauso particolare, infine, al bravissimo Enea Piovani nel ruolo del piccolo Dolore.
Dal podio, il Maestro Alessandro d’Agostini, offre una lettura tesa e vibrante della partitura, cogliendo così alla perfezione le peculiarità della versione “bresciana” dell’opera. Un racconto musicale in bilico tra esotismo, passione e amarezza, dove lo sviluppo emotivo della protagonista risulta ben sottolineato dalla ricerca di dinamiche orchestrali cangianti e cariche di tensione drammaturgica. Pregevoli sono, in tal senso, l’esecuzione del celeberrimo “coro a bocca chiusa”, tratteggiato come un lungo e febbricitante sussurro, e il preludio che apre il terzo atto, dove la febbricitante attesa di Butterfly lascia il posto all’irrompere dell’aurora che prelude alla tragedia finale.
Ben curato il rapporto tra le diverse sezioni della Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, in buon equilibrio rispetto al palcoscenico.
Di buon livello, infine, gli interventi del Coro di OperaLombardia, preparato dal Maestro Diego Maccagnola.
Successo festoso al termine tributato da una sala pressoché esaurita.
Marco Faverzani|Giorgio Panigati
Lucca, Teatro del Giglio, 17/02/2024
Una preziosa occasione per entrare nel laboratorio dell’arte pucciniana la Madama Butterfly andata in scena a Lucca nell’allestimento del Gran Teatro di Brescia, coprodotto dal Teatro del Giglio con Opera Lombardia e l’Opera Nazionale Estone. Il capolavoro pucciniano viene infatti proposto nella seconda versione realizzata per Brescia, a pochi mesi di distanza dal clamoroso fiasco scaligero. Convinto del valore della sua opera, Giacomo Puccini la rimaneggiò per altro teatro e contesto, anche se le modifiche alla partitura del debutto, che tra l’altro non fu pubblicata, furono davvero minime e relativamente significative (in definitiva, l’aggiunta di un’aria e la divisione della seconda parte in due atti). E’ tuttavia interessante come proprio da questa rielaborazione prenda le mosse il percorso verso l’edizione solitamente rappresentata e divenuta ormai classica, dove scompaiono l’episodio dei servi, lo spazio dato ai parenti, nonché la sezione centrale del duetto d’amore e il dialogo con Kate che resta soltanto in orchestra: un processo di riduzione e affinamento che è continua ricerca di un’espressività concentrata e che rende sempre di più il dramma di Butterfly una tragedia di tagliente purezza.
A condurci nella drammaturgia sonora di questa seconda versione è il maestro Alessandro D’Agostini alla guida dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali, con un organico più contenuto rispetto a quello comunemente impiegato. Il suono esce quindi meno turgido e vigoroso di quello a cui siamo abituati, ma è possibile che ci si sia voluti riferire in qualche modo alla riduzione realizzata dallo stesso Puccini su richiesta di Ricordi. L’intero primo atto risulta comunque poco unitario e definito, con accordi sfuocati e tempi accelerati che mettono un po’ in difficoltà i cantanti; nel corso dell’opera si crea tuttavia un migliore rapporto con il palcoscenico, con interventi del Coro di OperaLombradia diretti da Diego Maccagnola che divengono più compatti fino alla suggestiva chiusura del secondo atto. Eseguito con intensità l’intermezzo, anche se non in continuità con l’atto precedente, e tutta la sezione conclusiva viene resa con maggiore tensione e forza drammatica.
A misurarsi con l’impervia complessità del ruolo della protagonista è Yasko Sato, che dimostra una ragguardevole consistenza vocale e una disinvolta sicurezza nei centri, mentre presenta alcune fragilità nella proiezione degli acuti. Rende con efficacia la delicatezza dell’innamorata e l’ingenuità bambinesca del personaggio, ma convincono di meno gli aspetti drammatici, pur esprimendo con notevole pathos il lacerante finale.
Il Pinkerton di Riccardo Della Sciucca esibisce una vocalità piena e rotonda, di ottima estensione e morbidezza, con la quale dà forma ad un canto sbalzato ed incisivo. Yankee elegante anche nella sua spavalderia, è assai luminoso nell’aria “Dovunque al mondo” e di ampio respiro nei cantabili che seguono. Appassionato e vigoroso nel duetto con Ciò Ciò San, interpreta poi “Addio fiorito asil” con dolente malinconia.
Morbida ed omogenea Asude Karayavuz, che esprime la drammaticità di Suzuki in uno stile agile ed articolato.
Presenta un fraseggio dinamico e modulato anche lo Sharpless di Devid Cecconi, non troppo voluminoso ma di particolare incisività nel duetto con Butterfly.
Giuseppe Raimondo ci offre un’interpretazione alquanto variegata del personaggio di Goro, pur con alcune difficoltà d’intonazione. Ha un’emissione compatta e una dizione scolpita lo Yamadori di Alex Martini. Saldo e definito l’Ufficiale del registro di Mattia Rossi, sicuro anche il Commissario imperiale di Liu Tong. Voce potente ma poco terribile lo zio Bonzo di Fulvio Valenti.
Ben impostata e molto drammatica la Kate di Maria Cristina Bellantuono.
Grottesco lo Yakuside di Masashi Tomosugi e brillanti le interpretazioni della Madre di Serena Pulpito, della Zia di Daryna Shypulina, della Cugina di Tiziana Falco, ruoli a cui la versione di Brescia assegna ancora un discreto rilievo. Tenerissimo il piccolo Enea Piovani nel ruolo del figlioletto Dolore.
“Io seguo il mio destino” canta Butterfly, che nella sua ostinata cecità, o forse nell’estrema fedeltà a se stessa, dall’onda del proprio destino viene travolta. Nell’allestimento di Rodula Gaitanou la casetta dei novecentonovantanove anni è appunto posta nella corrente – un flutto stilizzato le fa dà fondamenta -, mentre l’intero palcoscenico è inclinato verso la platea, rendendo il quadro instabile e sul punto di precipitare. L’orizzonte si apre e si chiude, come una parete della dimora a soffietto; si apre sì verso il mare, immagine della speranza, ma fin dal principio appare evidente che quel piccolo spazio finirà per implodere, come l’anima della protagonista, e che verrà portato via dalla forza delle acque. Una regia forse fin troppo essenziale, tanto nelle scene quanto nei movimenti, con le tenui luci di Fiammetta Baldiserri, poco variate, con i soli effetti del giorno e della notte, e con i costumi svolazzanti e colorati, opera di Takis, che conferiscono vivacità alla sequenza del matrimonio. Di forte impatto drammatico il pannello conclusivo che ci mostra in controluce il suicidio di Butterfly, la quale però viene a morire sulla scena, nel cuore della sua casetta, richiamando intorno a sé tutti gli altri personaggi.
Fragorosi consensi per l’intero spettacolo ed un particolare entusiasmo per Della Sciucca e Yasko Sato, quest’ultima molto applaudita anche a scena aperta.
Andrea Poli
Madama Butterfly
tragedia giapponese in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-san Yasko Sato
F. B. Pinkerton Riccardo Della Sciucca
Suzuki Asude Karayavuz
Sharpless Devid Cecconi
Goro Giuseppe Raimondo
Lo zio Bonzo Fulvio Valenti
Il Principe Yamadori Alex Martini
Kate Pinkerton Maria Cristina Bellantuono
Lo zio Yakusidé Masashi Tomosugi
Il commissario imperiale Liu Tong
L’ufficiale del registro Mattia Rossi
La zia Daryna Shypulina
La cugina Tiziana Falco
La madre Serena Pulpito
Dolore Enea Piovani
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
direttore Alessandro D’Agostini
Coro OperaLombardia
maestro del coro Diego Maccagnola
regia Rodula Gaitanou
scene e costumi Takis
luci Fiammetta Baldiserri
Foto Cremona: SALVO LIUZZI
Foto Lucca: UMBERTO FAVRETTO Teatro Grande di Brescia